La vera felicità – ci insegna il presepe – sta nello spogliarsi di pretese di autosufficienza, nella grandezza di chi sa inginocchiarsi davanti al Mistero e rialzarsi con uno sguardo più attento a capire la realtà e a spendersi con generosità per renderla migliore per tutti.
di GUALTIERO
BASSETTI*
Natale.
Davanti al mistero di questa notte santa, avverto tutta la responsabilità di
rivolgermi a voi con una parola che possa raggiungervi personalmente e – se
possibile – accompagnarvi per un tratto del vostro cammino. Un cammino spesso
non facile. Ho davanti agli occhi le stanchezze e le disillusioni, le
incertezze e l’ansietà di tanta gente, provata dalla preoccupazione per il
venir meno di un modello di lavoro e di sviluppo e, a un livello ancor più
profondo, per la difficoltà a riconoscersi con una propria identità,
nell’appartenenza a una famiglia e a una comunità. Ne sono segno la caduta
delle nascite, l’invecchiamento demografico del Paese, e la stessa emigrazione
di tanti giovani verso l’estero. In un simile contesto, forse anche la voce della
Chiesa troppe volte si è fatta flebile, nella fatica a interpretare questa
stagione alla luce dell’esperienza e della speranza cristiana.
«Siamo
un popolo di stressati, perché non abbiamo un traguardo, una
prospettiva – riconosceva qualche giorno fa Giuseppe De Rita, a
margine della presentazione del Rapporto del Censis –. Ci manca il
futuro e per questo il presente diventa faticoso, fastidioso». Alla
mancanza di prospettive, si aggiunge spesso l’incapacità di un
rapporto di fiducia con gli altri. A ben vedere, si tratta di due
facce della stessa medaglia, che dice di uno sfilacciamento personale
e sociale: lo sguardo miope sulla realtà rende ciascuno attento e
sensibile solamente a quelle che sono avvertite come le proprie
urgenze personali, che diventano così il principale – se non
l’unico – criterio di valutazione e di scelta. In realtà, come
osserva Sergio Belardinelli, sappiamo che «la forza di una cultura sta invece
nella capacità di relazionarsi continuamente con ciò che è 'altro', senza
perdere la consapevolezza della propria identità; nella capacità di tendersi il
più possibile verso l’altro, senza spezzare i legami che si hanno con se
stessi, con la propria storia e la propria tradizione».
Identità, cultura,
relazioni, appartenenza. Per non fermarci alla retorica e dare contenuto e
orizzonte a queste parole, torniamo a Betlemme, riprendiamo i sentieri che
conducono alla Natività. Al nostro cuore inquieto, il Bambino Gesù offre come
risposta la sua persona, la relazione con Lui, da cui nasce il volto umano di
ciò che siamo, la possibilità di vivere l’esistenza quotidiana in modo nuovo.
Davanti all’umiltà del presepe cadono violenza e inganno, odi e calunnie; si
avverte la ricchezza di conoscersi meglio per arrivare a guardarsi in modo
diverso e tendere a formare comunità. La storia del Natale di Gesù ci insegna a
conservare, anche nei momenti più difficili, la fiducia e il coraggio. Fiducia
e coraggio con cui guardare la storia dalla parte di chi la soffre davvero; a
farlo – come suggeriva papa Francesco nell’omelia natalizia di un paio d’anni
fa – con gli occhi di Maria e di Giuseppe: «Il Figlio di Dio dovette nascere in
una stalla perché i suoi non avevano spazio per Lui.
In
mezzo all’oscurità di una città che non ha spazio né posto per il forestiero
che viene da lontano, in mezzo all’oscurità di una città in pieno movimento e
che in questo caso sembrerebbe volersi costruire voltando le spalle agli altri,
proprio lì si accende la scintilla rivoluzionaria della tenerezza di Dio».
Pensiamoci.
Le chiusure e le contrapposizioni, oltre che sterili, finiscono per togliere
l’aria a tutti. Il subbuglio del mondo non è una tragedia, ma qualche cosa che
mormora dentro, che cerca di richiamare la nostra attenzione, la reclama. Non
disertiamo le responsabilità che la vita ci ha affidato; torniamo a fare con
passione e competenza la nostra parte, sapendo che ricostruire un tessuto
identitario e comunitario non è opera che s’improvvisa.
La vera
felicità – ci insegna il presepe – sta nello spogliarsi di pretese di
autosufficienza, nella grandezza di chi sa inginocchiarsi davanti al Mistero e
rialzarsi con uno sguardo più attento a capire la realtà e a spendersi con
generosità per renderla migliore per tutti. Buon Natale a ciascuno di voi.
*Gualtiero Bassetti
Cardinale
Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale
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