Ragazzi, scrivete in corsivo e in buona grafia (per il bene di anima e cervello)
Una grafologa e uno psicologo spiegano i danni cognitivi,
emotivi e relazionali che l’abbandono della scrittura a mano può causare ai
bambini.
Nei bambini che usano il corsivo e curano la buona grafia si è rivelata una maggiore attivazione delle aree cerebrali associate alla memoria di lavoro con un aumento dell’attivazione delle reti di lettura e scrittura.
Lo scrivere è un'arte da curare sempre, sin dai primi giorni di scuola, con pazienza e costanza, senza ansia e senza fretta, prestando particolare attenzione alla scrittura più comune che è quella in corsivo. Evitare il pericolo di affastellare corsivo e stampatello e stampatello.
La cattiva didattica e la fretta favoriscono la disgrafia.
I bambini usano le mani molto meno di
cinquant’anni fa e allo stesso tempo familiarizzano con le tecnologie digitali
troppo presto, con conseguenze davvero preoccupanti: «L’azienda specializzata
in ricerche su internet AGI/AVG ha dimostrato che i bambini di oggi sono in
grado di scrivere al PC, navigare su internet, utilizzare il cellulare, ma non
sanno allacciarsi le scarpe in autonomia (solo l’11% lo sa fare) o andare in
bicicletta». Davanti all’allargarsi del fenomeno della disgrafia, alcuni
chiamano in causa alterazioni genetiche, invece Irene Bertoglio e Giuseppe
Rescaldina sostengono «la teoria della mancanza di un giusto training formativo
atto ad instaurare nei bimbi l’acquisizione della manualità fine», e puntano il
dito sull’invadenza delle tecnologie digitali come fattore negativo,
appoggiandosi a parecchi studi scientifici sulla questione.
Per esempio «la psicologa e ricercatrice dell’università di
Washington, Virginia Berninger, ha condotto uno studio interessante,
confrontando la scrittura in stampatello, in corsivo e su tastiera di un gruppo
di bambini della Scuola Primaria. Così ha scoperto che alle diverse modalità di
scrittura sono associati schemi cerebrali differenti e separati che producono
diversi risultati. Si sono notate significative differenze tra chi ha
utilizzato il carattere corsivo rispetto a coloro che hanno utilizzato lo
stampatello. Nei primi bambini si è rivelata una maggiore attivazione delle
aree cerebrali associate alla memoria di lavoro con un aumento dell’attivazione
delle reti di lettura e scrittura. Citiamo: “I bambini che scrivono a mano
libera producono più parole e più rapidamente di quanto facciano coloro che scrivono
su una tastiera; inoltre, rispetto a questi ultimi, mostrano una maggiore
ricchezza di idee”».
Lo conferma il presidente onorario dell’Accademia della Crusca
Francesco Sabatini, citato nel libro: «Gli studi più recenti, di psicoterapeuti
e neurologi, segnalano che la deriva verso la scrittura su tastiera o verso
forme semplificate di scrittura manuale (lo stampatello, rispetto al corsivo)
riduce gli stimoli di produttività ideativa e linguistica e rallenta la
comprensione nella lettura. (…) Insomma, la recente e dilagante tendenza a
preferire precocemente la tastiera e a non curare le forme della grafia
personale ci fa perdere una parte notevole degli effetti che l’antichissima
pratica tattile-cognitiva della mano e delle dita – in mille altre attività
prima della scrittura vera e propria e per secoli accanto a questa – ha
prodotto filogeneticamente sviluppando funzioni pregiate del cervello!». E
ancora: « In una ricerca a lunga verifica temporale, la dott.ssa Laura
Dineheart, ricercatrice alla Florida International University, ha accertato che
i bambini che avevano imparato a scrivere manualmente nei primi anni di scuola
raggiungevano migliori risultati negli studi alle superiori, rispetto ad altri
che avevano dato priorità all’uso della scrittura con tastiera».
Uno degli aspetti paradossali del problema è che il passaggio
alla scrittura al computer è la soluzione consigliata da molti per superare i
problemi di disgrafia dei bambini, ma proprio la digitalizzazione della
comunicazione è sul banco degli imputati per quanto riguarda la crescente
incapacità di imparare a scrivere a mano: «Che paradosso: si prescrive come
terapia una delle cause stesse del problema!». Perché, oltre a non attivare le
aree del cervello che la scrittura in corsivo attiva, la comunicazione digitale
è troppo veloce e causa ansia: «In passato si pensava che l’ansia, in
particolar modo quella cronica, fosse a carico del solo individuo adulto; oggi,
sempre più bambini accusano patologie legate all’ansia, che diventa un vero e
proprio tratto di personalità in età molto precoce. (…) Un ambiente agitato
rischia di stimolarlo troppo e di creare in lui un ottundimento emotivo, con
conseguenti difficoltà nell’apprendimento. Le capacità attentive e di ascolto,
anch’esse indispensabili per imparare a scrivere, non sono senz’altro favorite
da un ambiente confuso, ma da un clima sereno, sia in famiglia che a scuola. La
soglia media di attenzione si sta sempre più restringendo: da una media di
venti-venticinque minuti ad una decina di minuti. (…) Il cambiamento si è
instaurato in maniera direttamente proporzionale all’utilizzo degli strumenti
tecnologici. L’uso del computer ha aumentato il livello di stimoli di
percezione mnemonica, creando una sorta di abitudine ad un pensiero veloce e
proiettato al futuro, fonte di strutturazione ansiogena. Grazie agli studi più
recenti, sappiamo ora che la capacità di concentrazione e l’instaurazione del
pensiero logico sono possibili grazie ad una limitazione sensoriale che
permette che le informazioni acquisite dal soggetto passino dalla memoria a
breve termine alla memoria a lungo termine. Questo passaggio può avvenire solo
rallentando l’acquisizione degli stimoli».
Occorre rallentare, e recuperare i benefici della scrittura a
mano, preferibilmente in corsivo. Come scrive l’Istituto Grafologico
Internazionale Moretti (il francescano padre Girolamo Maria Moretti, 1879-1963,
è stato l’iniziatore della grafologia in Italia) nel suo manifesto per il
lancio della Campagna per la valorizzazione della scrittura a mano: «La
scrittura a mano corsiva stimola a: migliorare la capacità di lettura e di
calcolo; potenziare la capacità di attenzione e di apprendimento; imparare
l’autodisciplina e la concentrazione;
allenare la memoria e accrescere la
fiducia in se stessi;
favorire il pensiero critico;
costruire buone relazioni
comunicando le proprie idee;
esprimere la creatività individuale ed uscire
dall’anonimato
incoraggiando
l’originalità individuale».
Nella parte finale il libro descrive il Metodo Primavera (dal
nome di Susanna Primavera, la grafologa che lo ha inventato), una particolare
tecnica di insegnamento della scrittura indicata per la Scuola Primaria che ne
facilita l’apprendimento, e racconta le sperimentazioni e le esperienze sul
campo di Irene Bertoglio e Giuseppe Rescaldina presso le scuole di varie
località lombarde.
Nessun commento:
Posta un commento