Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Prima di Papa Francesco, con la sua Enciclica Laudato si’,
Benedetto XVI è stato colui che più di ogni altro suo predecessore ha parlato
di ambiente ed ecologia, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Papa verde”. Ha
affrontato molte volte l’argomento: brevi incisi e discorsi ampi, sviluppando
un vero e proprio pensiero unitario. Ripercorrendo gli anni del suo
Pontificato, infatti, ci si accorge che non si tratta di interventi episodici o
delimitati, ma di una continua riflessione, profonda e coerente. Tali testi
sono stati raccolti nel volume da me curato, Per una ecologia dell’uomo,
edito dalla Libreria Editrice Vaticana nel 2012, con prefazione del Mons.
Jean-Louis Bruguès.
Nella natura l’uomo si riscopre “capace di Dio”
Già nei primi mesi di Pontificato, alcune parole, quasi
poetiche, lasciano intravvedere il nucleo del suo pensiero: “A contatto con
la natura, la persona ritrova la sua giusta dimensione, si riscopre creatura,
piccola ma al tempo stesso unica, ‘capace di Dio’ perché interiormente aperta
all'Infinito. (…) Percepisce nel mondo circostante l'impronta della bontà,
della bellezza e della provvidenza divina e quasi naturalmente si apre alla
lode e alla preghiera”. Amore e stupore per ciò che Dio ha donato agli
uomini, luogo di contemplazione e di meditazione nel quale immergersi per
ritrovare e sentire la presenza divina. Un luogo dove, come afferma nel
discorso pronunciato dinanzi al Parlamento federale nel Reichstag di Berlino
nel 2011, poter discernere il bene dal male. E scegliere il bene.
Indagine teologica alla base del pensiero sull’ambiente
L’attenzione all’ambiente deriva certamente dalla sua
Germania, dove il pensiero politico-ecologico è ben radicato, ma è indubbio che
il suo approccio nasca da un’indagine che è soprattutto di natura teologica. Benedetto XVI cita di continuo la Genesi quale paradigma
della “relazione tra il Creatore, l’essere umano e il creato”. Al centro della creazione c’è l’uomo, l’unico a immagine e
somiglianza di Dio, che però non ne è il padrone ma il custode. La creazione è
“un dono affidatoci non per la distruzione, ma perché diventi il giardino di
Dio e così il giardino dell’uomo”.
Oppone la concezione di Eraclito, che descrive la natura come
“un mucchio di rifiuti sparsi a caso”, al Logos, al “In principio era il
Verbo” che apre il Vangelo di Giovanni. Il Logos è la ragione creatrice
che pone Adamo non in una foresta incolta, ma in un giardino di delizie da
coltivare e custodire. La consapevolezza dell’uomo di essere il collaboratore di Dio
lo pone di fronte a doveri e responsabilità verso il creato che “ha ricevuto
perché con esso possa realizzare il disegno di Dio. Erigendo, però, se stesso
al centro dell'universo, dimenticando il mandato del Creatore e chiudendosi in
un’egoistica ricerca del proprio benessere, l'essere umano ha gestito
l'ambiente in cui vive operando scelte che mettono a rischio la sua stessa
esistenza, mentre esso esige rispetto e tutela da parte di tutti quelli che
l'abitano”. Benedetto XVI supera la visione antropocentrica di matrice
cartesiana ‒ la natura extensa ‒ che porta a una concezione
utilitaristica per il quale il fine è giustificato dai mezzi, per mettere al
centro Dio.
L'uomo non deve essere dominato dalla tecnologia
La rivoluzione industriale e le crescenti possibilità
tecnologiche di cui può disporre l’uomo hanno determinato uno sfruttamento
incontrollato delle risorse naturali con l’illusione che esso sia a piacimento
e a tempo indeterminato. Gli esiti disastrosi sono sotto gli occhi di tutti e
il punto di non ritorno è sempre più vicino. La “fame di energia” da parte dei Paesi industrializzati
porta a una richiesta pressante che provoca il depauperamento delle risorse e
forse il prossimo esaurimento delle stesse. Crea squilibri mondiali sempre più
evidenti, dove a farne le spese sono le nazioni in via di sviluppo, costrette a
svendere le proprie risorse e anche se stesse, ma i cui effetti ricadranno a
cascata in ogni luogo e su ogni essere umano. “Lo sfruttamento irresponsabile
dell’ambiente o l’incetta di risorse agricole o marine riflette un concetto di
sviluppo disumano, le cui conseguenze si ripercuotono per lo più sui paesi più
poveri”. La tecnologia non deve dominare l’uomo, ma essere strumento
vantaggioso, da gestire in modo responsabile. Se si crede che l’origine
dell’uomo e della natura siano frutto del determinismo evolutivo e non un dono
di Dio si attenua nelle coscienze il senso di responsabilità.
La vita umana dipende da quella dell’universo
Le coltivazioni e gli allevamenti intensivi provocano il
paradosso di fornire troppo cibo ai Paesi ricchi e affamare quelli più poveri.
Causano deserti e deforestazioni, influiscono sull’inquinamento e sui
cambiamenti climatici. Fame, guerre e malattie causano flussi migratori
inarrestabili di popoli alla ricerca della sopravvivenza, come li definisce
Benedetto XVI, “profughi ambientali”. Uno squilibrio esponenziale che se non
fermato in tempo travolgerà il pianeta e i suoi abitanti. Urgenza denunciata
dai Pontefici: all’ecologia umana di Giovanni Paolo II, segue l’ecologia
dell’uomo di Benedetto XVI, che si perfeziona nell’ecologia integrale di Papa
Francesco. Il loro discorso è simile a radici dello stesso albero in crescita,
sempre più profonde e radicate. Il concetto che muove tanta sollecitudine non è
certamente un sentimento ecologista di moda, ma una necessità impellente. È la
difesa della vita, perché tutto è in relazione e la vita umana dipende dalla
vita dell’universo, ma è anche cardine del mandato cristiano.
“Se vuoi la pace coltiva il creato”
Di relazione parla ancora nella Caritas in Veritate e
nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2010, quando afferma che se si vuol coltivare la pace è necessario custodire
il creato. “Lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri
del rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, il cui uso comporta una comune
responsabilità verso l’umanità intera e specialmente i poveri e le generazioni
future… La crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle
questioni a essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di
sviluppo e alla visione dell’uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con
il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante
del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi
fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige lo stato di
salute ecologica del pianeta; lo richiede anche e soprattutto la crisi
culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi sono da tempo evidenti in ogni
parte del mondo”.
Crisi ambientale e crisi morale
L’umanità, afferma Benedetto XVI, ha bisogno di un profondo
rinnovamento culturale. “Ha bisogno – prosegue – di riscoprire quei
valori che costituiscono il solido fondamento su cui costruire un futuro
migliore per tutti. Le situazioni di crisi, che attualmente sta attraversando –
siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale –, sono, in
fondo, anche crisi morali collegate tra di loro. Esse obbligano a riprogettare
il comune cammino degli uomini. Obbligano, in particolare, a un modo di vivere
improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuove regole e forme di
impegno, puntando con fiducia e coraggio sulle esperienze positive compiute e
rigettando con decisione quelle negative”. Solo in questo modo, insiste Papa Ratzinger, “l’attuale
crisi diventa occasione di discernimento e di nuova progettualità”. E
osserva: “Non è difficile allora costatare che il degrado ambientale è spesso
il risultato della mancanza di progetti politici lungimiranti o del
perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano, purtroppo, in una
seria minaccia per il creato. Per contrastare tale fenomeno, sulla base del
fatto che “ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale”.
Responsabilità e stile di vita individuale
Se Benedetto XVI riconosce nella responsabilità storica dei
Paesi industrializzati la causa della crisi ecologica, non manca di chiamare in
causa il comportamento di ognuno di noi, affinché ciascuno cambi il proprio
stile di vita e di consumo e lo impronti a una maggiore sobrietà. Anche la Chiesa è chiamata a fare la sua parte dal momento
che “ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare,
anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l’acqua e l’aria, doni di Dio
Creatore per tutti, e, anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo
della distruzione di se stesso”. Il degrado della natura è, infatti,
strettamente connesso alla “cultura che modella la convivenza umana, per cui
quando “l’ecologia umana” è rispettata dentro la società, anche
l’ecologia ambientale ne trae beneficio”.
Solidarietà globale
La soluzione parte quindi da quella che San Giovanni Paolo II
chiama “nuova solidarietà” e che il Papa emerito chiama “solidarietà globale”. Termine chiave anche della Laudato si’ di Papa Francesco.
Infatti, conclude, il “libro della natura è unico, sia sul versante
dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale”.
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