SENZA DONO
SOCIETÀ FRAGILE
Celebrata ieri la Giornata nazionale del dono
di LEONARDO BECCHETTI
Il dono non
svolge affatto un ruolo marginale nel sistema sociale ed economico
contemporaneo, e la ricerca sociale ci conferma che è e resta l’architrave
della qualità delle relazioni all’interno di organizzazioni sociali e
produttive ed è una componente fondamentale della soddisfazione di vita.
Ieri, alla
vigilia della Giornata nazionale del dono, sono state presentate stime
aggiornate che parlano di una crescita delle somme donate e delle donazioni di
carattere informale in Italia assieme, però, a una marcata difficoltà delle
donazioni orientate alla cooperazione allo sviluppo: le organizzazioni operanti
in questo settore che dichiarano di aver aumentato i fondi raccolti rispetto
all’anno precedente sono scese dal 43 al 23%. Un dato, quest’ultimo, che misura
gli effetti della ben nota campagna politico-mediatica, costruita soprattutto
sui social, che negli ultimi tempi ha stravolto e trasformato quasi nel loro
opposto i significati delle parole e degli atti di bontà, accoglienza e
solidarietà.
Una campagna organizzata
con metodi manipolativi degli stessi social media e dalla quale il mondo del
Terzo settore è stato colto di sorpresa, tardando a reagire con una risposta
collettiva. Ma questo vuol semplicemente dire che la sfida è più che mai
aperta.
C’è poco da
cantar vittoria, infatti, anche da parte di chi ha armato quell’aspra campagna.
Perché svilire e sottovalutare il valore del dono può produrre effetti
devastanti in una società, finisce per snaturarne l’identità e per
infragilirla.
George Akerlof
ha vinto il Nobel per l’Economia spiegandoci come i meccanismi di scambio di
doni (gift exchange) all’interno di organizzazioni produttive
cementino la squadra e rinforzino le motivazioni intrinseche dei
dipendenti. Il Rapporto 2019 sul Dono in Italia segnala, non per
nulla, la forte crescita del
volontariato
aziendale come strumento di rafforzamento della squadra di lavoro, delle
motivazioni intrinseche dei dipendenti e del senso della loro presenza
all’interno dell’azienda. E i risultati del Rapporto mondiale sulla Felicità
identificano nella 'gratuità' una delle sei variabili chiave che spiegano il
75% delle differenze di soddisfazione di vita tra Paesi. Il Rapporto italiano
sul dono conferma questa realtà, sottolineando come chi dona è più soddisfatto
della propria vita, ha una visione più positiva del futuro e crede maggiormente
nell’efficacia trasformativa di gesti anche piccoli.
Ma ci può
essere innovazione nel dono in grado di renderlo più efficace? L’analisi delle
buone pratiche presenti nel nostro Paese (indagate lungo il percorso delle Settimane
Sociali dei cattolici) nonché il lavoro di laboratorio con gli imprenditori che
si propongono di coniugare creazione di valore economico con responsabilità
sociale ed ambientale suggeriscono una risposta assolutamente positiva a questa
domanda.
Come ricordano
gli antichi, il dono è tuttavia ambivalente e non privo di insidie. Escludendo
quei meccanismi pseudo-mafiosi dove esso obbliga a una contropartita, l’insidia
principale nella società odierna è quella del dono che umilia perché trasforma
il ricevente in mero terminale passivo del nostro obolo.
Un padre
conciliare come Jean Danielou amava dire paradossalmente «se ami qualcuno
chiedigli qualcosa in cambio» avendo bene a mente che, se siamo felici nel
dare, chi è nel bisogno può acquisire dignità ed essere felice solo se messo
anche lui in condizioni di dare. Per questo esperienze innovative come quelle
degli Empori Solidali non si limitano a raccogliere dalla grande distribuzione
prodotti ancora commestibili eppure non più vendibili per ridistribuirli a
famiglie bisognose, ma trasformano piuttosto queste famiglie e i loro
componenti in membri di un’associazione.
Dove si
coltiva l’orgoglio di poter contribuire all’opera sociale con il proprio lavoro
e si costruiscono rapporti di reciprocità e solidarietà tra gli stessi
associati.
Le nuove
piattaforme digitali consentono di raccogliere tanto da pochi, rendendo
potenzialmente molto più efficaci le tradizionali collette ( crowdfunding), stimolando
la capacità di comunicare e raccontare la propria storia che si trova a
competere con tante altre storie alternative. Nascono così i ' broker' dello
spreco (AvanziPopolo è un bell’esempio a Bari) che mettono in contatto eventi e
luoghi potenziali dello spreco (ricevimenti, banchetti, ristoratori) con tutte
le organizzazioni del territorio che esprimono bisogni, consentendo agli eventi
sostenibili di esibire il proprio marchio di qualità etica. Ed è in arrivo
l’app chemetterà assieme consumo nella grande distribuzione
e 5 per mille,
dando l’opportunità a chi va nei punti vendita convenzionati di scegliere a
quale organizzazione destinare una donazione che il supermercato associa alla
sua spesa.
Chi dona pensa
in genere che il suo piccolo gesto abbia una efficacia trasformativa, ma
il senso del dono per la persona 'cercatrice di senso' è più profondo. Ed è
colto molto bene da una frase di Vaclav Havel: «La speranza non è ottimismo.
Non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la
certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o
meno». Il dono, di sicuro, lo ha.
Leonardo Becchetti
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