Le troppe aspettative generano malumore
di Mariolina Cerotti Migliarese
L’ultimo rapporto del
Censis ci parla di un Paese sfiduciato, incattivito, egoista; potremmo
dire che emerge il quadro di un Paese in cui si respira aria di
malumore.
Sul piano
psicologico, l’umore è la colorazione di fondo che accompagna le nostre
giornate e ci rende più o meno piacevole affrontarle. Quando prevale
l’umore cattivo (il malumore), esso si frappone come un velo sgradevole
tra noi e la nostra esperienza; è come un fastidioso rumore di fondo che
altera la percezione e ci rende irritabili, scostanti e pronti al
conflitto. La parola 'umore' ha trovato la sua prima applicazione nella
medicina ippocratica, secondo la quale la salute del corpo dipende
dall’equilibrio tra i diversi liquidi che lo governano: nel linguaggio,
dunque, si rivela una continuità di significato tra l’esperienza del
corpo e quella della psiche, che ci guida a leggere il mal-umore come
una situazione di disequilibrio.
Un malumore così diffuso e cronico come quello che oggi respiriamo ci
interroga dunque su quale sia il disequilibrio cronico che ci troviamo a
vivere. La risposta non è univoca, e diverse credo siano le radici di
questo disequilibrio; ma qui voglio metterne in evidenza una in
particolare: la continua discrepanza tra ciò che ci viene promesso e ciò
che riusciamo nella realtà ad ottenere. Ci troviamo in un mondo che ci
promette fin da bambini iperboliche soddisfazioni: soddisfazioni
incredibili dei sensi (con esperienze di piacere insospettate e
travolgenti), soddisfazioni incredibili nella vita sentimentale (che ci
farà conoscere un amore capace di saturare ogni desiderio),
soddisfazioni nella vita sociale (con una visibilità altamente
gratificante e alla portata di ciascuno). E ci viene detto, fin da
bambini, che siamo speciali: dunque, ci meritiamo la fortuna che ci è
promessa.
Tutto induce
in noi un atteggiamento di credito. Siamo in credito perenne verso la
vita: chi è nato in ambiente fortunato pretende la giusta risposta al
suo essere 'speciale'; chi in ambiente sfortunato pretende un
risarcimento che lo faccia partecipare al grande banchetto promesso. Con
queste premesse, la vita non può che risultare deludente: la vita con
le sue fatiche, le sue ombre, il suo bisogno di pazienza e attesa ci
risulta del tutto insoddisfacente e non siamo in grado di apprezzare le
gioie reali che ci regala continuamente. Siamo in perenne attesa della
cosa 'speciale', stra-ordinaria, super-eccitante, super-soddisfacente.
Siamo in attesa di una auto-realizzazione che non sappiamo bene cosa
sia.
Ecco allora il
malumore che consegue a tutte le piccole e grandi contrarietà che ogni
giornata ci presenta: il traffico, il vicino scostante, la moglie (il
marito) che invecchia, la salute che vacilla, le mille incombenze noiose
della quotidianità.
Dov’è, per noi (per me, per te) quell’amore speciale e travolgente,
dov’è quella sensazione 'che non hai mai provato prima', quel successo
che ti cambierà la vita e che sembra debba trovarsi a portata di mano?
Perché tutto questo sembra così vicino, ma riguarda sempre qualcun
altro?
È come se
venissimo continuamente preparati per qualcosa che non accade mai:
caricati di aspettative su noi stessi e sul mondo, ma inutilmente. La
vita trascorre come una promessa che non si realizza, lasciandoci
perennemente insoddisfatti perché lontani dalla nostra vera natura: dai
nostri sensi, non più capaci di vibrare in ogni esperienza; dall’oggi,
perché aspettiamo sempre un ipotetico domani; dalla capacità concreta di
generare vita e progetti, perché non siamo certi che saranno speciali
come li vorremmo.
A
queste condizioni la vita implode provocando stagnazione, e con essa una
cronica sensazione di mal-umore: la vita che ristagna provoca infatti
un malessere che è insieme della mente e del corpo, che sono così
inscindibilmente connessi nella natura dell’uomo.
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