POLITICA E SCUOLA, MONDI INCONCILIABILI?
A proposito, pubblichiamo una lettera aperta pervenuta da un insegnante scrittore, Enrico Galiano
Caro Ministro dell’Interno
ho letto in un tweet da Lei
pubblicato questa frase: “Per fortuna che gli insegnanti che fanno politica in
classe sono sempre meno, avanti futuro!”.
Bene, allora, visto che fra pochi
giorni ricominceranno le scuole, e visto che sono un insegnante, Le vorrei
dedicare poche semplici parole, sperando abbia il tempo e la voglia di leggerle.
Partendo da quelle più importanti: io faccio e farò sempre politica in classe.
Il punto è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie,
dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla
come te a tutti i costi. Non è così che funziona la vera politica.
La
politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come
vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme
una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore,
detta così, vero?
Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio
Caproni, di Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare al
ragazzo che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi
sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di
gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi abbiano
sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica.
Fotocopiare
(spesso a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone, di Malala Yousafzai, di
Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell’orologio della stazione di Bologna
fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle nostre classi è fare
politica.
Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in
prima pagina sul giornale c’è l’ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio
insieme ai ragazzi a cercare di capire com’è che in questo Paese le donne
muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello,
soprattutto quello, è fare politica.1
Insegnare a parlare correttamente e con
un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più
chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole
fregare, è fare politica. Accidenti se lo è.
Sì, perché fare politica non
vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare.
Punto. È così che si costruisce una città migliore: tirando su cittadini che
sanno scegliere con la propria testa. Non farlo più non significa “avanti
futuro”, ma ritorno al passato. E il senso più profondo, sia della parola scuola
che della parola politica, è quello di preparare, insieme, un futuro migliore. E
in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica
in classe.
Enrico Galiano
Nessun commento:
Posta un commento