Ascoltare
sembra un’operazione abituale, quasi “banale”, eppure l’ascolto
autentico è raro e difficile. Costantemente immersi come siamo in rumori
di vario tipo, sollecitati da messaggi “multiformi”, non conosciamo più
il silenzio come ambiente e condizione indispensabile all’ascolto,
ascolto della nostra coscienza e all’ascolto dell’altro, ascolto della
parola di Dio.
Silenzio e ascolto, infatti, pur non identificandosi, si nutrono “reciprocamente” ed è nel silenzio che la parola può “risuonare” nitidamente. Solo lasciando che il nostro silenzio sia abitato da quanto abbiamo ascoltato in profondità che evitiamo di cadere nel “mutismo” o nella chiacchiera e nel “non senso”. Così, sempre più incapaci di silenzio “fecondo”, finiamo per smarrire anche l’arte dell’ascolto.
La capacità di ascolto
nasce dalla capacità di silenzio: questo è il principale accento cha ha
sempre avuto la tradizione monastica parlando della’ascolto. Una
buona pedagogia dell’ascolto che può prendere le mosse solo dal
silenzio. Sì, “ascoltare il silenzio” può sembrare un ossimoro, invece è
la chiave che apre il mondo dell’ascolto autentico e della comprensione
di ciò che si sente.
Se nella nostra società
“l’uomo è diventato un’appendice del rumore” (Max Picard), si fa sempre
più urgente l’esigenza che ciascuno ritrovi la propria umanità
attraverso la riscoperta del silenzio e l’apprendimento
dell’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”. Impresa certo non
semplice, se già Eraclito di Efeso (VI sec. A.C.) definiva i propri
simili come “incapaci di ascoltare e di parlare”: da allora forse
abbiamo l’impressione di aver compiuto passi in avanti nella capacità di
parlare, ma certo quanto ad ascolto sembriamo ancora bambini.
La tradizione spirituale
non solo cristiana ha sempre riconosciuto l’essenzialità del silenzio
per una vita interiore autentica. Solo il silenzio, infatti, rende
possibile l’ascolto, cioè l’accoglienza in sé non soltanto della parola
pronunciata, ma anche della presenza di colui che parla. Il silenzio è
linguaggio della profondità, della presenza all’altro e anche
dell’amore dell’altro. Del resto, nell’esperienza amorosa il silenzio è
spesso linguaggio molto più eloquente, intenso e comunicativo delle
parole.
Purtroppo oggi il silenzio è
raro, è forse la realtà maggiormente assente nelle nostre giornate:
siamo bombardati da messaggi sonori e visivi, i rumori ci derubano della
nostra interiorità e le parole stesse vengono immiserite dal loro
essere urlate, ridotte a slogan o invettive. Abbiamo bisogno del
silenzio! Ci è necessario da un punto di vista prettamente
antropologico, perché l’uomo, che è un essere di relazione, comunica in
modo equilibrato e significativo soltanto grazie all’armonico rapporto
fra parola e silenzio.
Ma abbiamo bisogno del
silenzio anche dal punto di vista spirituale. Per la fede ebraica e
cristiana il silenzio è una dimensione teologica: sul monte Oreb, il
profeta Elia percepì di essere alla presenza di Dio non nel frastuono di
venti, tuoni e terremoto ma solo quando ascoltò “la voce di un silenzio
sottile” (1Re 19,12). Ignazio di Antiochia, (padre della chiesa del III
sec.) dirà che Cristo è “la Parola che procede dal silenzio”.
Non si tratta semplicemente
dell’astenersi dal parlare o dell’assenza di rumori, ma del silenzio
interiore, quella dimensione che ci restituisce a noi stessi, ci pone
sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale. “Nel silenzio è insito
un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di
concentrazione sulle cose essenziali” (Dietrich Bonhoeffer).
Il silenzio è custode
dell’interiorità in quanto ci conduce da una dimensione primaria e
“negativa” di sobrietà, disciplina nel parlare o addirittura di
astensione da parole, a un livello più profondo, di intensa vita
spirituale: cioè al far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i
giudizi, le mormorazioni che nascono nel cuore. È il difficile ........
Leggi: SILENZIO, ARTE DELL'ASCOLTO
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