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sabato 7 luglio 2018

SILENZIO e ARTE dell'ASCOLTO .... per orientare se stessi

Ascoltare sembra un’operazione abituale, quasi “banale”, eppure l’ascolto autentico è raro e difficile. Costantemente immersi come siamo in rumori di vario tipo, sollecitati da messaggi “multiformi”, non conosciamo più il silenzio come ambiente e condizione indispensabile all’ascolto, ascolto della nostra coscienza e all’ascolto dell’altro, ascolto della parola di Dio.

Silenzio e ascolto, infatti, pur non identificandosi, si nutrono “reciprocamente” ed è nel silenzio che la parola può “risuonare” nitidamente. Solo lasciando che il nostro silenzio sia abitato da quanto abbiamo ascoltato in profondità che evitiamo di cadere nel “mutismo” o nella chiacchiera e nel “non senso”. Così, sempre più incapaci di silenzio “fecondo”, finiamo per smarrire anche l’arte dell’ascolto.
 
La capacità di ascolto nasce dalla capacità di silenzio: questo è il principale accento cha ha sempre avuto la tradizione monastica parlando della’ascolto. Una buona pedagogia dell’ascolto che può prendere le mosse solo dal silenzio. Sì, “ascoltare il silenzio” può sembrare un ossimoro, invece è la chiave che apre il mondo dell’ascolto autentico e della comprensione di ciò che si sente.
 
Se nella nostra società “l’uomo è diventato un’appendice del rumore” (Max Picard), si fa sempre più urgente l’esigenza che ciascuno ritrovi la propria umanità attraverso la riscoperta del silenzio e l’apprendimento dell’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”. Impresa certo non semplice, se già Eraclito di Efeso (VI sec. A.C.) definiva i propri simili come “incapaci di ascoltare e di parlare”: da allora forse abbiamo l’impressione di aver compiuto passi in avanti nella capacità di parlare, ma certo quanto ad ascolto sembriamo ancora bambini.
 
La tradizione spirituale non solo cristiana ha sempre riconosciuto l’essenzialità del silenzio per una vita interiore autentica. Solo il silenzio, infatti, rende possibile l’ascolto, cioè l’accoglienza in sé non soltanto della parola pronunciata, ma anche della presenza di colui che parla. Il silenzio è linguaggio della profondità, della pre­senza all’altro e anche dell’amore dell’altro. Del resto, nell’esperienza amorosa il silenzio è spesso linguaggio molto più eloquente, intenso e comunicativo delle parole.
 
Purtroppo oggi il silenzio è raro, è forse la realtà maggiormente assente nelle nostre giornate: siamo bombardati da messaggi sonori e visivi, i rumori ci derubano della nostra interiorità e le parole stesse vengono immiserite dal loro essere urlate, ridotte a slogan o invettive. Abbiamo bisogno del silenzio! Ci è necessario da un punto di vista pret­tamente antropologico, perché l’uomo, che è un essere di relazione, comunica in modo equilibrato e significativo soltanto grazie all’armonico rapporto fra parola e silenzio.
 
Ma abbiamo bisogno del silenzio anche dal punto di vista spirituale. Per la fede ebraica e cristiana il silenzio è una dimensione teologica: sul monte Oreb, il profeta Elia percepì di essere alla presenza di Dio non nel frastuono di venti, tuoni e terremoto ma solo quando ascoltò “la voce di un silenzio sottile” (1Re 19,12). Ignazio di Antiochia, (padre della chiesa del III sec.) dirà che Cristo è “la Parola che procede dal silenzio”.
 
Non si tratta semplicemente dell’astenersi dal parlare o dell’assenza di rumori, ma del silenzio interiore, quella dimensione che ci restituisce a noi stessi, ci pone sul piano dell’essere, di fronte all’essenziale. “Nel silenzio è insito un meraviglioso potere di osservazione, di chiarificazione, di concentrazione sulle cose essenziali” (Dietrich Bonhoeffer).
 

Il silenzio è custode dell’interiorità in quanto ci conduce da una dimensione primaria e “negativa” di sobrietà, di­sciplina nel parlare o addirittura di astensione da parole, a un livello più profondo, di intensa vita spirituale: cioè al far tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giu­dizi, le mormorazioni che nascono nel cuore. È il difficile  ........




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