IL PROSSIMO 24 MARZO SI CELEBRERA'
LA GIORNATA NAZIONALE PER LA PROMOZIONE DELLA LETTURA
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 15 luglio 2009: " E' istituita la «Giornata nazionale per la promozione della lettura» che si terra' il 24 marzo di ogni anno. In tale giornata le amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, assumono, nell'ambito delle rispettive competenze, iniziative volte a promuovere la lettura in tutte le sue forme e a sensibilizzare i cittadini, e in particolar modo le nuove generazioni, sui temi ad essa legati".
di Christian Raimo,
giornalista e scrittore
In Italia si legge poco, sempre meno, ma questo non sembra
essere un dato allarmante.
Eppure il rapporto
dell’Istat uscito il 27 dicembre è pieno di cattive notizie. Si dice
che i “lettori sono passati dal 42 per cento della popolazione di 6 anni e più
nel 2015, al 40,5 per cento nel 2016. Si tratta di circa 23 milioni di persone
che dichiarano di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti
l’intervista per motivi non strettamente scolastici o professionali”: il che
vuol dire che ci sono circa trenta milioni di persone alfabetizzate che non
leggono nemmeno un libro all’anno.
Leggono più le femmine che i maschi: 47,1 per cento contro
il 33,5 per cento. Si legge più al nord che al sud: 48,7 per cento contro il
27,5 per cento. Nel 2010 la percentuale dei lettori era del 46,8 per cento. In
sei anni si sono persi tre milioni e mezzo di lettori. Cosa ha determinato
questo crollo? “Nell’opinione degli editori”, dice sempre il rapporto, “i
principali fattori che determinano la modesta propensione alla lettura in
Italia sono il basso livello culturale della popolazione(39,7 per cento delle
risposte) e la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla
lettura (37,7 per cento)”.
Il dato più significativo e preoccupante è infatti il calo
di lettori tra i 15 e i 17 anni: dal 53,9 del 2015 per cento al 47,1 per cento
al 2016. Praticamente meno della metà degli studenti italiani acquisisce l’abitudine
a leggere libri.
Quello che si sta facendo per la promozione della lettura è
poco e forse anche sbagliato
Se si vuole fare un confronto di massima con gli altri paesi
europei si possono prendere i dati della recente ricerca curata dal
Forum del libro – l’associazione che da anni cerca diportare al centro
del dibattito pubblico e politico questi temi: la percentuale dei lettori è
superiore al 75 per cento nella maggior parte dei paesi del centro e del nord
dell’Europa occidentale: Svezia (89 per cento, il dato più alto), Danimarca,
Finlandia, Estonia, Olanda, Lussemburgo, Germania,Regno Unito. Mentre è
inferiore al 60 per cento in Portogallo (il dato europeo più basso: meno del 40
per cento), Cipro, Romania,Ungheria, Grecia. E Italia.
La reazione che in genere suscitano questi rapporti Istat è
una lamentela diffusa che dura al massimo una settimana, accompagnata magari
dall’elenco di quello che invece in Italia tutti i giorni insegnanti,
bibliotecari, librai, editori, genitori di buona volontà fanno per contrastare
questa tendenza a diventare un paese che non legge.
Nell’ultimo convegno del
Forum del libro a Pistoia, il 3 novembre scorso, per esempio, si sono
ascoltate decine di esperienze diffuse sul territorio: dalle biblioteche
informali in piccolissimi paesi disabitati dell’Appenino ai centri culturali di
periferia animati da inventive presentazioni di libri, dalle campagne
pubblicitarie e di sconti, ai reading e altre iniziative nelle scuole.
Ma se da una parte non si può che riconoscere l’impegno di
molti, dall’altra di fronte alle cifre riportate dall’Istat l’unica conclusione
possibile è che quello che si sta facendo per la promozione della lettura è
poco e forse anche sbagliato.
Poco nel senso che incide in piccolissima parte
sull’infrastruttura culturale. Sbagliato nel senso che non si usa un metodo
efficace. Quando a Pistoia Ricardo Levi dell’Aie, l’Associazione italiana
editori, si inorgoglisce dei più di 200mila libri regalati attraverso Io leggo alle biblioteche
scolastiche italiane (“il doppio dell’anno scorso!”), non vede che questo
numero, confrontato con le decine di milioni di libri di altri programmi
europei è risibile, e diviso per le biblioteche coinvolte vuol dire venti o
trenta volumi a biblioteca. Ma soprattutto il punto è che incrementare il
numero di libri regalati non basta e non vuol dire automaticamente aumentare i
lettori.
Educare e formare
Un programma senza un osservatorio è inutile. E una cosa simile si può dire
delle iniziative dei bonus docenti e dei bonus diciottenni di 500 euro
finanziati dagli ultimi governi per i consumi culturali. Per fare un semplice
esempio: gli insegnanti per l’anno 2016/2017 hanno speso circa 200 milioni di
euro in hardware e software nuovo, ma solo 38 milioni di euro in libri.
Dare soldi a pioggia – ma senza una programmazione né una
sistematicità – per incrementare i consumi o la disponibilità non significa
fare educazione alla lettura, né in generale formazione culturale.
Questa semplice prospettiva si rivela ancora più chiara se
si legge la parte
della ricerca del Forum su come funzionano negli altri paesi europei i
programmi di promozione alla lettura: a partire da uno sguardo d’insieme, si
nota “come a livello europeo si ponga sempre maggiore attenzione ai programmi
che intendono sviluppare la reading literacy. Il termine literacy in
lettura significa comprendere, utilizzare e riflettere su testi scritti al fine
di raggiungere i propri obiettivi, di sviluppare le proprie conoscenze e le
proprie potenzialità e di svolgere un ruolo attivo nella società”. Nei convegni
sembra che si abbia ben chiara la differenza tra educazione alla literacy e
acquisto di libri, ma poi nelle iniziative del ministero della cultura, questa
differenza non esiste più.
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