L’ipotesi
di una capacità intellettiva superiore che sincronizza i due emisferi del
cervello
di ANDREA
VACCARO
La premurosa misurazione delle
capacità cognitive dei bimbi in difficoltà con la scuola da parte dello
psicologo Alfred Binet, nei primi del Novecento, potrebbe segnare l’inizio di
una 'storia dell’intelligenza' dell’età moderna. A tale metodo, infatti,
intorno agli anni ’40, David Wechsler s’ispirò per la costruzione delle prime
versioni del cosiddetto test del 'QI' (quoziente intellettivo), basato
fondamentalmente su quesiti di natura logico- matematica. Quando comparve sulla
scena l’intelligenza artificiale che presto, proprio sul piano dell’esecuzione
di regole e calcoli, prese a umiliare gli umani, si cominciò a congetturare che
l’intelligenza non fosse propriamente o esclusivamente, soluzione di problemi
di segni. Howard Gardner coniò l’espressione «intelligenza multipla» e
individuò ben sette tipi specifici di intelligenza, che poi estese al numero di
otto e mezzo (quella accettata solo a metà riguarda proprio l’oggetto di questo
articolo). Daniel Goleman, con un’opzione poi assai diffusa, contrappose più
schematicamente all’intelligenza logica, specifica dell’emisfero sinistro del
cervello, l’intelligenza emotiva, lobo destro. E cosa accadrebbe, si è poi
chiesto, qualora potessimo pensare nella sinergia dei due lobi? La risposta di
oggi, piuttosto sorprendente e beneaugurante, suona: si accenderebbe l’intelligenza
spirituale, un superprocesso di pensiero che, come spiega Richard Griffiths, è
correlato alla sincronizzazione emisferica e all’attivazione dell’intero
cervello.
Così, da qualche anno, si assiste
a un fitto e intricato indagare sulla possibilità di una tale intelligenza che
tutti ormai convengono nel denominare 'spirituale', con una scelta degna
d’interesse. Il territorio vergine ha attirato già diversi esploratori. Cindy
Wigglesworth in SQ21 (Armenia 2015) ne ha disposto una mappa in quattro quadranti
e 21 abilità. Robert Emmons in Spirituality& Intelligence ne ha
identificato le quattro componenti: senso della trascendenza, senso del sacro,
stati di coscienza profondi e uso pratico della spiritualità. Danah Zohar ne ha
esposto, in Spiritual Quotient, i 12 principi; ha riportato, in Spiritual
Capital, la crisi economica dei nostri tempi a una più grave crisi spirituale e
ha elaborato un test di misurazione, il 'SIQ', capostipite di una discreta
serie di succedanei. Anche Stephen Covey, l’ideatore del 'principio 10/90' -
per cui la nostra vita è composta per un 10% da eventi e per un 90% dalla
nostra rielaborazione interiore degli eventi stessi - aveva elogiato
l’intelligenza spirituale quale «guida» che dirige tutte le altre intelligenze
verso la felicità. Victor Selman in Spiritual Intelligence/ Quotient propone un
confronto chiarificante: i computer hanno un 'QI' altissimo perché seguono le
regole senza errori; gli animali hanno un 'QE' (quoziente d’intelligenza
emotiva) elevatissimo perché hanno uno speciale senso della situazione; gli
umani sono inferiori in entrambi i quozienti, ma sono anche gli unici in grado
di farsi domande sulle regole e immaginare situazioni differenti. Computer e
animali si muovono benissimo all’interno del gioco; gli umani, grazie
all’intelligenza spirituale, possono oltrepassare le delimitazioni e praticare
un 'gioco infinito'.
Yosi Amram, dell’Istituto di
psicologia transpersonale di Palo Alto, ha coinvolto nell’indagine 71 maestri
di diverse tradizioni spirituali (monaci buddisti e cristiani, yogi, sciamani…)
riscontrando una convergenza di contenuto oltre le aspettative e giungendo a
ratificare ciò che è indicato dal titolo della ricerca: Le sette dimensioni
dell’intelligenza spirituale. Esse sono: ascolto della coscienza, senso del
sacro, sentimento di gratitudine e commozione, ricerca del senso degli eventi,
elaborazione /accettazione del negativo, senso di fiducioso abbandono,
auto-direzionalità. In questo modo, Amram ha offerto le linee per una 'teoria
dell’intelligenza spirituale fondata ecumenicamente'. Colui che è capace di
praticare l’insieme di queste dimensioni può dirsi un Einstein della
spiritualità.
In
pressoché tutti gli studi, poi, torna, come elemento qualificante,
l’espressione bigger picture, la percezione di essere inscritti in un disegno
più ampio, in cui tutto è collegato e ciò che accade a una parte risuona
organicamente, nel bene e nel male, in tutto il resto. Poi sono sopraggiunti
gli studi neurologici del fenomeno, gli immancabili corsi di intelligenza
spirituale e leadership, i rapporti tra 'IS' e benessere psicofisico, lo
spiritual coaching …
E tornano alla mente anche lontani preconizzatori come
quell’Eucherio di Lione, padre della Chiesa, che aveva incentrato le sue
formule d’intelligenza spirituale sulla capacità di scoprire i sensi molteplici
custoditi nelle sacre Scritture. Perché ogni volta che scaturisce un
significato in qualunque ambito, là è un soffio dello Spirito. Una volta
scongiurato il rischio di naturalizzare lo spirituale, ovvero di voler
riportare a terra ciò che dal basso si eleva (e ci eleva), la nuova area di
ricerca può aprire orizzonti e stimolare riflessioni. Specie se, come precisa
Francesc Torralba nel suo Inteligencia Espiritual, essa è volta, in un’epoca di
'anemia spirituale' come la nostra, a stimolare le nuove generazioni con
un’educazione integrale, attenta a cogliere tutte le sfumature e i rimandi
dell’esistenza.
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