IL DIBATTITO SU CITTADINANZA E IDENTITA'
di BRUNO FORTE
Una riflessione più che mai opportuna alla
luce degli eventi che hanno animato il recente dibattito
politico-culturale in Italia e non solo è quella sull’idea di “patria”:
tanto la polemica sullo “jus soli”, quanto il dibattito
sull’indipendenza della Catalogna, che ha suscitato passioni e messo in
campo ragioni contrapposte, si rapportano a questo concetto, che è alla
base dei nazionalismi che hanno pervaso il Novecento, non di rado con
conseguenze drammatiche di tensioni e di violenze. È in nome di un’idea
di patria fortemente identitaria e alternativa ad altre appartenenze
nazionali che viene non di rado motivato il rifiuto del diritto ad
essere cittadini del Paese in cui si nasce a chi – pur avendo genitori
che non sono cittadini di esso – è destinato a crescervi, a ricevere
l’educazione di tutti gli altri bambini, ragazzi e giovani suoi compagni
di strada, per contribuire con le proprie forze e capacità al futuro di
tutti. Si calcola che lo “jus soli” possa riguardare circa
ottocentomila persone, numero tutt’altro che indifferente se si
considera la drammatica denatalità di cui soffre l’Italia.
La domanda
che si profila è se si possano ritenere determinanti per essere
cittadini di una collettività nazionale esclusivamente il passato dei
genitori, le radici culturali lontane e più o meno presenti e rilevanti
nello sviluppo educativo della persona e l’insieme dei costumi e delle
appartenenze sociali e religiose, in cui si svolgerà la sua vita
relazionale immediata.
I profondi cambiamenti storici degli ultimi
decenni, la crescita della globalizzazione e la dialettica sempre più
viva fra localismo e universalismo inducono a rispondere di no a questa
domanda: le identità sono oggi molto più liquide di un tempo e la loro
costruzione e il loro sviluppo sono determinati da un complesso di
fattori così vario e articolato, che non si sbaglierebbe a dire che
tutti stiamo diventando sempre più cittadini ..........
Leggi: LA PATRIA EUROPEA
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