Una riflessione che “parte dai volti e dalle storie della gente che lavora”, che non manca di denunciare i problemi del sistema per poi affrontare le “questioni problematiche” che devono essere risolte: si presenta così l’instrumentum laboris delle Settimana Sociale della Chiesa Italiana.
La Settimana Sociale (la quarantottesima) si terrà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre, e il tema è “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale”. Prefigurate dall’enciclica di Pio X “Il fermo proposito”, le Settimane Sociali si svolgono con cadenza pluriennale a partire dal 1907. Sono settimane che hanno lo scopo di guidare l’azione cattolica nei vari rami della Dottrina Sociale.
Sono molti i temi che vengono affrontati nell’instrumentum laboris: dalla necessità di denunciare, all’analisi generale dei problemi, per finire con le buone pratiche, che hanno il vantaggio di mostrare – si legge nel documento – “che c’è una speranza”.
L’idea è quella non di celebrare solo “un bel convegno”, ma di “iniziare processi”, e per questo l’instrumentum laboris è “un testo aperto”, che non dà risposte, ma fotografa piuttosto la situazione reale, e intende “offrire la base di riferimento comune per un ordinato svolgimento dei lavori assembleari”.
L’instrumentum laboris sottolinea che “persona e lavoro sono due parole che possono e devono stare insieme”, perché il lavoro non deve “diventare qualcosa di disumano”, e deve essere “degno perché la persona è degna”, come immagine e somiglianza di Dio, e non è chiamato a “soddisfare bisogni materiali”, ma “a realizzare la persona”.
Da qui, l’esigenza della denuncia, “necessaria, quando non scade nel lamento, per assumere responsabilmente i termini di quelle tradizioni problematiche che attendono essere risolte”, una denuncia che riguarda 6 snodi critici (dalla disoccupazione giovanile al problema del caporalato) per la realtà italiana.
La denuncia porta alle buone pratiche, e c’è – in queste buone pratiche – moltissimo della realtà della impresa cattolica che si è sviluppata negli ultimi anni, dai consorzi alle aggregazioni di piccole imprese, secondo quella che viene chiamata “economia civile” e che è stata definita, in un recente incontro con Papa Francesco, una “economia del sì”, che non mette da parte l’idea di profitto, , ma nemmeno quella della dignità del lavoro. Sono state 400 le buone pratiche censite, e che presumibilmente avranno il loro spazio nelle giornate delle settimane sociali, che si aggiungono ai Cercatori di LavOro presenti sul territorio per “presentare, discutere e ragionare sui risultati a livello locale”.
Insomma, “la speranza non è morta”, ma c’è comunque bisogno di “una strategia per rimettere in pista gli scartati e gli esclusi sempre più numerosi nel nostro Paese”, pensando “soluzioni legislative nuove in grado di cogliere la specificità” delle nuove tipologie di lavoratori.
Ma la prospettiva non può essere solo italiana. Deve essere europea. Si legge nell’instrumentum laboris: “Una serie di soluzioni tecniche che renderebbero l’Unione molto più solida sono pronte sul tavolo ma non vengono adottate per mancanza di fiducia da una parte e mancanza di affidabilità dall’altra. Non si tratta di procedere verso innaturali fusioni che rinneghino le identità e le specificità nazionali, ma di fare massa critica su alcuni ambiti decisivi come possono essere quello finanziario, della difesa e delle scelte di politica internazionale”.
Insomma, si deve guardare all’Europa, perché “è da lì che molte iniziative si possono realizzare”. E allora – conclude l’instrumentum laboris – il futuro va oltre l’appuntamento di Cagliari, perché “sulla realtà del lavoro si gioca il futuro di una società ed anche la responsabilità dei cattolici in politica”.
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