NON ABBIATE PAURA!
Nelle tempeste
Elia
è scoraggiato. Pensava, uccidendo i sacerdoti del dio Baal, portati in Israele
dalla regina Gezabele, di riportare la folla al Dio di Israele, di sollevare
una rivoluzione. Non è così: non solo la gente lo abbandona, ma la regina
promette vendetta e il profeta deve scappare nel deserto.
Vuole
morire, ammette il suo sbaglio: Dio non si impone. E lui, arrogante e violento,
non è migliore dei suoi padri.
Gesù
è scoraggiato: hanno arrestato e ucciso Giovanni Battista, l’aria si fa
pesante.
Ma
la cosa peggiore è che, dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù scopre che i
suoi discepoli non hanno capito praticamente nulla del suo messaggio, delle sue
parole. Davanti alla folla affamata hanno suggerito al Maestro di cacciarli, di
rimandarli a casa.
Gli
apostoli sono scoraggiati: non hanno capito la ragione dell’improvvisa durezza
del Signore che li ha costretti in malo modo a salire sulla barca per
raggiungere l’altra riva, quella dei pagani, quella evitata accuratamente dagli
ebrei. E si sta alzando un forte vento, ci mancava.
Fatica
La
vita è così: inevitabilmente mischia luce e ombra, momenti esaltanti e momenti
faticosi, grandi gioie e forti dubbi. Ci mette davanti alla violenza: quella
che portiamo nel cuore, come Elia, che deve fare i conti col proprio fanatismo,
quella politica che spazza via gli avversari come il Battista, quella
dell’egoismo che impedisce ai discepoli di capire il gesto del Maestro, quella
degli elementi della natura che ci ricordano che siamo ospiti su questa terra.
Eppure
proprio nel momento della fatica scopriamo chi siamo.
E
se, invece di ripiegarci su noi stessi, osiamo metterci in discussione,
attendere, cambiare, sperare, pregare, agire, qualcosa accade. Saliamo di
livello, cambiamo frequenza, entriamo dentro noi stessi, dentro la Storia,
dentro gli eventi. Ma, per farlo, dobbiamo necessariamente affrontare i nostri
fantasmi e le nostre paure.
La
regina Gezabele, per Elia, il dubbio di avere scelto le persone sbagliate, per
Gesù, il mare in tempesta, per Pietro e gli altri.
Imparare il silenzio
Elia
spaventato e consumato, desideroso di morire nel deserto, non si chiude a
piangere se stesso, si mette in cammino. L’illusoria vittoria intrisa di sangue
non ha fatto che peggiorare le cose.
No,
Dio non è nella violenza, questo ora ha capito Elia che si ritrova sul monte
dell’alleanza.
Questo
vorrei capissero coloro che continuano ad uccidere profanando il nome di Dio.
E
qui, sull’Oreb, Elia capisce e ci fa capire qualcosa di splendido. Dio non è
nella violenza, né nei grandi eventi naturali o nei prodigi, ma nell’intimo di
ciascuno di noi.
Nella
brezza del mattino anzi, come più precisamente, nella voce del silenzio.
Abbiamo
disimparato l’ascolto del silenzio. Il luogo dove incontriamo Dio.
Imparare a scegliere
Come
possono non avere capito? Come possono, davanti alla prima vera prova, avere
mostrato tanta indifferenza e tanto cinismo? Cosa serve amare, seguire,
accudire, istruire, vivere con loro se poi non hanno cambiato il loro cuore?
La
notte di Gesù sul monte a pregare è tormentata e lugubre. Coloro che ha scelto
con tanta cura e tanta passione, coloro che ha voluto con sé, che ha istruito,
hanno mostrato tutta la loro grettezza.
Prega,
il Signore. Forse un po’ stordito e deluso. Non sa che fare.
Intanto
si alza un forte vento sul lago. Gesù sceglie. Sceglie di non sceglierne altri.
Non migliori, non più coerenti, non eccezionali. Sceglie quei dodici.
Sceglie
noi, fragili e incoerenti. Sceglie questa Chiesa composta di fango e santità. I
discepoli, noi discepoli, sono spaventati. Dalla furia del vento e delle onde.
E
lì, nel cuore della notte, sono raggiunti dal Signore, ma lo vedono come un
fantasma. Non lo hanno riconosciuto nel fratello affamato. Come possono
riconoscerlo qui, ora?
Solo
Matteo ci parla dell’episodio di Pietro. Di quella richiesta, ingenua oltre
ogni limite, di raggiungere Gesù camminando sulle acque.
E
si getta, Pietro. Si fida. E affonda. No, non è capace, come noi non siamo
capaci, di camminare davvero su ciò che ci spaventa, di passeggiare
fischiettando sul ciglio del baratro che costeggia la nostra vita. Vorremmo, ma
non siamo così coraggiosi, né così santi.
Solo
il Maestro, solo il Signore può dominare le alte onde del mare, da sempre,
nella Bibbia, potente e oscuro simbolo del male e della paura. Solo lui. Noi
non siamo capaci, ma il Signore ci sfida, ci spinge ad osare.
Anche
oggi Pietro, questo nostro Pietro, deve condurre la barca in mezzo alle onde.
E, come se non bastasse la violenza di chi attacca la Chiesa e di chi invece la
blandisce e la seduce, si ritrova qualche compagno di viaggio che inizia a
bucare il fondo della barca, rilasciando patenti di ortodossia ai papi
dall’alto della loro conoscenza e della loro intransigenza. È sempre accaduto,
con ogni Pietro.
Ma
Pietro, questo Pietro, ogni Pietro, sa bene che il Signore Gesù ci raggiunge
nella tempesta. Sempre.
Davanti
ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato,
come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio,
recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera,
l’ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio, per vedere
il volto di Dio che si nasconde nel vento, che pare evanescente come un
fantasma.
Solo
così possiamo arrivare all’altra riva.
Paolo Curtaz
in “Ti
racconto la parola”
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