"Dialogo significa ascoltare, non ‘abbaiare’ contro l’altro”
Nell’Udienza giubilare di ieri, Francesco incita i 100mila fedeli presenti al
dialogo per “abbattere muri di divisioni e incomprensioni” e creare “ponti di
comunicazione”, non rinchiudendosi “nel proprio piccolo mondo”
“Ascoltare, spiegare, mitezza, non
abbaiare l’altro, non urlare, cuore aperto”. È la ricetta che Papa Francesco
offre ai 100mila fedeli presenti all’Udienza giubilare, per avviare un dialogo
e un dialogo che vada a buon fine: in famiglia, nel quartiere, a scuola, sul
posto di lavoro, …
“C’è tanto bisogno di dialogo nelle
nostre famiglie, e come si risolverebbero più facilmente le questioni se si
imparasse ad ascoltarsi vicendevolmente!”, afferma il Papa. “Il dialogo abbatte
i muri delle divisioni e delle incomprensioni; crea ponti di comunicazione e
non consente che alcuno si isoli, rinchiudendosi nel proprio piccolo mondo”.
Esso è “un aspetto molto importante
della misericordia” nonché elemento essenziale per la vita di ciascuno perché
“permette alle persone di conoscersi e di comprendere le esigenze gli uni degli
altri”.
Anzitutto, spiega il Papa, il dialogo
“è un segno di grande rispetto, perché pone le persone in atteggiamento di
ascolto e nella condizione di recepire gli aspetti migliori
dell’interlocutore”. Proprio come accadde con la samaritana e Gesù di cui parla
il Vangelo di oggi.
In secondo luogo, “il dialogo è
espressione di carità”, sottolinea il Santo Padre, “perché, pur non ignorando
le differenze, può aiutare a ricercare e condividere il bene comune”. Inoltre,
“il dialogo ci invita a porci dinanzi all’altro vedendolo come un dono di Dio,
che ci interpella e ci chiede di essere riconosciuto”.
Molte volte, infatti,
“non incontriamo i fratelli, pur vivendo loro accanto, soprattutto quando
facciamo prevalere la nostra posizione su quella dell’altro”. “Quante volte,
quante volte – esclama Bergoglio a braccio – stiamo ascoltando uno e lo
fermiamo: ‘No, questo non è così!’. Lasciamo che lui finisca di spiegare quello
che vuole dire. Questo impedisce il vero dialogo, questa è aggressione…”.
Non si può parlare di dialogo,
dunque, quando non si ascolta abbastanza o quando si tende a interrompere
l’altro “per dimostrare di avere ragione”. Il vero dialogo necessita invece di
“momenti di silenzio, in cui cogliere il dono straordinario della presenza di
Dio nel fratello”, evidenzia Francesco.
È così che si aiuta le persone “a
umanizzare i rapporti e a superare le incomprensioni”. E questo accade nel
rapporto tra marito e moglie, tra genitori e figli, ma anche tra gli insegnanti
e i loro alunni oppure tra dirigenti e operai. Poi c’è il dialogo tra le
religioni, “per scoprire la verità profonda della loro missione in mezzo agli
uomini” e “per contribuire alla costruzione della pace e di una rete di
rispetto e di fraternità”.
Di dialogo “vive anche la Chiesa con
gli uomini e le donne di ogni tempo, per comprendere le necessità che sono nel
cuore di ogni persona e per contribuire alla realizzazione del bene comune”.
“Pensiamo al grande dono del creato e alla responsabilità che tutti abbiamo di
salvaguardare la nostra casa comune: il dialogo su un tema così centrale è un’esigenza
ineludibile”, osserva il Pontefice.
Tutte le forme di dialogo sono
pertanto “espressione della grande esigenza di amore di Dio”, che “a tutti va
incontro e in ognuno pone un seme della sua bontà, perché possa collaborare
alla sua opera creatrice”. Allora “non dimenticate”, raccomanda a braccio
Francesco, “dialogare è ascoltare quello che mi dice l’altro e dire con mitezza
quello che penso io. Se le cose vanno così la famiglia, il quartiere, il posto
di lavoro andranno bene. Ma se io non lascio che l’altro dica tutto quello che
ha nel cuore, incomincio a urlare – oggi si urla tanto – non avrà buon fine
questo rapporto fra noi, non avrà buon fine fra marito e moglie, tra genitori e
figli”.
“Gesù – conclude il Santo Padre – ben
conosceva quello che c’era nel cuore della samaritana; ciononostante non le ha
negato di potersi esprimere ed è entrato poco alla volta nel mistero della sua
vita”. Un insegnamento, questo, che vale anche per noi: “Attraverso il dialogo
– assicura Bergoglio – possiamo far crescere i segni della misericordia di Dio
e renderli strumento di accoglienza e rispetto”.
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