“Vi incoraggio, sostenuti dal magistero di Papa Francesco e dell'Episcopato italiano, a continuare ad animare con il lievito del Vangelo e dei valori cristiani l'ambiente scolastico, per la crescita umana, culturale e spirituale delle nuove generazioni''. Così il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, nell'omelia della Messa celebrata per i 70 anni dell' Aimc, l’Associazione Italiana Maestri Cattolici, a Roma. Questa domenica la conclusione dei lavori e l’apprezzamento per l'impegno dell'Associazione che - dice - “ in un momento per vari aspetti difficile, intende rinnovare con decisione il suo specifico servizio alla formazione degli insegnanti, a beneficio della scuola, delle famiglie e dell'intera società italiana''. Sull’importanza della professione e del ruolo del maestro all’interno della società, importanza spesso sottovalutata, Luca Collodi ha sentito il presidente dell’Aimc, Giuseppe Desideri:
R. - Sì, gli insegnanti vedono ogni giorno davanti a loro il futuro della società e del Paese e quindi hanno un ruolo fondamentale, perché bisogna intercettare i bisogni, le aspettative, e soprattutto bisogna creare speranza. Quindi la scuola ha un ruolo che va molto oltre il mero compito di essere luogo in cui si forma esclusivamente un discorso di conoscenze e abilità nozionistiche; è il luogo dove si costruiscono percorsi e progetti di vita.
D. - Di fatto, l’Italia, è in crisi; ma anche la scuola è in crisi. Quindi, è un’ulteriore conferma di come le due cose vadano insieme …
R. - Decisamente. Si dice che la scuola sia lo specchio della società, quindi non si può pensare che la scuola da sola possa generare un’inversione di tendenza. Per fare questo, bisogna partire sì dalla scuola, ma con l’impegno di tutti i soggetti in campo. Quindi c’è, innanzitutto, l’esigenza che le istituzioni pongano attenzione alla scuola, alla formazione e al futuro delle nuove generazioni, soprattutto ponendola al centro dell’agenda delle priorità. Questo non succede. Purtroppo la politica scolastica, non solo nel nostro Paese, ma dobbiamo dirlo, in tante parti del mondo occidentale, è condizionata oggi dalla politica economica: si dà più peso ad un discorso di bilancio, attivi e passivi, piuttosto che pensare a quello che è il capitale umano che è l’investimento unico e fondamentale di umanizzazione per il nostro futuro.
D. - Voi vi riunite a Roma in convegno, in sostanza, per cercare di salvare la scuola: questo è anche il titolo del vostro convegno …
R. - Sì, è una chiamata all’impegno comune. La scuola si salva esclusivamente se insieme si considera la scuola come una priorità, se insieme si costruiscono percorsi di innovazione, se insieme si considerano le nuove generazioni come la risorsa fondamentale di questo Paese. Noi discuteremo di questo, di come a partire da noi stessi possiamo capire cosa dare come docenti, come dirigenti scolastici, come Associazione professionale cattolica, insieme agli altri, per migliorare la scuola, per far sì che la scuola italiana sia nostra contemporanea. Oggi non è così. Purtroppo, oggi, i ragazzi vivono una distanza molto forte tra quello che è l’esterno, la loro vita quotidiana, e quella che è invece la struttura scolastica.
D. - Cos’è che non funziona nella scuola italiana? Quando voi dite di “salvare la scuola”, come la volete salvare?
R. - Innanzitutto, dobbiamo riportare la scuola all'attenzione di tutti, come dicevamo prima. Ma dobbiamo soprattutto partire da quelli che sono i soggetti della scuola, ovvero gli studenti, i genitori e le famiglie, che hanno un ruolo fondamentale. Purtroppo, questo è uno dei punti dolenti della scuola italiana; siamo fermi a un modello di partecipazione, di condivisione del progetto formativo della scuola da parte delle famiglie, ormai vecchio di oltre 40 anni! Questo non è possibile! Noi dobbiamo coinvolgere di più le famiglie, renderle protagoniste perché sono il primo alleato nell’educazione per la scuola. La famiglia è il luogo deputato all’educazione, la scuola deve essere l’alleato dal punto di vista formativo e di istruzione.