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sabato 31 gennaio 2015

AUGURI, PRESIDENTE MATTARELLA !

Mattarella speranza per tutto il Paese


Il Parlamento ha eletto il nuovo Presidente della Repubblica.
Con una larga maggioranza istituzionale, ha scelto il prof. Sergio Mattarella, testimone trasparente di coerenza democratica, onestà intellettuale e morale, competenza politico-giuridica e grande umanità.
La presidenza nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC), esprime soddisfazione per l’alto incarico affidato a Sergio Mattarella, nella consapevolezza che sarà garante di una politica al servizio del Paese e del bene comune, e formula al neoeletto Capo dello Stato gli auguri più calorosi di tutta l’Associazione, a cui il Presidente Mattarella ha riservato, da sempre, sentimenti di stima e amicizia.


Roma, 31 gennaio 2015

IL PRESIDENTE MATTARELLA relatore in un Convegno AIMC a Palermo (anni 80). Nella foto con l'allora presidente nazionale, Carlo Buzzi, con il Sen. Borghi, con l'allora presidente regionale, Rino La Placa, e mons. Gianni Oliva

BELLEZZA E CORAGGIO - Riflessioni sulla Evangelii Gaudium

Bellezza e coraggio

Don Giulio Cirignano, biblista

Bellezza e coraggio: sono le due connotazioni più evidenti della esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco. La bellezza è immediatamente percepibile nella chiarezza dello stile e nella saporosa corposità del contenuto.
La bellezza, tuttavia, da sola non riesce a scuotere le coscienze.  Lascia soddisfatti ma non spinge al cambiamento. Per questa ragione è quanto mai opportuno indicare la dimensione del coraggio. E’ la dimensione che stupisce, che spinge a farsi pensosi, che mostra i ritardi che spesso caratterizzano il nostro modo di vedere le cose. E’ la dimensione che mette a nudo la nostra estraneità rispetto agli appelli che giungono dai segni dei tempi. Mostra la nostra vecchiezza e, quel che è peggio, la nostra indolenza e presunzione. Solo il coraggio del Papa può fare provare vergogna.

Per questa ragione è opportuno segnalare le affermazioni coraggiose di Papa Francesco. Sono numerose e di varia natura. Devo, in proposito, dichiarare il mio imbarazzo: quando ho iniziato a rileggere il documento da questo punto di vista pensavo di trovare solo qualche sporadica  affermazione qua e là. Mi sono dovuto arrendere: gli spunti di coraggio sono numerosi. Pertanto mi limiterò ad una indicazione rapida e riassuntiva, rinunciando a citare per esteso. Mi troverei a dover riscrivere quasi per intero il documento! Il lettore perdonerà questa carrellata a volo di uccello ma sufficiente per far pensare e svegliare dal sonno quanti non hanno saputo cogliere il vigore di questo messaggio .........

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BELLEZZA E CORAGGIO - Dal cuore del Vangelo

NELLA CRISI DELL'IMPEGNO COMUNITARIO




venerdì 30 gennaio 2015

SAN GIOVANNI BOSCO: duecento anni!

I duecento anni di san Giovanni Bosco

Dire salesiani e dire Don Bosco, in Italia come in tanti paesi del mondo, significa riferirsi ad una realtà che tutti conoscono e che molti hanno vissuto in prima persona: basti pensare all’oratorio, teatro di giochi e di sogni di tanti giovani, alle scuole, ai laboratori professionali, alle molteplici espressioni dell’apostolato che i salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice svolgono a vari livelli nella società, con l’appoggio dei tantissimi loro cooperatori ed ex allievi.
All’origine di tutta quella che possiamo definire una delle più grandi “multinazionali” della Chiesa c’è un santo astigiano venuto al mondo in una famiglia contadina ai Becchi, una frazione di Castelnuovo (oggi Castelnuovo Don Bosco) il 16 agosto 1815. Suo padre, Francesco Bosco, che aveva sposato in seconde nozze Margherita Occhiena, morì quando il piccolo Giovanni aveva due anni, lasciando alla moglie il compito di tirare avanti la famiglia. Le difficoltà non mancavano: tra l’altro, in casa c’era il fratellastro Antonio, il quale era contrario a far studiare il ragazzino nonostante dimostrasse un’intelligenza non comune.
A nove anni, Giovanni fece un sogno che gli svelò la sua missione: si trovò in mezzo a dei ragazzi che bestemmiavano, urlavano e ne facevano di tutti i colori: mentre si avventava contro di loro, menando pugni e calci per farli desistere, vide davanti a sé un uomo dal volto luminosissimo, qualificatosi così: “Io sono il Figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno” e aggiunse: “Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a dare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù”. Poi apparve accanto a lui una donna di aspetto maestoso che, facendogli cenno di avvicinarsi, gli additò una moltitudine di animali: capretti, cani, gatti, orsi e altri, dicendogli: “Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto: e ciò che in questo momento   vedi succedere a questi animali, tu dovrai farlo per i miei figli”. Con sorpresa, il ragazzo notò che gli animali si erano  trasformati in agnelli che correvano festosi verso i due personaggi. La donna gli pose la mano sul capo aggiungendo: “A suo tempo tutto comprenderai”. Per la verità, già da qualche tempo Giovanni si era guadagnato la stima dei coetanei della borgata: la domenica, dopo i Vespri, li riuniva sul prato davanti a casa sua intrattenendoli con giochi vari e con acrobazie che aveva imparato dai saltimbanchi delle fiere; poi ripeteva loro la predica che ......

domenica 25 gennaio 2015

COME ACCOGLIERE LO STRANIERO SECONDO LA BIBBIA

E LA BIBBIA ACCOLSE LO STRANIERO

Una riflessione del cardinale Ravasi sul tema dell’ospitalità nelle Scritture, partendo dai testi che invitano gli ebrei a fare spazio ai forestieri. Il diritto al rispetto
“«Occorre amarlo come se stessi, perché anche Israele ha provato la sua stessa condizione. Vanno assicurati uguale legge, tutela e persino l’amore»

Non è difficile rilevare nella Bibbia, dopo una logica dell’esclusione, una dell’accoglienza, che costituisce l’ambito in cui Dio agisce per portare i figli d’Israele a essergli testimoni tra le genti. Come si è visto, Dio, per educare il suo popolo a non sentirsi un privilegiato, invia profeti, che invitano ad aprire il cuore e le braccia a tutti, e sapienti, che trovano i semi di verità dispersi in tutte le culture. A proposito dell’accoglienza rituale prendiamo ad esempio una pagina cruciale della Bibbia come il Decalogo. Cosa si legge nel comandamento del sabato? Che il riposo sabbatico deve essere praticato anche dal forestiero che dimora presso l’israelita (Es 20,10); anche lui ha diritto al riposo con l’ebreo ...

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venerdì 23 gennaio 2015

INVIDIA . il peggiore tabù!

INVIDIA
Il peggiore dei tabù

Intervista
Parla lo psichiatra Capodieci: «È la più inconfessabile delle emozioni. In un certo senso siamo tutti invidiosi, fa parte della nostra struttura mentale»
Lo studioso ha pubblicato un curioso saggio su re Salomone «Alla base c’è un’insufficiente capacità di discernimento L’umiltà, insegnano le Scritture, è un valido antidoto»

Nessuno tocchi Caino. Perché se fu il primo a esserne accecato, è anche vero che il tarlo dell’invidia, per quanto sia dura ammetterlo, è più vicino di quanto pensiamo. «In un certo senso siamo tutti invidiosi. Fa parte della struttura mentale dell’uomo», spiega Salvatore Capodieci, psichiatra e psicoterapeuta, autore di un curioso saggio su Re Salomone e il fenomeno dell’invidia (Lup, pagine 162, euro 16). Un vademecum per vederci chiaro, visto che l’invidia tende a deformare la realtà offuscandola (dal latino invidere, guardare di traverso, in senso negativo). Difatti avendo usato male i loro occhi in vita Dante per contrappasso ritrae crudamente gli invidiosi con le palpebre cucite da un filo di ferro. E il graffiante G.K.Chesterton ammoniva: «L’uomo che non è invidioso vede le rose più rosse degli altri, l’erba più verde e il sole più abbagliante, mentre l’invidioso le vive con disperazione».

Professore è davvero così difficile non essere invidiosi?
«L’invidia rappresenta un fenomeno diffuso che può riguardare chiunque si trovi in una situazione di confronto con altri. La sua complessità è correlata al fatto che le stesse persone invidiose non sempre ne sono consapevoli e, talvolta, sono le ultime a rendersi conto che il loro atteggiamento può essere attribuito a motivazione legate all’invidia».

Ma da che cosa si riconosce l’invidioso? ......

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martedì 20 gennaio 2015

IL PROGRESSO PER L'UOMO o L'UOMO PER IL PROGRESSO?

C’E’ PROGRESSO E PROGRESSO!

La modernità lo lega alla storia e lo vede in continua crescita.
 Quello autentico è riferito 
al genere umano e alle singole persone
riguardo a tutto ciò che in esse è da rispettare e da promuovere


La nozione di progresso è entrata a far parte del senso comune da un paio di secoli, come frutto della cultura illuministica e, in senso lato, della modernità. Ciò dipende dal fatto che non si tratta di una nozione semplicemente descrittiva, ma che comporta anche un implicito, ma indispensabile giudizio di valore. Ossia, il progresso non è un semplice cambiamento, bensì un cambiamento verso il meglio e quindi implica un incremento di valore. Pertanto un giudizio di progresso dipende dal valore che si prende in considerazione.
Ma c’è di più. L’idea di progresso investe un orizzonte temporale abbastanza vasto, e in certi casi può addirittura riguardare l’intero corso della storia umana, e proprio qui si coglie la profonda svolta rappresentata dalla modernità. La cultura occidentale infatti (come del resto la grande maggioranza delle culture) considerava lo stato iniziale del mondo e dell’umanità come uno stato di perfezione e felicità (mito dell’età dell’oro, mito dell’Eden, e simili) e la storia successiva veniva vista come un’inarrestabile decadenza.
Di qui la tradizionale ammirazione per gli 'antichi' e l’invito periodicamente risorgente a 'tornare alle origini'.
Fin dal Rinascimento, invece, la modernità si presenta con l’orgoglio di essere superiore agli antichi (magari addolcendo il giudizio con l’affermazione che noi vediamo più lontano di loro perché siamo come nani sulle spalle di giganti). Sta di fatto che, da allora, siamo tutti convinti che la storia 'va avanti' non solo nel senso di cambiare, ma anche di progredire. Tutto sommato, questa rimane ancora la mentalità corrente: oggi è diffusa l’idea che il progresso consista nella scoperta o produzione del nuovo, ma si tratta .......
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E' QUESTIONE DI STILE!

Lo stile 

contro 

il “cafonal” dilagante

Brani, citazioni e consigli pratici per «preservare la dignità umana dalla stupidità». Il vademecum di padre Leonardo Sapienza su buona educazione, correttezza dell’agire e del conversare, eleganza dei comportamenti.

Quando si parla di stile, viene in mente una critica letteraria, musicale o artistica per dire che in un testo, in una partitura, in una scultura si scorgono i caratteri di un’epoca, di una tradizione, di una scuola. 
Forse solo di rimbalzo il vocabolo “stile” rimanda a ciò che sembra mancare nel nostro tempo: la signorilità del comportamento, la correttezza dell’agire e del conversare, la sobrietà dei modi. Uno “charme” che appare sempre più raro, soppiantato dal “cafonal”, ossia dalla sguaiataggine e dalla volgarità. Si obietterà: ma l’abito non fa il monaco. 
Eppure sostiene lo scrittore Georges-Louis Leclerc de Buffon di fronte all’Accademia di Francia nel 1752 che «lo stile è l’uomo stesso». E il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer nota: «Lo stile è la fisionomia dello spirito». «Nei nostri comportamenti e nelle nostre azioni .......

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domenica 18 gennaio 2015

PAPA FRANCESCO IN ESTREMO ORIENTE, UN EVENTO CHE LASCIA UN SEGNO


Il viaggio del Papa
 in Estremo Oriente

di don Giulio Cirignano – biblista

Una visita pastorale di grande significato  quella che Papa Francesco sta vivendo  in Oriente, in Sri Lanka e nelle Filippine. Il suo sorriso mi è sembrato più luminoso del solito. Nell’abbraccio dei cristiani di quelle terre lontane il Papa sembrava avesse trovato la sua più vera dimensione. Ma questa è solo una impressione. Più utile può essere cercare di comprendere il senso profondo del viaggio.
            Cosa resterà di tutti gli incontri, le parole, le preghiere? E’ difficile rispondere in maniera adeguata a questa domanda. Chi può valutare le risonanze positive suscitate dalla Spirito nell’animo di chi vive e ascolta quanto viene fatto e detto in questi  incontri eccezionali?
            Ho avuto la fortuna di seguire la conferenza stampa che Papa Francesco ha tenuto sull’aereo nel trasferimento verso le Filippine. Alle numerose domande dei giornalisti ha risposto con quella istintiva capacità di comunicazione che lo ha imposto all’attenzione generale. Mi è piaciuto, in particolare, .......


giovedì 15 gennaio 2015

CHARLIE O NON CHARLIE?


Perché io non sono Charlie


di Giuseppe Savagnone


Ora che l’emozione per la spaventosa  strage di Parigi comincia a lasciare il posto a una più meditata presa di posizione – guai se a subentrare fossero l’oblìo e l’indifferenza! – posso azzardarmi a dire ciò che fin dal primo momento mi ha colpito nei giorni successivi a questa terribile vicenda, senza rischiare (almeno lo spero) fraintendimenti.
La prima cosa è il fatto che, in questa nostra vecchia Europa,  la fede religiosa non è venuta meno, né è stata sostituita del tutto da un cinico utilitarismo, come hanno spesso sostenuto degli osservatori che usavano come unico parametro le religioni tradizionali. 
La reazione unanime di intensa commozione collettiva che, senza eccezioni, ha fatto seguito al massacro dei giornalisti di «Charlie Ebdo», propagandosi nelle case, per le strade, negli uffici, perfino negli stadi di calcio, non parla soltanto di una umana solidarietà per le vittime, ma soprattutto di una fede diffusa e profonda in ciò che esse rappresentavano agli occhi della gente: la libertà. 
La divinità delle Chiese sono tramontate, ma la sete di assoluto che c’è nel cuore umano non ha cessato  di cercare nuovi oggetti di culto, e ne ha trovato almeno uno in cui vale la pena di credere. Le manifestazioni di massa, i cori scanditi, i simboli con scritto «Je suis Charlie», non avevano scopi utilitaristici di alcun genere, erano delle vere e proprie liturgie.
La seconda cosa che mi ha colpito è la forza indiscutibile di questa fede……


Je suis Charlie Hebdo et le Coran - Spunti per una ricostruzione

lunedì 5 gennaio 2015

STRANIERO E MULTICULTURALITA'

Straniero e multiculturalità:
 il dato della Rivelazione

                                                  di Vito MIGNOZZI - Facoltà Teologica Pugliese 

1. Il “caso serio” dello straniero nel tempo della globalizzazione
Il momento storico che viviamo, con i fatti della cronaca e gli scenari nuovi che si vanno delineando anche nel mondo della scuola e delle comunità cristiane, ci porta a pensare che il secolo da poco iniziato sarà il secolo dello straniero per eccellenza. Se, infatti, nelle culture del passato, lo straniero aveva il tratto dell’evento eccezionale e soprattutto traumatico, nel villaggio globale che la tecnica e l’economia vanno instaurando e che noi abitiamo, quella figura diviene sempre più familiare. I tratti che lo identificano, tra l’altro, si presentano ben diversificati perché tra noi non ci sono solo stranieri per turismo, ma soprattutto ci sono gli stranieri per disperazione o, quantomeno, per necessità.
Accanto a loro, in una sorta di somiglianza rispetto alla condizione esistenziale dei primi, c’è pure colui che oggi vive questo tempo in una condizione di estraneità nei confronti di se stesso, abitato da un sentimento di spaesamento dell’io nei confronti del suo sé. Quest’ultimo tratto «è la trascrizione psicologica della disidentificazione dell’io con la cultura o con le culture di appartenenza e l’affermazione su di esse della sua alterità e trascendenza»1. Si tratta di quel fenomeno che la postmodernità ci ha recato, espresso nella negazione della ragione universale e nell’esplosione delle ragioni individuali che, mentre potenziano il narcisismo dell’io, creano al contempo sentimenti di grande estraneità. In quel prezioso libretto dal titolo La società dell’incertezza, Bauman pone insieme, quasi specularmente, la condizione degli stranieri oggi con la condizione dell’estraneità dell’uomo. Egli afferma: «Ora gli stranieri sono mal definiti e proteiformi; proprio come l’identità personale che ha fondamenta fragili, instabili, volubili. L’ipséité, quella differenza che separa il sé dal non-io, il “noi” da “loro”, non è più fornita dalla struttura precostituita del mondo, né da un ordine impartito dall’alto. Deve essere costruita e ricostruita, e costruita ancora e ricostruita di nuovo, in entrambe le dimensioni nel medesimo tempo, poiché nessuna può vantare una durata o una “stabilità definita” maggiore dell’altra. Gli stranieri di oggi sono i “prodotti”, ma anche “i mezzi di produzione”, dell’incessante e mai definitivo processo di costruzione dell’identità»2.
Di fronte ad un panorama che si va delineando con questi tratti e queste tinte, si fa urgente un nuovo pensiero che accolga la sfida e la novità avanzate dalla figura dello straniero ......

sabato 3 gennaio 2015

NIENTE POTRÀ' PIÙ' ESSERE COME PRIMA - GRAZIE, PAPA FRANCESCO

A proposito di
 Papa Francesco

NO,  NIENTE POTRÀ’ 
PIÙ’ ESSERE COME PRIMA

 di don Giulio Cirignano -  biblista



Ho aderito con  gioia all'appello ”fermiamo gli attacchi a Papa Francesco”. In questi mesi, peraltro, non abbiamo perso occasioni per  manifestare l’ entusiasmo per quello che abbiamo da subito compreso come uno straordinario dono dello Spirito.

 Certi atteggiamenti e dichiarazioni suscitano  profonda irritazione. Ma a questo punto dobbiamo dire con forza che neppure un grammo di energia deve essere sprecato in atteggiamento di polemica. Guai a lasciarsi trascinare su questo terreno. Chi non ha compreso la confortante novità che il Signore ha preparato per la sua Chiesa viva tranquillamente i suoi tormenti. E’ un problema suo. Papa Francesco ci ha educato alla comprensione e alla pazienza. Anche in suo onore abbiamo il dovere di rispondere con cuore evangelico anche a ciò che  appare assolutamente incomprensibile.

Piuttosto sentiamo la necessità di impiegare ogni mezzo e forza per ringraziare il Signore e, in Lui, nutrire sentimenti di gioiosa gratitudine per quanto Papa Francesco ci ha già donato. Questo è il modo migliore per alleggerire la sua solitudine.

Sono personalmente convinto che per misteriosa fantasia dello Spirito solo un impasto formidabile tra Papa Giovanni e Paolo Sesto poteva rimettere in circolo, nel corpo ecclesiale, un così grande impulso di speranza ......

venerdì 2 gennaio 2015

NUOVE PAROLE PER IL NUOVO ANNO

UN NUOVO DIZIONARIO PER IL 2015

Futuro, prossimo, mitezza, fiducia: per Giacomo Poretti sono queste le quattro parole che devono guidarci nel nuovo anno. Anche a costo di buttar via ogni vecchio vocabolario...
Futuro, anche se nessuno sembra crederci più e impera il gerundio del «mi sto deprimendo» 
Prossimo, perché senza gli altri (dentista compreso) la vita sarebbe un inferno 
Mitezza, perché di aggressività ne abbiamo vista fin troppa nel 2014.
 E infine fiducia, prima di tutto in noi stessi
  
Quando un anno si è fatto anziano e sta per essere collocato nella casa di riposo della storia, ci si rivolge al giovine che avanza con preghiere, suppliche e desideri. Io ho pensato di chiedere in regalo al nuovo anno che verrà delle parole. .......

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