Ora che l’emozione per la spaventosa strage di Parigi comincia a lasciare il posto
a una più meditata presa di posizione – guai se a subentrare fossero l’oblìo e
l’indifferenza! – posso azzardarmi a dire ciò che fin dal primo momento mi ha
colpito nei giorni successivi a questa terribile vicenda, senza rischiare
(almeno lo spero) fraintendimenti.
La prima cosa è il fatto che, in questa nostra vecchia
Europa, la fede religiosa non è venuta
meno, né è stata sostituita del tutto da un cinico utilitarismo, come hanno
spesso sostenuto degli osservatori che usavano come unico parametro le
religioni tradizionali.
La reazione unanime di intensa commozione collettiva
che, senza eccezioni, ha fatto seguito al massacro dei giornalisti di «Charlie
Ebdo», propagandosi nelle case, per le strade, negli uffici, perfino negli
stadi di calcio, non parla soltanto di una umana solidarietà per le vittime, ma
soprattutto di una fede diffusa e profonda in ciò che esse rappresentavano agli
occhi della gente: la libertà.
La divinità delle Chiese sono tramontate, ma la
sete di assoluto che c’è nel cuore umano non ha cessato di cercare nuovi oggetti di culto, e ne ha
trovato almeno uno in cui vale la pena di credere. Le manifestazioni di massa,
i cori scanditi, i simboli con scritto «Je suis Charlie», non avevano scopi
utilitaristici di alcun genere, erano delle vere e proprie liturgie.
La seconda cosa che mi ha colpito è la forza indiscutibile di
questa fede……
Nessun commento:
Posta un commento