La consapevolezza di essere oggi sulla cuspide di una rivoluzione epocale e
non congiunturale, la percezione della nostra pressoché totale inadeguatezza a
conoscere e comprendere gli immani orizzonti nuovi che il progresso della
tecnologia dischiude, l’ingestibilità evidente dei meandri complessi ed elitari
dell’era digitale, provocano nell’uomo “ordinario” oggi un senso di spaesamento,
di disagio, la sensazione di trovarsi in un mondo che rischia di diventargli
sempre più estraneo e che non capisce più.
I trapassi epocali sono
permanentemente accompagnati da un forte senso di incertezza che si acuisce
soprattutto quando, ed è il caso del momento attuale, i processi conoscono
accelerazioni spaventose per cui quando ci sembra di aver capito qualcosa, la
nostra percezione del reale e della rivoluzione tecnologica è già obsoleta;
basti l’esempio della rete: ci stiamo appena abituando al web interattivo (il
cosiddetto web 2.0) che siamo già entrati nel web 3, quello semantico. Il senso
di ingestibilità dei processi, il loro non essere alla portata della maggior
parte delle persone, la fluttuazione degli stessi processi e i loro repentini
cambiamenti creano incertezza (non si sa più su che cosa basarci e appoggiarci),
smarrimento ed anche la paura del futuro che rimane in radice un “futuro
ignoto”.
Ebbene il libro del prof. Philip Larrey, docente presso la Facoltà di
Filosofia dell’Università Lateranense e studioso di logica e del pensiero
analitico nordamericano, costituisce un prezioso strumento in cui tutti coloro
che desiderano capire di più la rivoluzione in atto e sentirsi più partecipi
delle dinamiche che la definiscono, dei presupposti sottesi, delle potenzialità
e dei rischi connessi al nostro tempo, troveranno indicazioni provenienti da
chi, potremmo dire, ha le mani in pasta e vive in prima persona con il suo
lavoro quello che realmente sta accadendo oggi.
Il volume raccoglie quattordici interviste realizzate dall’autore con
altrettante figure che rivestono un ruolo significativo nei diversi settori
disciplinari interessati dalla rivoluzione tecnologica e digitale. Come si potrà
notare considerando le tematiche, tutti gli aspetti della vita e della società
sono profondamente interessati e coinvolti. Di primo acchito quando pensiamo
alla tecnologia pensiamo subito a settori come l’ingegneria, l’informatica, le
comunicazioni. Un po’ meno pensiamo a settori come la medicina, il mondo
militare o addirittura a discipline come la filosofia e la pedagogia. Invece non
c’è ambito che possa sottrarsi all’influsso profondo della rivoluzione odierna,
tanto da cambiarne assetti e da farne ripensare l’identità. Proprio perché a
parlare sono persone che conoscono il presente, nei diversi interventi anzitutto
si rifugge da un atteggiamento ingenuo, quello che ci spinge ad esser o
apocalittici (e dunque a vedere solo rischi sproporzionati ai benefici) o
integrati (e dunque incapaci di discernere e ammettere le problematicità), per
calarci invece nei fenomeni onde coglierne le dinamiche più profonde, oltre
quello che si vede e che è immediatamente fruibile.
Ci sono elementi davvero
complessi che pongono questioni etiche ed epistemologiche sull’identità
dell’uomo, sulla natura del bene, su che cosa sia giusto fare o da evitare.
Pensiamo al discorso della genetica, dell’intelligenza artificiale, al rapporto
uomo-macchina e naturale-artificiale. Se è vero che le macchine parlano di noi,
non sarà anche possibile che le macchine parlino a noi riuscendo persino meglio
di noi nella semantica oltre che nella sintattica (cf l’esempio della stanza
cinese di Searle)? Pensiamo all’utilizzo delle macchine e del loro potenziale in
ambito medico (dalle strumentazioni sempre più complesse per diagnosi con
ridotto margine di errore, alle nanotecnologie, alla terapia genica, alle
staminali ecc) o in ambito militare; è il caso dei droni che se aiuteranno le
consegne di Amazon – come sta già accadendo – pongono anche seri problemi quando
usati in ambito militare, visto che la macchina non è chiamata solo ad eseguire
manovre ma deve anche prendere decisioni. Certo, nonostante i rischi la
rivoluzione tecnologica ha reso migliore la nostra vita, basti pensare
all’industria, all’agricoltura: macchine nuove aumentano la produttività e
cambiano il modo di lavorare, per non parlare della genetica applicata alle
produzioni.
Ovviamente è importante un approccio realista e non a caso l’autore nella sua
introduzione invita a superare il modo mitico di pensare le macchine autonome,
come quando si ritiene che essendo le tecnologie fatte dagli uomini questi
saranno sempre loro superiori, o l’idea che la pericolosità di una macchina si
possa risolverla semplicemente spegnendola, o che le macchine autonome non
potranno mai guardare all’essere umano come un nemico, o l’insostituibilità
degli uomini nel loro lavoro. Su quest’ultimo aspetto tutti gli esperti
concordano che le macchine potranno assumere i ruoli degli uomini ma mai rendere
gli uomini inutili.
Le visioni fantascientifiche di film come I Robot, AI,
Il tagliaerbe, il recente Her, attestano un fondo di verità
che in parte è già realtà. Non resta quindi che entrare in queste diverse
regioni del sapere e della vita presentate da esperti: industria (G. Gavioli),
comunicazioni sociali (F. Gaudenzi), militare (M. Ludovisi), fisica teorica (C.
Bini) e applicata (M. Morichi), filosofia (G. Basti) e pedagogia (F. Marcacci),
paesi in via di sviluppo (C. Atuire), IT aziendale (S. Fulton), informatica in
Italia (C. Bianchi), sviluppo software (M. Canzano), sistemi di sicurezza (F.
Ramondino), endocrinologia (W. Wiermann) e chirurgia (R. Olmi).
Leggendo il testo ci faremo un’immagine più realistica del presente con la
sua complessità e un’idea del futuro che sembrerà ancora incerto ma forse meno
ignoto.
Ph. Larrey, Futuro ignoto. Conversazioni sulla nuova era digitale,
IF Press, Roma 2014, 296pp.
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