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mercoledì 31 dicembre 2014

GIORNATA MONDIALE DELLA PACE - PRIMO GENNAIO 2014

NON SCHIAVI MA FRATELLI – GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

3482f-papafrancescosorrideNO LONGER SLAVES, BUT BROTHERS AND SISTERS – NO ESCLAVOS, SINO HERMANOS – NICHT MEHR KNECHTE, SONDERN BRÜDER – NON PLUS ESCLAVES, MAIS FRÈRES – NON PIÚ SCHIAVI, MA FRATELLI

” ….. In questa prospettiva, desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà……. “

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

lunedì 29 dicembre 2014

L'ARTE DELLA MANUTENZIONE

Si cerca sempre il manutentore di turno, ma non si trova. Similmente succede per la pulizia e il decoro pubblico: interessa maggiormente la pulizia straordinaria e non l’arte del tenere sempre pulito e di rimettere subito a posto ciò che è in disordine o danneggiato. 
La stessa manutenzione personale spesso è carente..........


L’ARTE DELLA MANUTENZIONE

Giovanni Perrone

Una vecchia bicicletta stava per essere rottamata, era mal ridotta. Un giovane la vide: “Perché non ridarle nuova vita?” si disse. La chiese in dono al meravigliato proprietario, la portò nel suo laboratorio e con pazienza e competenza le diede nuova vita. Quel giovane era un artista!
Ricordi d’infanzia: C’erano delle consuetudini che  mio padre aveva a cuore, quali la periodica manutenzione e riparazione di arredi od oggetti domestici. Erano dei “riti” ai quali – sin dall’infanzia – ero abituato, non solo io. Era un’abitudine diffusa anche in casa dei miei compagni. Dapprima, ancora bambino, ero un curioso osservatore e semplice aiutante, più avanti divenni protagonista. Occorreva, con pazienza ed attenzione, montare e rimontare, cambiare qualche pezzo usurato, pulire, ingrassare, verniciare ecc.. “Bisogna avere occhi aperti e provvedere alle riparazioni per evitare di intervenire quando è troppo tardi -  amava dire mio padre - In tal modo tutto funziona bene e si risparmia denaro che potremo utilizzare per altre necessità”. Parimenti avveniva a scuola. C’erano qualche vite da avvitare nei banchi, qualche carta geografica da riparare, le cerniere delle porte cigolanti da lubrificare. La maestra ci invitava a darci da fare e ci orientava, quando necessario con l’aiuto del bidello che, per noi piccoli scolari, era “maestro d’arte”, capace di far tutto. In classe tenevamo una scatola di attrezzi, portati da noi stessi, per curare le piccole manutenzioni. E lo facevamo con gioia!
Pian piano apprendevamo l’arte della manutenzione. 

Ora i tempi son cambiati ...... 

   Leggi:  L'ARTE DELLA MANUTENZIONE

FUTURO IGNOTO - Conversazioni sull'era digitale

"Futuro ignoto. 
Conversazioni sulla nuova era digitale"
Pubblicato il nuovo libro di Philip Larrey, docente di Filosofia della conoscenza presso la Pontificia Università Lateranense
di Antonio Sabetta

(Zenit.org) - 
La consapevolezza di essere oggi sulla cuspide di una rivoluzione epocale e non congiunturale, la percezione della nostra pressoché totale inadeguatezza a conoscere e comprendere gli immani orizzonti nuovi che il progresso della tecnologia dischiude, l’ingestibilità evidente dei meandri complessi ed elitari dell’era digitale, provocano nell’uomo “ordinario” oggi un senso di spaesamento, di disagio, la sensazione di trovarsi in un mondo che rischia di diventargli sempre più estraneo e che non capisce più. 
I trapassi epocali sono permanentemente accompagnati da un forte senso di incertezza che si acuisce soprattutto quando, ed è il caso del momento attuale, i processi conoscono accelerazioni spaventose per cui quando ci sembra di aver capito qualcosa, la nostra percezione del reale e della rivoluzione tecnologica è già obsoleta; basti l’esempio della rete: ci stiamo appena abituando al web interattivo (il cosiddetto web 2.0) che siamo già entrati nel web 3, quello semantico. Il senso di ingestibilità dei processi, il loro non essere alla portata della maggior parte delle persone, la fluttuazione degli stessi processi e i loro repentini cambiamenti creano incertezza (non si sa più su che cosa basarci e appoggiarci), smarrimento ed anche la paura del futuro che rimane in radice un “futuro ignoto”. 
Ebbene il libro del prof. Philip Larrey, docente presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Lateranense e studioso di logica e del pensiero analitico nordamericano, costituisce un prezioso strumento in cui tutti coloro che desiderano capire di più la rivoluzione in atto e sentirsi più partecipi delle dinamiche che la definiscono, dei presupposti sottesi, delle potenzialità e dei rischi connessi al nostro tempo, troveranno indicazioni provenienti da chi, potremmo dire, ha le mani in pasta e vive in prima persona con il suo lavoro quello che realmente sta accadendo oggi.
Il volume raccoglie quattordici interviste realizzate dall’autore con altrettante figure che rivestono un ruolo significativo nei diversi settori disciplinari interessati dalla rivoluzione tecnologica e digitale. Come si potrà notare considerando le tematiche, tutti gli aspetti della vita e della società sono profondamente interessati e coinvolti. Di primo acchito quando pensiamo alla tecnologia pensiamo subito a settori come l’ingegneria, l’informatica, le comunicazioni. Un po’ meno pensiamo a settori come la medicina, il mondo militare o addirittura a discipline come la filosofia e la pedagogia. Invece non c’è ambito che possa sottrarsi all’influsso profondo della rivoluzione odierna, tanto da cambiarne assetti e da farne ripensare l’identità. Proprio perché a parlare sono persone che conoscono il presente, nei diversi interventi anzitutto si rifugge da un atteggiamento ingenuo, quello che ci spinge ad esser o apocalittici (e dunque a vedere solo rischi sproporzionati ai benefici) o integrati (e dunque incapaci di discernere e ammettere le problematicità), per calarci invece nei fenomeni onde coglierne le dinamiche più profonde, oltre quello che si vede e che è immediatamente fruibile. 
Ci sono elementi davvero complessi che pongono questioni etiche ed epistemologiche sull’identità dell’uomo, sulla natura del bene, su che cosa sia giusto fare o da evitare. Pensiamo al discorso della genetica, dell’intelligenza artificiale, al rapporto uomo-macchina e naturale-artificiale. Se è vero che le macchine parlano di noi, non sarà anche possibile che le macchine parlino a noi riuscendo persino meglio di noi nella semantica oltre che nella sintattica (cf l’esempio della stanza cinese di Searle)? Pensiamo all’utilizzo delle macchine e del loro potenziale in ambito medico (dalle strumentazioni sempre più complesse per diagnosi con ridotto margine di errore, alle nanotecnologie, alla terapia genica, alle staminali ecc) o in ambito militare; è il caso dei droni che se aiuteranno le consegne di Amazon – come sta già accadendo – pongono anche seri problemi quando usati in ambito militare, visto che la macchina non è chiamata solo ad eseguire manovre ma deve anche prendere decisioni. Certo, nonostante i rischi la rivoluzione tecnologica ha reso migliore la nostra vita, basti pensare all’industria, all’agricoltura: macchine nuove aumentano la produttività e cambiano il modo di lavorare, per non parlare della genetica applicata alle produzioni.
Ovviamente è importante un approccio realista e non a caso l’autore nella sua introduzione invita a superare il modo mitico di pensare le macchine autonome, come quando si ritiene che essendo le tecnologie fatte dagli uomini questi saranno sempre loro superiori, o l’idea che la pericolosità di una macchina si possa risolverla semplicemente spegnendola, o che le macchine autonome non potranno mai guardare all’essere umano come un nemico, o l’insostituibilità degli uomini nel loro lavoro. Su quest’ultimo aspetto tutti gli esperti concordano che le macchine potranno assumere i ruoli degli uomini ma mai rendere gli uomini inutili.
Le visioni fantascientifiche di film come I Robot, AI, Il tagliaerbe, il recente Her, attestano un fondo di verità che in parte è già realtà. Non resta quindi che entrare in queste diverse regioni del sapere e della vita presentate da esperti: industria (G. Gavioli), comunicazioni sociali (F. Gaudenzi), militare (M. Ludovisi), fisica teorica (C. Bini) e applicata (M. Morichi), filosofia (G. Basti) e pedagogia (F. Marcacci), paesi in via di sviluppo (C. Atuire), IT aziendale (S. Fulton), informatica in Italia (C. Bianchi), sviluppo software (M. Canzano), sistemi di sicurezza (F. Ramondino), endocrinologia (W. Wiermann) e chirurgia (R. Olmi).
Leggendo il testo ci faremo un’immagine più realistica del presente con la sua complessità e un’idea del futuro che sembrerà ancora incerto ma forse meno ignoto.
Ph. Larrey, Futuro ignoto. Conversazioni sulla nuova era digitale, IF Press, Roma 2014, 296pp.
Per ordinare il libro si può cliccare qui.

giovedì 11 dicembre 2014

PERICOLO! ALCOL, FUMO E AZZARDO IN CRESCITA NEI RAGAZZI E NEI GIOVANI


Boom di alcol, fumo e azzardo tra i giovani


Fumano, bevono alcolici, "giocano" (d'azzardo), guardano pornografia. Il quadro dei giovanissimi italiani è allarmante: troppe cattive abitudini e adulti complici e permissivi. È l'emergenza educativa fotografata dall'indagine promossa dal Moige con l'Università Sapienza "I divieti trasgrediti dai nostri figli" presentata questo al Senato. La ricerca, curata da Anna Maria Giannini, docente della facoltà di Psicologia dell'Università "Sapienza" di Roma, analizza i principali comportamenti "a rischio" tra i minori. Il consumo di bevande alcoliche, si legge nel rapporto, è un fenomeno largamente diffuso tra i giovani: 2 su 3 dichiarano di aver bevuto almeno una volta. La percentuale arriva all'86,5% tra gli studenti di scuola superiore e, tra questi, 1 su 2 afferma di bere "abitualmente" o perlomeno "in diverse occasioni". .....


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martedì 9 dicembre 2014

CHI HA PAURA DEL PRESEPE?

Chi è infastidito dal presepe? Una riflessione sul caso di Bergamo
Per essere "aperto e dialogante",
 bisogna essere per forza intollerante?


(Zenit.org) - Si avvicinano le vacanze natalizie e come ogni anno non mancano polemiche su quelle scuole nelle quali è impedito l’allestimento dei presepi. Le ultime notizie su questo tema giungono da Bergamo, dove il dirigente scolastico di un Istituto Comprensivo non ha nei fatti permesso la presenza di presepi nei locali dell’istituto.
Da quello che è dato capire, il dirigente ha agito di propria iniziativa, a suo dire in accordo con il Collegio dei docenti, e non a seguito delle lamentele di genitori di alunni stranieri. Ci sembra opportuno evidenziare questo fatto, perché a nostro avviso il problema non riguarda la convivenza fra italiani e stranieri, ma il modo di intendere l’integrazione, la reciprocità e la laicità di alcuni nostri concittadini che occupano posti di rilievo nella società.
In un comunicato del dirigente scolastico, apparso sul sito della scuola, si può leggere: “La nostra comunità, quella scolastica, si avvale dell’apporto di culture, pensieri, idee, atteggiamenti, storie, tradizioni che provengono dalla complessità di un mondo aperto e dialogante”.
Ci si può legittimamente chiedere: come mai in questa comunità scolastica, specchio di un mondo aperto e dialogante, non ci sia spazio per la cultura, i pensieri, le idee, gli atteggiamenti, le storie e legate all’avvenimento cristiano al quale si richiamano non pochi alunni che la frequentano?
Inoltre, il presepe, realizzato per la prima volta dall’italianissimo Francesco di Assisi, è un’espressione tipica dell’arte e della creatività del nostro popolo: perché tutto ciò non può trovare posto accanto alle altre tradizioni e culture dei bambini di altri paesi?
Scrive ancora il dirigente: “Tutto ciò che attiene alla vita delle persone, alla loro cultura, al loro immaginario, si incontra nella scuola, ambiente che diventa crocevia di esperienze e narrazioni le più diverse e che gli insegnanti sapientemente mettono a confronto perché l’esperienza di uno diventi patrimonio dell’altro“. Ma come riesce a trovare attuazione tutto ciò, se a una parte di alunni viene impedito di presentare quello che è un tratto caratteristico della propria cultura?
Tutti i nodi vengono al pettine quando il dirigente afferma: “Cerchiamo di pensare per potenzialità, cosa impossibile se cominciamo ad assumere i limiti delle appartenenze religiose”. Nella sua visione dunque, le diverse appartenenza religiose non sono tasselli che vanno a costruire un puzzle variopinto e plurale, ma limiti che di fatto vanno ignorati e annullati. Ma allora tutto quel discorso sull’apertura e sul dialogo non si va a fare benedire?
Infine, secondo il dirigente “non possiamo assumere l’impegno di celebrare ricorrenze religiose, perché questo va oltre il nostro compito”. Ma allora dovremmo abolire anche le vacanze natalizie e su questo punto non diciamo nulla, magari sarebbe interessante chiedere cosa ne pensano gli alunni, cristiani e non! Battute a parte, pensiamo che oscurare i simboli e le espressioni culturali di un popolo non sia mai un segno di civiltà, perché la convivenza civile si costruisce attraverso la reciprocità.
Concludiamo dicendo che, contrariamente alle intenzioni inclusive del preside, la scelta di non allestire il presepe non favorisce l’integrazione, perché agli alunni stranieri è tolta la possibilità di conoscere gli usi e i costumi dei loro compagni italiani.
                                                                             Nicola Rossetti
Fonte: Ancora online

sabato 6 dicembre 2014

RAPPORTO CENSIS :UNA SOCIETA' SCIAPA IN CERCA DI CONNETTIVITA'

8° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2014

Giunto alla 48ª edizione, il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese nella difficile congiuntura che stiamo attraversando. 
Le Considerazioni generali introducono il Rapporto sottolineando come il Paese viva una profonda crisi della cultura sistemica: nella «società delle sette giare», i poteri sovranazionali, la politica nazionale, le sedi istituzionali, le minoranze vitali, la gente del quotidiano, il sommerso e la comunicazione appaiono come mondi non comunicanti, che vivono di se stessi e in se stessi.
Nella seconda parte,«La società italiana al 2014», vengono affrontati i temi di maggiore interesse emersi nel corso dell'anno, descrivendo una società satura dal capitale inagito, la solitudine dei soggetti, i punti di forza e di debolezza dell'Italia fuori dall'Italia. 
Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza.




RISCOPRIRE LA SOBRIETA'

L'antidoto
 a una 
società 
senza desideri 
è 
"riscoprire l'antica sobrietà"

Durante il convegno organizzato da Cism e Usmi 'Con papa Francesco verso le periferie della storia', Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha tracciato un profilo della società odierna

 (Zenit.org) - “Siamo di fronte ad una complessiva caduta delle aspettative, più drammatica delle sacche di povertà, che sono controllabili”. Lo spiega nel suo intervento “Speranza e prospettive oltre la crisi” al convegno promosso da CISM e USMI, Con papa Francesco verso le periferie della storia, il dott. Giuseppe De Rita, presidente del Censis.  “Una società che non ha aspettative si siede, rinuncia a sperare ed è più pericolosa di un gruppo di famiglie che non arriva a fine mese. Milioni di persone non si muovono. Mettono da parte i soldi, spesso anche contanti". Analogo il comportamento delle imprese, che “restano liquide e non fanno investimenti”.  “L’ imprenditore italiano è invecchiato - ha aggiunto De Rita -. Ha sessant'anni di media ma soprattutto non ha mercato. Solo un terzo esporta, lavora e vive all'estero, andando incontro ad un mercato che cresce”.
Da qui emerge il profilo di una società statica - “più preoccupante di una depressione” - che chiama la deflazione: dei figli, degli acquisti… Una mancanza di aspettative che determina una società con tutti  i vizi ”perché antropologicamente difficile, piena di narcisismi, egoismi, cinismo, che comunica a se stessa con selfietwitterfacebook”.
Il rapporto con l'altro deve tener presente questa situazione per innescare crescita e dialogo comune. Una società del genere nasce perché mancano desideri e per eccesso di benessere:  “non si desiderano case, vestiti, figli, è diminuito anche il desiderio sessuale. Tutto ciò ha origine da un cambiamento antropologico – sottolinea ancora De Rita - comunichiamo il nulla, tra esaltazione dell’evento - che rende impossibile comprendere la società o qualcosa di se stessi - ed egocentrismo di chi lo vive, massificante, evirante, che brucia desideri, speranze , aspettative e genera disagio”.
In sintesi, “ siamo affidati economicamente al mercato e socialmente a noi stessi. Ma - ricorda  - mercato e meccanismo individuale generano diseguaglianze frutto del capitalismo maturo che producono rabbia e tensioni sociali. Non è la povertà di indigenza che ci aspetta ma l'aumento delle tensioni”.
E la speranza?  “Dal punto di vista sociologico va usata il meno possibile perché non ha una consistenza reale. Il rapporto tra desiderio e speranza è interconnesso. Speranza è orizzonte, progressione verso, cultura di sviluppo, qualcosa di sovrannaturale, viene dal profondo. È necessario - conclude - riportare la società all'antica sobrietà e dirlo non al singolo ma alla comunità”.

Tratto da Zenit – www.zenit.org

LE VIRTU' DEL VIRTUALE

Insegnare a grandi e piccini come navigare sul web con prudenza, fortezza, speranza... 

Parla il pedagogista Rivoltella



Nel digitale virtualmente. Esercitando le virtù. Possibile? Di più: doveroso. Ma come si coltiva la speranza nel web? Cosa significa essere prudenti? E come si può esercitare la fortezza o vivere la carità?
Sono le domande alla base del nuovo progetto dell’Università Cattolica, «Virtùalmente», una proposta che l’Istituto Toniolo di Studi superiori rivolge agli insegnanti, ai genitori, ai catechisti... a tutti gli adulti interessati a comprendere come sia possibile declinare al digitale le sette virtù della tradizione. Una proposta che si concretizza in un corso e in un concorso. Il primo rivolto agli adulti, il secondo anche – e soprattutto – agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari alle superiori. .....

Leggi: LE SETTE VIRTU' DEL VIRTUALE

RISCOPRIRE L'AVVENTO

Per John Henry Newman il nome del cristiano è “colui che attende il Signore”. Invece dobbiamo riconoscerlo: da secoli, in occidente, l’attesa della venuta del Signore è una dimensione perlopiù assente nella vita di fede dei cristiani. Era il rammarico di Ignazio Silone che scriveva: “Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l’arrivo dell’autobus”....

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QUALE BUONA SCUOLA?

AIMC FIRENZE

La Professione Docente ne La Buona Scuola:
le buone intenzioni,le soluzioni da cambiare

Cosa dice il testo governativo
           
            Con il documento La buona scuola il governo rivendica al potere legislativo la definizione di uno stato giuridico della professione docente che ne individui i compiti e le competenze. Tratteggia inoltre un sistema di valutazione della prestazione professionale fondato sulla misurazione di tre tipologie di crediti: i crediti aggiuntivi -cioè  gli incarichi di responsabilità assunti dai docenti nell'istituzione scolastica-, i crediti formativi – derivanti dai titoli dei corsi di formazione acquisiti -, i crediti didattici risultanti dalla verifica della qualità dell'insegnamento. Sulla valutazione di questi tre crediti viene ipotizzato un sistema di premialità meritocratica , con una gratifica che riguarderebbe il 66% del personale insegnante di una scuola.
Vediamo con favore la volontà di definire uno stato giuridico della professione docente che riconosca la formazione, l'assunzione di incarichi di responsabilità e la qualità della docenza  ma con decisa preoccupazione invece il sistema premiale ipotizzato. Vediamone nel dettaglio le ragioni.

Lo Stato giuridico: una soluzione per la specificità della professione docente

            Esiste una specificità della professione docente rispetto agli altri impieghi pubblici e privati  che richiede sia regolata con un apposito stato giuridico.  Tale specificità è stata , come noto, definita dalla nostra Carta Costituzionale. Che l'ha individuata nello stesso fine della professione , la crescita della persona come bene universale, assegnandole anche un   mezzo specifico per promuoverla, la libertà di insegnamento..In questo contesto, la fisionomia della funzione docente  in quanto indirizzata a perseguire un bene comune  va protetta,insieme al diritto all'apprendimento,  mediante una sintesi legislativa condivisa,non può essere descritta solo da un contratto tra le parti (forze sociali e governo di turno), né risultare dall'azione  muscolare della  maggioranza governativa del momento. .....

giovedì 4 dicembre 2014

IN CAMMINO VERSO IL DOMANI

PASSATO
PRESENTE, 

FUTURO

con l'aiuto di Dio

dalla
LETTERA APOSTOLICA DI PAPA FRANCESCO  
21 nov. 2014




Guardate il passato con gratitudine. Raccontare la propria storia è indispensabile per tenere viva l’identità.

Vivete il presente con passione significa diventare “esperti di comunione”, «testimoni e artefici di quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia dell’uomo secondo Dio».

Abbracciate il futuro con speranza.

Scrutate gli orizzonti della vostra vita e dell’attuale momento  con discernimento e vigilanza.

Continuiamo e riprendiamo sempre il nostro cammino con la fiducia nel Signore.