Chi è infastidito dal presepe? Una riflessione sul caso di Bergamo
Per essere "aperto e dialogante",
bisogna essere per forza intollerante?
(Zenit.org)
- Si avvicinano le vacanze natalizie e come ogni anno non mancano polemiche su
quelle scuole nelle quali è impedito l’allestimento dei presepi. Le ultime
notizie su questo tema giungono da Bergamo, dove il dirigente scolastico di un Istituto Comprensivo non ha nei fatti permesso la presenza di
presepi nei locali dell’istituto.
Da quello che è dato capire, il dirigente ha agito di propria iniziativa, a suo
dire in accordo con il Collegio dei docenti, e non a seguito delle lamentele di genitori
di alunni stranieri. Ci sembra opportuno evidenziare questo fatto, perché a
nostro avviso il problema non riguarda la convivenza fra italiani e stranieri,
ma il modo di intendere l’integrazione, la reciprocità e la laicità di alcuni
nostri concittadini che occupano posti di rilievo nella società.
In un comunicato del dirigente scolastico, apparso sul
sito della scuola, si può leggere: “La nostra comunità, quella scolastica, si
avvale dell’apporto di culture, pensieri, idee, atteggiamenti, storie,
tradizioni che provengono dalla complessità di un mondo aperto e
dialogante”.
Ci si può legittimamente chiedere: come mai in questa comunità scolastica,
specchio di un mondo aperto e dialogante, non ci sia spazio per la
cultura, i pensieri, le idee, gli atteggiamenti, le storie e legate
all’avvenimento cristiano al quale si richiamano non pochi alunni che la
frequentano?
Inoltre, il presepe, realizzato per la prima volta dall’italianissimo
Francesco di Assisi, è un’espressione tipica dell’arte e della creatività del
nostro popolo: perché tutto ciò non può trovare posto accanto alle
altre tradizioni e culture dei bambini di altri paesi?
Scrive ancora il dirigente: “Tutto ciò che attiene alla vita delle persone,
alla loro cultura, al loro immaginario, si incontra nella scuola, ambiente che
diventa crocevia di esperienze e narrazioni le più diverse e che gli insegnanti
sapientemente mettono a confronto perché l’esperienza di uno diventi
patrimonio dell’altro“. Ma come riesce a trovare attuazione tutto ciò, se a
una parte di alunni viene impedito di presentare quello che è un tratto
caratteristico della propria cultura?
Tutti i nodi vengono al pettine quando il dirigente afferma: “Cerchiamo di
pensare per potenzialità, cosa impossibile se cominciamo ad assumere
i limiti delle appartenenze religiose”. Nella sua visione dunque, le
diverse appartenenza religiose non sono tasselli che vanno a costruire un puzzle
variopinto e plurale, ma limiti che di fatto vanno ignorati e annullati. Ma
allora tutto quel discorso sull’apertura e sul dialogo non si va a fare
benedire?
Infine, secondo il dirigente “non possiamo assumere l’impegno di celebrare
ricorrenze religiose, perché questo va oltre il nostro compito”. Ma allora
dovremmo abolire anche le vacanze natalizie e su questo punto non diciamo nulla,
magari sarebbe interessante chiedere cosa ne pensano gli alunni, cristiani e
non! Battute a parte, pensiamo che oscurare i simboli e le espressioni culturali
di un popolo non sia mai un segno di civiltà, perché la convivenza civile si
costruisce attraverso la reciprocità.
Concludiamo dicendo che, contrariamente alle intenzioni inclusive del
preside, la scelta di non allestire il presepe non favorisce l’integrazione,
perché agli alunni stranieri è tolta la possibilità di conoscere gli usi e i
costumi dei loro compagni italiani.
Nicola Rossetti
Fonte: Ancora
online
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