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martedì 4 marzo 2014

LA SCOMPARSA DI MARIO LODI

OMAGGIO

 A MARIO LODI

Nel pomeriggio di ieri, nella chiesa di S. Eufemia a Drizzona di Cremona, un piccolo comune del cremonese con 550 abitanti, si sono svolti i funerali di Mario Lodi, maestro sperimentatore, dottore honoris causa in pedagogia, laurea concessagli dall’Università degli Studi di Bologna.
Bene ha fatto Matteo Renzi, il giovane ed esuberante presidente del Consiglio, a rilasciare una dichiarazione che può essere giudicata, dai soliti critici di mestiere, retorica e strumentale ma che, in chi scrive, alimenta commozione e fa riflettere: “ Mario Lodi, uno di quei piccoli maestri che hanno fatto grande il nostro Paese”.
Fa anche piacere leggere che il novantaduenne ideatore di una didattica valorizzatrice del potenziale di creatività di cui è portatore ogni allievo non abbia posto ostacoli a fruire di onoranze funebri secondo il rito cristiano – cattolico. Anzi egli, approdato al pensiero e alla metodologia del francese Celestin Freinet, coniatore di una tipografia adatta all'uso scolastico perché convinto dell’importanza della pagina stampata, ‘ una pagina impeccabile, netta, che conserva in sé perennità e maestà’, fu estimatore anche di don Lorenzo Milani, di Maria Montessori, di Paolo Freire, il sacerdote brasiliano fautore della “ pedagogia degli oppressi” che, sostenendo la restaurazione dell’intersoggettività, si presenta nella sostanza come “pedagogia dell’uomo”.
E’ pur vero che la sua impostazione didattico – metodologica lo fece aderire alla costituzione e al coerente sostegno del Movimento di Cooperazione Educativa, un gruppo professionale di maestri sperimentatori cui va dato il merito, unitamente all’Associazione Italiana Maestri Cattolici di Maria Badaloni e di Carlo Buzzi, di avere perseguito e di continuare ad adoperarsi per l’uguaglianza dei diritti dell’alunno, della cultura dell’accoglienza e del rispetto della diversità, della libertà di espressione e della partecipazione democratica.
I nostri nipoti sono idealmente grati a Mario Lodi perché li ha resi tifosi di Cipì, il passerotto del libro suo più noto che, come ogni bambino, è curioso, desidera mettersi alla prova, anche affrontando pericoli e gli inevitabili  imprevisti della vita.
E’ questo desiderio di conoscere che lo fa volare alto, che lo rende intraprendente e che gli consente di scoprire il mondo.
Mario Lodi lascia un monito a quanti di noi continuano a soffrire del mal di scuola e, soprattutto, alle centinaia di migliaia di insegnanti di ogni ordine e grado di scuola impegnati nelle tante difficoltà quotidiane: vivere con orgoglio questa attività professionale, non dimenticare che essa è determinante per il futuro dei nostri ragazzi e giovani, valorizzare nella mediazione didattica il ricco patrimonio  di esperienze di cui ogni allievo è portatore anche e, soprattutto, grazie ai molteplici canali tecnologici coi quali sono a contatto.
E’ un lavoro non semplice ma anche entusiasmante.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Ambrogio Ietto

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