la speranza
nasce dall’imprevisto
Spesso, ad esempio alla fine della terza media, si ha il terrore di sbagliare scuola. A far paura è ciò che può spezzare la linea già tracciata
Ma le crisi sono sempre anche
opportunità
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di MARCO ERBA
Filippo è giovane,
esplode di entusiasmo, parla del suo lavoro con gli occhi pieni di luce. Lo
incontro a un matrimonio, dopo qualche anno che non ci vediamo. È gioviale e
accogliente come sempre. Ha un’energia contagiosa; una simpatia innata, che
gioca sull’autoironia e ti mette a tuo agio. Filippo fa il prof di lettere.
Insegna in un istituto tecnico. Parla volentieri del suo lavoro. È aggiornato,
sul pezzo: ci racconta come usa l’intelligenza artificiale nella didattica, ma
ne mostra anche i limiti. D iscutiamo di gestione della classe:
lui ci parla dei suoi allievi più oppositivi, di come cerca di gestire la
situazione entrando in relazione con loro, mettendocela tutta. Vede del buono
in loro, crede nelle loro potenzialità. Vede del buono ovunque, in realtà, e il
suo non è ingenuo ottimismo, è capacità di leggere le cose in profondità.
Parliamo di letteratura e di cinema: lui si segna qualche titolo, me ne
consiglia altri: vive la nostra chiacchierata come un’occasione preziosa, di
arricchimento reciproco. Non è facile incontrare persone con cui confrontarsi
con una tale intensità. Si finisce, tra prof di lettere, a parlare di Dante,
ovviamente. Lui lo venera: atteggiamento molto comune nella nostra categoria.
Poi butta lì quella frase, che apre uno squarcio inatteso: « Pensa che Dante lo
odiavo con tutto me stesso. Odiavo Dante, ho scelto Lettere all’università
per Dante!». « In che senso, scusa?» S i spiega meglio: « Alle
superiori mi hanno bocciato due volte».
La bocciatura
Penso di aver capito
male: «Come? Tu sei stato bocciato?» «Sì, due volte» ripete. E col
sorriso, con leggerezza, racconta quel periodo così faticoso della sua vita.
Era svogliato, faceva apposta a non studiare. Si trovava bene con i compagni e
i prof ma, deliberatamente, non combinava nulla. Dante non gli piaceva per
niente; anzi, lo detestava. Alle spalle aveva una situazione famigliare molto
difficile: una rabbia e un dolore dentro che trasformava in superficialità, che
scagliava contro sé stesso, che lo portava a danneggiarsi da solo. Poi, la
svolta. Dopo la seconda bocciatura, si trova in una classe dove conosce un
amico vero. Uno che lo accompagna, che diventa un punto di riferimento. «
M i ha fatto da guida» dice, e fa strano pensare che quella guida era un
ragazzo più giovane di lui. Conosce anche un prof appassionato di Dante,
che non si capacita di come Filippo possa non amarlo. Un prof di lettere che
gli testimonia una passione, che accende in lui una domanda. Che si apre alla
relazione, che entra nella sua vita. E qualcosa si sblocca. « L e
persone che ho incontrato mi hanno salvato» racconta oggi Filippo. «
I miei problemi non si sono risolti con un colpo di bacchetta magica, ma
quell’amico e quel prof mi hanno fatto capire che il mondo non era contro di
me». E quando capisci che il mondo non è contro di te, smetti di distruggere e
inizi a costruire, a partire dalla tua vita. Forse anche Sofia, una mia ex
allieva, aveva la sensazione che il mondo fosse contro di lei. A scuola faceva
molta fatica. Era una ragazza intelligente, capace, dotata di una sensibilità
molto elevata, di una empatia preziosa. A scuola, però, continuava ad
arrancare. Alla fine di uno scrutinio, noi docenti decidemmo all’unanimità
di suggerirle un cambio di indirizzo. La proposta non fu presa bene né capita.
Sofia si impegnava al massimo, era seria e rispettosa: perché prospettarle una
cosa del genere?
Il successo
Alla fine il suggerimento fu accolto, anche se non fu un passaggio sereno. Sofia, nella nuova scuola, rifiorì. Sperimentò il successo, mise a frutto le sue potenzialità, imparò a credere sempre di più in sé stessa, trovò la sua strada. Tempo addietro, partendo da quella sua spiccata empatia, l’avevo invitata a pensare al proprio lavoro futuro in un ambito di cura degli altri. Lei mi aveva detto di amare i bambini, tanto che aveva pensato di fare l’insegnante. L a incontrai anni dopo, per caso. Aveva davvero intrapreso quella strada: dopo un tirocinio in una scuola elementare, la avevano assunta per alcune ore, faceva l’insegnante di sostegno. Era felicissima: andare al lavoro per lei era un piacere, prendersi cura dei bambini che le erano affidati era una gioia. Filippo e Sofia: due giovani insegnanti, pieni di passione e di fiducia, capaci di generare futuro. Filippo e Sofia, due persone che hanno trovato il loro posto nel mondo dopo anni travagliati. Sarebbero le persone che sono oggi senza quelle fatiche passate, senza le loro cadute, senza i loro insuccessi, senza le loro crisi? La domanda è probabilmente fuori luogo: i se e i ma non fanno la storia. Io credo però che molto della loro sensibilità, che tanto dei loro doni, sia frutto anche dei loro incidenti di percorso.
Il futuro
Spesso, quando sento gli
allievi e i loro genitori parlare di futuro, mi rendo contro che ne parlano
come di una costruzione lineare, come di un progetto da disegnare sulla carta e
poi da eseguire esattamente così come è stato pensato. Come quando si costruisce
una casa: l’architetto la disegna, pensa tutto, fino al dettaglio più
piccolo, e poi la si realizza. P er questo così spesso, ad
esempio alla fine della terza media, si ha il terrore di sbagliare, di non
finire nella scuola giusta. Ciò che può spezzare il progetto fa paura, ciò che
può mettere in crisi la linea già tracciata spaventa. Ma la crisi è sempre
anche opportunità. In una bellissima poesia, « Prima del viaggio», Eugenio
Montale racconta i numerosissimi preparativi che si fanno nel progettare ciò
che accadrà, forse metafora del modo in cui noi tentiamo di controllare il
futuro: « Si scrutano gli orari, / le coincidenze, le soste, le
pernottazioni / e le prenotazioni »; e ancora «si consultano le guide», «si
controllano / valigie e passaporti»; addirittura «si dà un’occhiata al
testamento, pura / scaramanzia ». E poi? « E si
parte e tutto è OK e tutto / è per il meglio e inutile ». Inutile,
perché il futuro non si può mai dominare, pianificandolo. Il poeta conclude con
una domanda: « E ora che ne sarà / del mio viaggio? / Troppo
accuratamente l’ho studiato / senza saperne nulla. Un imprevisto / è la sola
speranza. Ma mi dicono / che è una stoltezza dirselo ». Un
imprevisto è la sola speranza. Il futuro non è uno schema: è una strada
tortuosa di cadute, di incidenti che generano gioie inattese e incontri
decisivi; una strada fatta anche di dolori che ci scavano dentro e ci rendono
più profondi, più capaci di accogliere i nostri compagni di viaggio.
Insegnante e scrittore
Il futuro non è uno
schema: è una strada tortuosa di cadute, di incidenti che generano gioie
inattese e incontri decisivi. Una strada fatta anche di dolori che ci scavano
dentro e ci rendono più profondi, più capaci di accogliere i nostri compagni
nel cammino
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