Se ne parla in questi giorni a Rimini, durante il 15° Convegno internazionale Erickson “La qualità
dell’inclusione scolastica e sociale”.
- di PAOLO FERRARIO
A quasi cinquant’anni
dall’abolizione delle classi differenziali (prevista dalla legge 517 del 1977),
circa un insegnante su tre (il 27% per l’esattezza) è favorevole alla
riapertura delle scuole e delle classi speciali. E questa percentuale è in
aumento di 10 punti rispetto soltanto a due anni fa. Segno che la fatica
dell’inclusione scolastica si fa via via sempre più pesante e insostenibile
dagli insegnanti. Almeno a giudicare dalle risposte di un campione di 833
docenti, di ogni ordine e grado e di tutte le regioni italiane, intervistato
dal centro studi Erickson di Trento, che presenterà i risultati completi
dell’indagine Le voci dell’inclusione nel corso del 15°
Convegno Internazionale “La qualità dell’inclusione scolastica e sociale”, in
programma da oggi a domenica al Palacongressi di Rimini. Alla tre giorni
riminese, che nelle edizioni precedenti ha coinvolto più di 35mila professionisti
della scuola, sono attesi, tra gli altri, Stefano Massini, con la sua “Lettera
a una scuola che non esclude”, Alberto Pellai in dialogo con Gino Cecchettin,
Stefania Auci, che porterà la sua esperienza di insegnante di sostegno ed
Espérance Hakuzwimana sulla necessità di una scuola plurale. Per la prima
volta, interverrà un rappresentante del Governo. Domenica mattina, infatti,
sarà presente la ministra per le Disabilità,
Alessandra Locatelli. Attualmente, ricorda Erickson, gli studenti con
disabilità certificata nella scuola italiana sono circa 325mila, pari al 4% del
totale, ma soltanto poco più di un insegnante di sostegno (il 36%) è di ruolo e
appena il 41% delle scuole ha a disposizione ausili tecnologici che permettono
la partecipazione attiva degli alunni con disabilità. Un quadro per nulla
confortante, a cui si aggiunge, ora, una percentuale consistente di insegnanti
che, almeno a parole, dimostra di aver perso la speranza circa
un’effettiva inclusione scolastica, preferendo il Modello a tre vie: scuole
solo per alunni con disabilità (casi di disabilità grave), classi per alunni
con disabilità nelle scuole normali (casi di disabilità media), inclusione
piena in classe (casi di disabilità lieve).
Soltanto nel 2023, sempre
in occasione del Convegno di Rimini, Erickson aveva posto la stessa domanda al
campione di insegnanti, ottenendo il 10% di risposte in meno tra quanti allora
si dichiaravano favorevoli alla riapertura delle classi speciali,
Ventiquattro mesi dopo, il problema è esploso in tutta la sua cruda
drammaticità. E, nota Erickson, «i più separatisti (quindi favorevoli) sono gli
insegnanti di II grado e quelli con più anni di esperienza».
Nella scuola italiana, insomma, cresce la disponibilità a considerare soluzioni differenziate. « In termini di clima culturale generale – si legge nella ricerca - ciò indica un minore consenso all’inclusione piena e una maggiore accettazione di modelli che possono assumere caratteristiche separative. In assenza di test inferenziali: +26%
Aumento degli alunni con
disabilità negli ultimi cinque anni, secondo l’Istat (anno scolastico 2023-2024).
In termini assoluti, si tratta di 359mila persone: 40,3%
Alunni con disabilità
intellettiva. Il 34,8% soffre di disturbo dello sviluppo psicologico e il 18,2%
di disturbo dell’apprendimento (Dsa).
Il 27% insegnanti di
sostegno privi di formazione specifica. Ma negli ultimi quattro anni, la quota
di docenti specializzati è cresciuta di 10 punti percentuali di intervalli di
confidenza, la lettura resta descrittiva, ma il
segnale è rilevante». Tra gli elementi che maggiormente
ostacolano l’inclusione scolastica, gli insegnanti sottolineano la «mancata
collaborazione tra figure adulte, anche con la famiglia dell’alunno con
disabilità» e «le condizioni di gravità (o bisogno di supporto) dell’alunno»
stesso. Naturalmente, non mancano i punti di forza. Tra i più importanti, i
docenti segnalano «le relazioni tra colleghi, tra gli alunni e le alunne e con
le famiglie. Purtroppo – prosegue la nota di Erickson – le competenze
professionali in materia di inclusione, come la conoscenza e l’uso di
metodologie didattiche inclusive, non sono considerate fattori decisivi per una
buona inclusione». Un dato, quest’ultimo, «non certo confortante», in
considerazione del fatto che «la ricerca ormai da tempo segnala la rilevanza
delle didattiche inclusive per una piena partecipazione, appartenenza e
apprendimento» degli alunni con disabilità. Un aspetto su cui, indubbiamente,
la scuola deve ancora lavorare. Facendo leva e valorizzando le «emozioni
positive» manifestate dai docenti, concentrate, soprattutto, sugli «aspetti
relazionali e collaborativi, sia tra figure adulte sia tra alunni», appunto «come
leva positiva di una piena inclusione».
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