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venerdì 10 ottobre 2025

AL DI LA' DEL'ODIO

 


LA GIOIA 


DELLA 


PACE




By Giuseppe Savagnone 

 I titoli delle prime pagine

Si può considerare la prospettiva di pace che finalmente si delinea per la Palestina da diversi punti di vista. In attesa di averne nei prossimi giorni una visione più completa, qui ci limiteremo, ad analizzare le reazioni che essa sta suscitando in Italia, partendo da queste per una riflessione sul clima politico del nostro paese.

Cominciamo dalla stampa. I più diffusi e autorevoli quotidiani italiani salutano l’evento sottolineandone la più immediata e importante conseguenza, la fine del massacro che da due anni insanguina la Striscia di Gaza. «Israele-Gaza, l’ora del cassate fuoco», titola il «Corriere della Sera». Sulla stessa linea «Repubblica» –  «Pace a Gaza, ora stop alle armi» – e «La Stampa»: «Gaza, il mondo crede alla pace».

Da parte sua il cattolico «Avvenire» esprime, nella sua prima pagina, «La gioia della pace». Anche un giornale di sinistra come «L’Unità» ha come tutolo: «Finalmente tregua». Più cauto e dubitativo, ma pur sempre positivo, il titolo del «Manifesto»: «Fosse vero».

Non può non colpire il tono completamente diverso del gruppo di giornali che fanno capo alla destra oggi al governo. I titoli di prima pagina esprimono anche qui esultanza, ma non per la pace, bensì per il colpo che essi ritengono abbia inferto alla sinistra. E di «Sinistra sotto un Trump» parla nel suo tutolo principale «Libero», commentando, nell’occhiello: «Pace a Gaza, compagni nel panico». In perfetta sintonia «La Verità» che, accanto alle foto dei leader dell’opposizione, titola: «Spiazzati». Sempre accanto alle stesse foto, «Il Tempo» mette: «Attaccatevi al Trump».

La denuncia del clima di odio da parte della destra

Non possono non venire in mente le reiterate dichiarazioni con cui esponenti della destra ultimamente hanno accusato l’opposizione di alimentare un clima di odio che avvelenerebbe la politica italiana.

L’occasione è stato l’assassinio di Charlie Kirk negli Stati Uniti. Ed è stato il presidente americano ad avviare la polemica. Trump ha definito Kirk una «vittima delle retorica della sinistra radicale», che «da anni paragona meravigliosi americani come Charlie ai peggiori criminali della storia», creando un clima d’odio: «Questa retorica è direttamente responsabile per il terrorismo che stiamo vedendo nel Paese e deve cessare ora».

Partendo dalla giusta considerazione che «la violenza e l’omicidio sono le tragiche conseguenze della demonizzazione di coloro con cui non si è d’accordo», il Tychoon ha attribuito questo atteggiamento distorto alla «sinistra radicale».

Ma l’onda di analoghe accuse ha attraversato anche l’Europa. In Spagna è stata la destra di «Vox» a riprenderle: «L’omicidio di Charlie Kirk sta mostrando la mania omicida che domina gran parte della sinistra occidentale». 

Sulla stessa linea, in Ungheria, il premier Viktor Orban: «La morte di Charlie Kirk è il risultato della campagna internazionale di odio condotta dalla sinistra progressista-liberale (….). Dobbiamo fermare l’odio! Dobbiamo fermare la sinistra che semina odio!».

Non ha fatto eccezione la destra italiana. In verità, i commenti della «sinistra progressista-liberale» nel nostro paese, sono stati subito, unanimemente, di netta condanna dell’assassinio. Valga per tutti quello di Elly Schlein: «L’uccisione di Charlie Kirk è drammatica e scioccante. In una democrazia non può e non deve trovare alcuno spazio la violenza politica, che va sempre condannata in modo netto a prescindere dalle idee di chi colpisce».

Ma questo non ha impedito al capogruppo di FdI, Galeazzo Bignami, di commentare la notizia accusando i sostenitori della sinistra di essere «impregnati di odio, livore, rancore». Aggiungendo una nota religiosa: «Ringrazio Dio di non avermi creato come loro».

E il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, anche lui di FdI, ha preso spunto dalla tragedia americana per evocare un confronto con l’Italia: «Anche recentemente ho visto nei confronti della presidente Meloni toni e argomentazioni che sarebbe meglio evitare perché sono un distillato di odio». La Lega si è accodata con il deputato Eugenio Zoffilich e ha parlato «dell’odio e dell’intolleranza con cui è stato avvelenato il dibattito politico dalla retorica della sinistra radicale».

Ma le parole più chiare sono venute dalla premier che, nel suo intervento alla festa nazionale dell’Udc, il 13 settembre, ha parlato dell’omicidio di Kirk in riferimento al nostro paese: «Credo che sia arrivato il momento di chiedere conto alla sinistra italiana di questo continuo minimizzare o addirittura di questo continuo giustificazionismo della violenza nei confronti di chi non la pensa come loro – ha scandito la premier – . Perché il clima anche qui in Italia sta diventando insostenibile ed è ora di denunciarlo, di dire chiaramente che queste tesi sono impresentabili, pericolose, irresponsabili e antitetiche a qualsiasi embrione di democrazia».

Tesi ripresa poco dopo in un comizio a «Vox», in cui, sempre riferendosi a Kirk, ha detto: «Il suo sacrificio ci ricorda ancora una volta da che lato sta la violenza e l’intolleranza».

Una denuncia che assume i tratti del vittimismo nel continuo riferimento a non meglio precisati ricatti a cui la premier ripete di non voler cedere e a minacce – anch’esse non specificate – da cui promette di non lasciarsi intimidire.

Di tutto questo sappiamo, in verità, non dalla Digos, come sarebbe normale, ma interviste televisive rilasciate dalla stessa Meloni, come quella di qualche sera fa al fidato Bruno Vespa, al quale ha confidato: «Temo il clima che si sta imbarbarendo parecchio. Io non conto più le minacce di morte e penso che qui ci siano delle responsabilità di chi per esempio dice che hai le mani di sangue, da chi dice che questo governo è complice di genocidio».

Al di là dell’odio

Davanti a queste accuse non si sa bene cosa dire. Come già abbiamo accennato, nessun esponente politico della sinistra ha “minimizzato” o addirittura “giustificato” la violenza. E anche il supercitato Odifreddi, che in un’intervista ha  sottolineato le responsabilità del giovane attivista americano, sostenitore della libertà di vendita delle armi, è stato subito isolato.

Forse, in realtà, il clima di odio c’è veramente. Ma è francamente unilaterale attribuirne la responsabilità solo alla sinistra, se non altro perché ne sono intrise proprio le stesse denunce, sopra citate, da parte dei rappresentanti della destra al governo.

Questo non vuol dire che i partiti di opposizione siano esenti da un linguaggio spesso violento. Tanto meno si intende qui avallare la loro linea politica, la cui debolezza e inconcludenza è probabilmente la principale ragione della crescita esponenziale dell’astensionismo e del successo dei partiti oggi al governo.

Ma che l’incapacità di rispettare coloro che hanno idee diverse dalle proprie non sia riferibile esclusivamente ad essi, lo dimostra, se non altro, proprio questa campagna sistematica volta a demonizzarli. E basta scorrere i quotidiani di destra sopra citati per vedere che ogni giorno, quale che sia la notizia, la trasformano in un attacco ai rappresentanti dell’opposizione, fatti oggetto di continui sarcasmi e  spesso di accuse malevoli sul piano personale. Uno stile di cui abbiamo avuto un piccolo campione nei titoli citati all’inizio a proposito della pace a Gaza.

E, proprio in rapporto ad essa e a ciò che l’ha preceduta, è molto significativo il modo in cui sia i giornali di destra sia il governo hanno parlato delle generose manifestazioni popolari di solidarietà nei confronti dei palestinesi.

A cominciare da quella che si è espressa nel tentativo della Flotilla di sfidare l’illegale blocco navale stabilito da Israele in acque internazionali, per rompere l’embargo e far giungere generi di prima necessità ai palestinesi.

Una iniziativa che Giorgia Meloni ha definito «gratuita, pericolosa, irresponsabile», attribuendone la responsabilità all’opposizione che, ha detto, «non avendo grandi materie sulle quali mobilitarsi in patria, le va a cercare in Palestina». Per la premier, non si è trattato di un gesto di alto valore umanitario, ma di un complotto ai suoi danni, (ritorna il tema del vittimismo), perché chi l’ha promossa e vi partecipa  «utilizza una questione come la sofferenza del popolo palestinese per attaccare il governo italiano».

Ancora più espliciti i giornali vicini al governo. Per tutti citiamo «Libero», il cui direttore Mario Sechi, ex portavoce di Meloni e in forte sintonia con le sue posizioni, ha scritto: «Spero che le barche vengano affondate, così la prossima missione dovranno rifinanziarsela. Questa missione era una tragica pagliacciata. Ha fatto perdere solo tempo a tutti».

Non ho fatto studi particolari sul sentimento dell’odio. Ma qui mi sembra di vederne un ottimo esempio. Ed è paradossale che chi ha formulato queste parole in molti articoli accusi la sinistra di esserne la sola responsabile.

Eppure non possiamo concludere questa amara rassegna sull’odio senza aprire uno spiraglio al suo opposto, la fraternità, facendo notare che proprio all’impegno e alla partecipazione di uomini e donne comuni si deve, almeno in una certa misura, il merito della prospettiva di pace che si è aperta in questi giorni. 

In tutta Europa si sono succedute proteste popolari che ultimamente sono uscite fuori dalle mura ristrette delle università, in cui all’inizio erano circoscritte, e hanno invaso le strade e le piazze delle capitali.

Solo in Italia in pochi giorni si sono succeduti due scioperi generali partecipatissimi e una manifestazione, a Roma, che tutti gli osservatori hanno riconosciuto essere la più imponente negli ultimi decenni. Anche nei confronti di questi confortanti segnali del risveglio delle coscienze, davanti a un genocidio che si stava volgendo sotto i nostri occhi, il giudizio della nostra premier è stato, se non di odio, almeno di disprezzo, come quando ha esplicitamente ipotizzato che il secondo sciopero generale fosse stato organizzato di venerdì per metterlo in continuità con il weekend.

Una vacanza, insomma, a cui però hanno partecipato due milioni di lavoratori, che hanno sacrificato il loro stipendio giornaliero per chiedere che finisse il massacro di innocenti nella Striscia.

E ora che questo obiettivo sembra sia stato finalmente ottenuto, forse un po’ di gratitudine sarebbe dovuta anche a queste persone – uomini e donne, giovani ed anziani, di tutte le estrazioni sociali, di tutte le idee politiche – che hanno preso posizione non contro qualcuno – come si è cercato di far credere, accusandole gratuitamente di antisemitismo – , ma per soccorrere degli sconosciuti, della cui sorte si sono senti responsabili come di fratelli e di sorelle. Una bella vittoria sulla logica dell’odio, ottenuta non accusandone gli altri, ma operando in prima persona perché esseri umani – diversi da noi – possano vivere.

 www.tuttavia.eu 

 

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