Ho
letto con tristezza, ma senza sorpresa, le Sue parole: “Si vis pacem, para
bellum”.
Le
ha dette con fermezza, come se ci fosse dentro una verità antica e saggia.
Ma
vede, Signora Presidente, non c’è nulla di saggio in chi prepara la guerra
sperando nella pace. È solo vecchia retorica di chi ha sempre mandato i figli
degli altri a morire.
Lei
parla di aumentare la spesa militare al 5% del PIL. Io, che ho fatto scuola ai
figli dei contadini, so bene cosa vuol dire togliere pane, istruzione, sanità
per comprare armi.
Ogni
lira (oggi euro) spesa per i cannoni è tolta al grembiule del maestro, al libro
del povero, alla cura del malato.
Quando
noi preti, in tempo di guerra, benedicevamo i fucili, avevamo perso Cristo e
non ce n’eravamo accorti.
Quella
che non si difende con i carri armati, ma con la cultura, la giustizia e la
pace vera.
Lei
pensa che la forza faccia paura ai nemici.
Io
Le dico che fa più paura un popolo ignorante, armato e convinto di fare il
bene.
E
che la vera sicurezza si ottiene con la verità, con la giustizia sociale, con
l’amore per il prossimo.
Se
vuole davvero la pace, Signora Presidente, prepari la scuola, non la guerra.
Mandi
i giovani a imparare le lingue, non a imbracciare il fucile.
Li
accompagni a conoscere il mondo, non a bombardarlo.
Le
scrivo da prete, da maestro, da uomo.
E
da cittadino che non ha mai voluto obbedire a un’ingiustizia, neanche quando
portava l’uniforme dello Stato.
L’obbedienza
non è più una virtù.
La pace non si costruisce con le armi. "Si vis pacem para pacem".
Con
rispetto e con fermezza,
don
Lorenzo Milani
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