Insieme alla cosiddetta Intelligenza Artificiale, a scuola, oggi servirebbe altrettanta Intelligenza Artigianale
- di Alessandro D’Avenia
Un
filosofo greco del V sec. a.C. diceva che l’uomo pensa perché ha la mano (chi
non lo fa «pensa con i piedi»), e aveva ragione, come hanno dimostrato gli
studi sulla sorprendente estensione delle zone cerebrali dedicate all’arto. La
mano infatti implica la parola. A differenza dei versi degli animali che
esprimono emozioni noi con le parole articoliamo anche istruzioni: la
trasmissione di ciò che serve per vivere.
La
voce umana non è solo espressione ma anche e soprattutto istruzione: spiega e
racconta. La scuola in fondo nasce dalla mano, per questo gli animali non ci
vanno, hanno l’istinto, noi invece dobbiamo «imparare» a vivere. Il pollice
opponibile è la chiave della scuola permanente della vita: da come lo usiamo
dipende quanta vita sappiamo. Come sta il nostro pollice oggi? Spesso incollato
al telefono fa scorrere immagini pilotate dall’algoritmo, più che opponibile è
diventato disponibile, e così anche il nostro pensiero, che diventa più passivo
e manipolabile (ancora la mano...). Che cosa comporta questa «maniera» (altra
parola che viene da «mano»: è dappertutto!) di vivere?
Quando
Ulisse deve partire dall’isola di Calipso dove si trova ormai da sette anni,
non ha la minima idea di come raggiungere Itaca: piange di fronte al mare
infinito, oltre il quale, non sa dove, c’è la sua amata terra. L’unica cosa che
sa? Costruire una barca. E così l’eroe trasforma, con le mani, il dolore in
azione: creare rimane la più efficace risposta ai momenti bui.
La
descrizione della costruzione della barca è dettagliata proprio perché in una
cultura orale come quella omerica, le istruzioni erano conservate nei poemi per
essere ricordate e trasmesse, una vera e propria enciclopedia sociale. Ulisse è
l’eroe dell’ingegno multiforme perché «pensa con le mani» e «maneggia con il
pensiero». Sa cucire una vela e manovrarla nei venti, sa indirizzare il timone
seguendo le stelle. Tutto ciò è meticolosamente descritto nei versi sulla sua
partenza dal luogo che lo trattiene «nell’ombelico dell’oceano» da sette anni,
un’isola (e un isolamento) in cui non è necessario costruire nulla, perché
tutto è dato spontaneamente dalla natura, senza bisogno di tecnica e lavoro.
Su quell’isola Ulisse è inumano (mi torna utile che in italiano «mano» sia casualmente dentro «umano»): non usa le mani e, mangiando il cibo degli dei, è immortale. Utopia che sempre ci accarezza: poter vivere senza bisogno del lavoro e della tecnica per sopperire all’assenza di mezzi specializzati come pinne, zanne, corna, corazze...
La mano infatti non è specializzata ma si
specializza, grazie al pollice opponibile. Quel pollice oggi sembra non voler
«opporsi» al flusso, naviga a caso sulla superficie liscia dello schermo,
dimentica la resistenza del mondo, e così anche il pensiero e la parola
diventano disponibili, cioè dipendenti. La rete non è infatti solo la nostra
enciclopedia sociale come lo erano i poemi antichi, ma il mare in cui ci
abbandoniamo a ondate di dopamina, scariche di gioia per un cervello,
individuale e collettivo, sempre gratificato. E l’intelligenza, senza
resistenza, diventa meno multiforme, l’ingegno meno attivo: l’uso dei tablet in
classe al posto della scrittura a mano si è già rivelato «perdente» per lo
sviluppo cerebrale.
Il
pensiero non sa man-tenere la realtà, gli sfugge tutto, ha le mani bucate. Ciò
anche a causa della «perdita della noia»: oggi un bambino/adolescente con un
cellulare in mano può non sentirne più il morso. «Girarsi i pollici» obbligava
a tornare al mondo, perché la noia è un promemoria: «non stai vivendo
abbastanza, hai dimenticato le mani». Il bambino esplora e scopre, diventa
intelligente, proprio a partire da: «Che noia! Non c’è niente da fare...». È
quel «da fare» che lo costringe a usare il pollice secondo la sua millenaria
evoluzione: invenzioni, collezioni, lavoretti, modellini, esperimenti, libri,
guai...
Montessori
diceva che «i bambini non giocano, lavorano», infatti una manualità che si
confronta con il mondo sviluppa l’intelligenza (memoria più immaginazione) che
viene dall’esperienza, con molti benefici collaterali: capacità di
concentrazione e gestione delle emozioni, efficacia creativa e quindi
autostima/autonomia, eliminazione dello stress, arricchimento del linguaggio
attraverso il racconto dell’esperienza fatta... L’evoluzione del sapiens si
ripete in ogni vita: scrivere a mano, costruire qualcosa, curare una pianta,
dare una carezza sono gesti che restituiscono una «maniera» di vivere più ricca
perché meno passiva.
Un
pollice che non gira a vuoto sullo schermo, da disponibile torna opponibile,
rende l’intelligenza esplorativa, creativa, tecnica, e il pensiero critico,
autonomo, indipendente. Il digitale non è solo nel bit ma nel pollice. Il
pollice della gioia e del rischio, non il numero di pollici dello schermo, ma
il pollice che permette a Ulisse di navigare verso casa facendo diventare
poesia persino il suo «da fare»: «Tagliava i tronchi e lavorava veloce. Li
sgrossò con la scure, abilmente li levigò livellandoli dritti col filo. Fece
buchi e li congiunse gli uni agli altri. Rinsaldò la barca con chiodi di legno
e ramponi. E come un falegname esperto così fece Ulisse per la sua zattera.
Alzò
poi il cassero, con molti travicelli fra loro connessi, lo completò con assi
lunghissime. E fece l’albero e, attaccato ad esso, il pennone, e aggiunse il
timone, per poterla guidare. Intorno la cinse con stuoie di vimini, a riparo
dalle onde del mare, coprì il fondo di frasche. Allora la divina Calipso portò
dei drappi per fare le vele: ed egli fabbricò anche quelle. Legò infine le
sartie le drizze e le scotte e, con rulli di legno, trasse la barca sul mare
lucente. Era il quarto giorno, e tutto era finito. Al quinto partì dall’isola».
Ulisse naviga in mare verso casa, noi in rete verso dove? Difendiamo il pollice
dei bambini, passando del tempo insieme a costruire, riparare e curare
qualcosa, allenare la sua «opponibilità» li renderà più intelligenti e felici.
Umani.
Nessun commento:
Posta un commento