o RICERCATORI ?
Il pedagogista Daniele Novara, nel suo articolo “La lezione non serve”,
pubblicato su rivista Conflitti n°2-2018, si sofferma sul tema della lezione
frontale.
“La scuola italiana ha un problema che si perde nella notte dei tempi.
Questo problema non riguarda l’architettura tradizionale del sistema
scolastico, i cosiddetti cicli d’istruzione, né la distribuzione delle materie
nel curriculo. Non è l’abbandono scolastico, o i voti numerici e neppure la
formazione degli insegnanti e il sistema di valutazione. Il problema della
scuola italiana nasce da un equivoco, profondamente radicato e pervasivo, che
ha un nome preciso: lezione frontale” scrive.
“Oggi siamo passati dal manoscritto al tablet, ma il sistema resta
sostanzialmente lo stesso: l’assunto che muove comunque ancora gran parte della
didattica della scuola italiana è che per far imparare qualcosa a qualcuno, e
quindi per insegnare, il metodo più scontato, lineare e apparentemente efficace
sia quello di utilizzare il sistema della lettura di un testo associata a una
spiegazione” prosegue.
“E la didattica della lezione frontale, ancora così diffusa e persistente,
se non nell’ideale decisamente nella pratica, è il retaggio di questo
imprinting. È un metodo che implica una concezione dell’apprendimento come
processo trasmissivo, fondato sostanzialmente sul canale verbale, e richiede
tempi attentivi che tutti gli studi più recenti hanno verificato non essere
sostenibili da un adulto, figurarsi da un bambino o da un ragazzo” aggiunge.
Novara continua: “Il perpetrarsi di generazione in generazione di questo
meccanismo didattico nasce anche dal suo essere un dispositivo pedagogico
essenziale nella sua semplicità e facilità applicativa, fondato sul codice
della dipendenza. È un sistema in solo tre passaggi, accessibili e sostenibili
da chiunque conosca una materia scolastica. La competenza pedagogica non serve,
basta spiegare attraverso la lettura parziale o totale di testi, richiedere e
incentivare lo studio individuale e infine interrogare concedendo all’alunno la
possibilità di essere valutato in ordine alla comprensione della spiegazione
dell’insegnante, che si aspetta sostanzialmente una ripetizione, più o meno
pedissequa“.
“Anche Paulo Freire, il pedagogista brasiliano tra i più importanti teorici
del l’educazione del secolo scorso, si è espresso duramente contro la
concezione da lui definita “depositaria” dell’istruzione della scuola e
dell’educazione: l’educazione “depositaria” si perpetua nell’atto di
trasferire, depositare come se fossero un pacchetto, conoscenze e valori in un
contenitore vuoto, l’alunno, in un’azione che scaturisce da un rapporto
verticale fondato su un’asimmetria di sapere e possibilità” conclude.
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