CONTINUARE
A
SPERARE
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di Leonardo Boff
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Non
sono apocalittico. Ad essere apocalittici sono i nostri tempi. L’accumulo di
tragedie che accadono nella natura, le guerre di grande devastazione con il
genocidio di migliaia di bambini innocenti, il collasso dell’etica, il
soffocamento della decenza nelle relazioni politiche, l’asfissia dei valori
umani fondamentali, l’ufficializzazione della menzogna nei mezzi di
comunicazione virtuale, la dittatura della cultura materialista del capitale
con il conseguente esilio della dimensione spirituale, insita nell’essere
umano, ci inducono a pensare: sarà che i profeti biblici abbiano ragione quando
scrivono di tempi apocalittici? Sappiamo esegeticamente che le profezie non
pretendono anticipare le disgrazie future. Mirano a evidenziare le tendenze
che, se non fermate, porteranno alle disgrazie annunciate.
Sono
sempre rimasto impressionato da un testo spaventoso, incluso nella Bibbia
giudaico-cristiana. Che tipo di esperienza ha portato il suo autore a scrivere
ciò che ha scritto? Credo che qualcosa di simile stia attraversando la mente di
molte persone oggi. Il testo dice: «Il Signore vide che la malvagità degli
uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era
altro che male, sempre. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra
e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: “Cancellerò dalla faccia della
terra l’uomo che ho creato e, con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli
uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti”» (Genesi 6, 5-8). Il
male che imperversa nel vasto mondo non giustificherebbe questa
considerazione?
Aggiungerei
anche il testo apocalittico raccolto dall’evangelista San Matteo: «E sentirete
di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve
avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione
e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto
questo è solo l’inizio dei dolori» (Vangelo di Matteo 24, 6-8).
Fenomeni
simili non si verificano attualmente a livello planetario?
Sembra
che i quattro cavalieri dell’Apocalisse, con le loro iene distruttrici, siano
sciolti: Il primo cavallo bianco assume la figura di Cristo per ingannare il
maggior numero di persone. «Gesù rispose loro: “Badate che nessuno vi inganni! Molti,
infatti, verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti
in inganno» (Vangelo di Matteo 24, 4-5). San Giovanni nella sua Prima Epistola
sostiene che ci sono «[…] di fatto molti anticristi […] Sono usciti da noi, ma
non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi
[…]» (Vangelo di Giovanni 2,18-19). Oggi, in mezzo a noi, pullulano quelli che
annunciano Cristo, radunano moltitudini nei loro templi e predicano il
contrario di ciò che Cristo ha predicato: l’odio, la diffamazione e la
satanizzazione del prossimo.
L’altro
cavallo di fuoco simboleggia la guerra, nella quale si tagliavano la gola a
vicenda. Oggi ci sono circa 18 luoghi di guerra con grande decimazione di vite
umane.
Il
terzo cavallo nero simboleggia la carestia e la peste. Siamo stati visitati
dalla peste del coronavirus, ora dal dengue, dall’influenza che porta malattie
a milioni di persone.
Infine,
il cavallo verdastro, il cui colore simboleggia la morte (il colore di un
cadavere) che oggi miete milioni e milioni di persone in innumerevoli modi
diversi (Apocalisse 6, 1-8).
Oggi
non abbiamo bisogno dell’intervento di Dio per porre fine a questa storia
sinistra. Noi stessi abbiamo creato il principio dell’autodistruzione con armi
chimiche, biologiche e nucleari che decimano tutta l’umanità e anche la natura
con i suoi animali, rettili e uccelli del cielo. E non rimarrà nessuno a
raccontare la storia.
Questo
lo disse una volta Michail Gorbachev, e l’ho sentito di persona insieme alla
grande cantante argentina Mercedes Soza (la Negra) in occasione di un incontro
sulla Carta della Terra, che lui stava coordinando. Un discorso così spaventoso
da parte di un Capo di Stato, con centinaia di testate nucleari e ogni tipo di
arma letale, mi ricorda quello che confessò uno dei più grandi storici del
secolo scorso, come reazione allo sgancio della bomba atomica su Hiroshima,
Arnold Toynbee nella sua autobiografia: “[…] ho vissuto fino a vedere la fine
della storia umana diventare una possibilità reale che può essere tradotta in
fatti non da un atto di Dio ma dell’essere umano” (Experiência, Vozes 1970,
p.422). Sì, il destino della vita è nelle nostre mani. Se si verificasse un’escalation
e si utilizzassero testate nucleari strategiche, ciò significherebbe la fine
della specie umana e della vita.
Oltre
alla minaccia nucleare che alcuni considerano imminente, vista la guerra della
Russia contro l’Ucraina, con la minaccia di Putin di utilizzare armi nucleari
tattiche, c’è tuttora anche l’emergenza dei cambiamenti climatici. Tra noi [in
Brasile] nel Rio Grande do Sul, in Europa, in Afghanistan e altrove, si sono
verificate inondazioni devastanti, oltre a spazzare via dalla mappa intere
città. Osserva uno scienziato neozelandese, James Renwick, dell’Università di
Victoria: “Il cambiamento climatico è la più grande minaccia che l’umanità
abbia mai dovuto affrontare, con il potenziale di rovinare il nostro tessuto
sociale e il nostro stile di vita. Ha il potenziale di uccidere miliardi di
persone, attraverso la fame, la guerra per le risorse e per lo sfollamento
delle persone colpite”.
Cosa
possiamo aspettarci? Tutto. La nostra scomparsa, per colpa della nostra inerzia
o l’irruzione di una nuova coscienza che sceglie la sopravvivenza, con cura e
un legame emotivo con la Madre Terra. Il noto economista-ecologista Nicolas
Georgescu-Roegen sospettava che “forse il destino dell’essere umano è quello di
avere una vita breve ma febbrile, eccitante e stravagante piuttosto che una
vita lunga, vegetativa e monotona. In questo caso, altre specie, prive di
pretese spirituali, come ad esempio le amebe [parassiti], erediteranno una
Terra che continuerà a essere bagnata per lungo tempo dalla pienezza della luce
solare” (The Promethean Destiny, N. York: Pinquin Books 1987, pag.103).
I
cristiani sono ottimisti: credono a questo messaggio dell’Apocalisse: «E vidi
un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima, infatti, erano
scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme
nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo
sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: “Ecco la
tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro
occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose
di prima sono passate”» (Apocalisse 21, 1-4).
Dobbiamo
essere come Abramo che «contro ogni speranza ebbe fede nella speranza» (San
Paolo ai Romani, 4,18), perché «la speranza non delude» (San Paolo ai Romani,
5,4). È quello che ci resta: la speranza fiduciosa e, positivamente, il
continuare a sperare [o esperançar].
(traduzione
dal portoghese di Gianni Alioti)
Fonte: Leonardo Boff
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