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sabato 18 maggio 2024

LO SPIRITO DI VERITA'


Pentecoste


 19 maggio 2024

Lectio Divina di Gv 

15, 26-27; 16, 12-15 


 [26] «Quando verrà il Paraclito che io manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza [27] e anche voi renderete testimonianza, perché siete con me sin dal principio.  [16, 12] Molte cose ancora ho da dirvi, ma non potete farvene carico adesso. [13] Quando, però, verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà nella verità tutta intera; non parlerà, infatti, da sé stesso, ma comunicherà quanto ascolterà e vi annuncerà le cose a venire. [14] Egli mi glorificherà perché prenderà dal mio e lo annuncerà a voi. [15] Tutto ciò che il Padre possiede è mio. Per questo vi ho detto che prenderà dal mio e ve lo annuncerà». Guidami nella tua verità e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza, in te ho sempre sperato (Salmo 25, 5)

Contestualizzazione  

-         di Maria de Fatima Medeiros Barbosa Comunità Kairòs

Questo testo fa parte del dialogo tra Gesù e i discepoli prima della sua passione1. Tutto si svolge in un ambiente privato dove Gesù cena e parla con i suoi la sera prima del suo arresto. Più Gesù parla, più loro capiscono che il tempo in cui lui non ci sarà più è vicino! Il dono escatologico dello Spirito rinnovatore, quello associato già nelle Scritture al compimento pieno dell’alleanza di Dio con il suo popolo, è necessariamente connesso alla morte di Gesù intesa come ritorno al Padre dopo il compimento della sua missione2. Il vangelo inizia situando il lettore in un tempo - «quando verrà il Paraclito» -, un tempo di grazia, un futuro di consolazione. Giovanni ci proietta così in un momento di (re)incontro, di accoglienza della presenza divina nel mondo e di ricezione del mistero con intelligenza e volontà. In questo «tempo che verrà» c’è nascosto un interrogativo: quando si adempiranno le promesse messianiche attese dal popolo eletto e annunciate da Gesù di Nazareth? Come sarà la relazione con Gesù dopo il capovolgimento pasquale? Quando vedremo l’irruzione di Dio nella nostra vita e nel mondo? L’evangelista rinnova così l’attesa di quel giorno in cui «voi conoscerete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi»3. Come diceva Benedetto XVI, «la Pentecoste è questo: Gesù, e mediante Lui Dio stesso, viene a noi e ci attira dentro di sé»4. Lo Spirito d’unità opera quest’attrazione: «Dio ci seduce con il suo Amore e così ci coinvolge, per muovere la storia e avviare processi attraverso i quali filtra la vita nuova»5. Già dal primo versetto si sente la sinfonia che unisce e compone armonicamente le diversità delle tre persone divine; si può anche evocare quel futuro di speranza in cui saremmo consolati, tempo di comunione e di riconciliazione; si è altresì spinti ad aprirsi alla forza (dynamis) dello Spirito che infiamma la parola umana e la rende Vangelo6.

 Sentieri d’interpretazione

Lo Spirito di Dio verrà perché Gesù lo manda, e Gesù lo manda dal Padre (v. 26)7. Lo Spirito è venuto allora dopo Gesù come suo successore8; è inviato da lui così come lo sono i suoi discepoli9. Gesù non si dimentica dei suoi amici10, gli invia un Paraclito per confortare i loro cuori stravolti11. Lo Spirito Santo oltre ad essere un consolatore - un avvocato difensore -, è anche Spirito rivelatore della verità. Insegnandoci a discernere la presenza divina in noi e nel mondo, lo Spirito di verità illumina i gesti e le parole di Gesù, aiutandoci a trovare lì la verità di Dio per l’uomo. Basilio di Cesarea afferma che lo Spirito della conoscenza è presente nella preghiera a donare in sé stesso la forza di intuire il mistero12. Infatti, senza lo Spirito non si può né credere in Cristo, né confessarlo, né essere veri adoratori13, né invocare il Padre14. Già si intravede qui la dinamica della vita trinitaria di Dio.  L’evangelista conduce i discepoli nel fluire della vita divina: «anche voi renderete testimonianza, perché siete con me sin dal principio» (v. 27)15. Rimanendo uniti nello Spirito della sua verità - proprio quello che lo identifica come Figlio rispetto al Padre – i discepoli potranno testimoniare la rivelazione dell’amore di Dio nella carne di Gesù, il «Figlio dell’uomo»16; potranno testimoniare per di più la presenza attiva dell’amore divino nella propria carne, in ogni carne, cioè, in ogni realtà che attende consolazione, perdono e riscatto. In altre parole, la missione di «portare il lieto annunzio ai miseri»17, che spetterà ai discepoli, trova garanzia nel dono dello Spirito, fonte della testimonianza. Lui illumina la forma del rivelarsi di Dio in Gesù, ovvero la forma del Servo di Jhwh giusto e giustificante le moltitudini. San Basilio suggerisce infatti che «come nel Figlio si vede il Padre, così il Figlio si vede nello Spirito»18. Come un raggio di luce che mostrerà in sé stesso. 2 l’immagine dell’Invisibile19, lo Spirito è una guida interiore che muove l’intelligenza alla comprensione del mistero di Dio e la volontà ad aderire a lui nella sapienza della vita.

In questa pagina evangelica la funzione testimoniale dello Spirito e dei discepoli vengono messe in parallelo: «l’uno e gli altri, insieme, continueranno nel mondo la testimonianza cristologica, pubblica e visibile in parole e opere»20. Giovanni incoraggia la sua comunità a coltivare il legame con Gesù, a rimanere legati a lui - come «il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite»21. Seguire le sue orme è la condizione di possibilità, non solo perché i discepoli possano testimoniare l’«io sono» divino di Gesù22, ma altresì – grazia alla permanenza dello Spirito di Cristo in loro - emergersi nella stessa intima essenziale relazione che unisce le tre persone divine23. Attraverso questa via24 - che è la sequela di Gesù - i discepoli possono conoscere l’essere di Dio Consolatore; possono partecipare della via del Servo del Signore; possono fare «esperienza»25 dell’essere Uno e Trino divino. Esiste un tempo opportuno per far fruttificare la parola di Dio nel cuore dell’uomo. Esiste un processo graduale di assunzione del «peso» della parola, cioè un percorso di maturazione perché la Parola possa farsi carne in noi. Giovanni capisce che la parola detta da Gesù ha una misura, un tempo e una densità che limita la capacità di ascolto dei discepoli (c. 16, v. 12); come se volesse sottolineare che il mistero di Dio è più grandi di noi! Effettivamente non si può avere la pretesa di comprendere, accettare e portare l’intero carico della parola viva di Dio. Proprio per non far perdere l’efficacia di questa parola, cioè affinché la parola dei discepoli possa veramente rendere testimonianza dell’essere amore di Dio, è come se Gesù preferisse rivelarla a poco a poco, considerando se e quando i suoi saranno in grado di accoglierla con responsabilità.

La benevolenza di Dio in Gesù tiene così in considerazione le capacità dei discepoli e non gli offre più di quanto possano assimilare. Gesù conosce bene la potenza e le esigenze della parola del Padre e capisce che da soli si può arrivare fino a un certo punto. È lo Spirito di verità che dona alla parola di Gesù la potenza necessaria per togliere il velo ai nostri occhi26.. 3 intelligibile»27 li conduce nella via della «saggezza di Dio»28, integralmente assunta e compiuta con la Pasqua (v. 13). Le testimonianze a servizio dell’evangelizzazione non sono tanto merito degli amici di Gesù, ma sarà sempre l’amore del Padre e la potenza (dynamis) dello Spirito, che li abilita ad intuire la pienezza della verità - «la verità tutta intera» - e ad accoglierla come una realtà compiuta29. Lo Spirito che conduce alla verità completa non parla da sé ma comunica - come i discepoli di Gesù lo faranno – quello che ascolta (v. 13). Annunciando la riserva di futuro («le cose a venire») che Gesù ha preferito non dire ai suoi (v. 12), lo Spirito di verità attualizza - nel qui e ora della storia - un «nuovo ordine delle cose», originato dalla morte e resurrezione di Cristo. Questo «nuovo ordine delle cose» racchiude la speranza formulata nelle profezie messianiche (la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, la consolazione degli afflitti, il diritto alle nazioni, la vista ai ciechi, l’anno di misericordia del Signore)30, ma anche il compimento del destino di beatitudine e della nuova giustizia, capace di abbattere le barriere tra puro e impuro tra Dio e l’uomo31. 

Lo Spirito di verità manifesta ai discepoli quanto di Gesù stesso – e, in lui, del Padre – ancora non era stato comprensibile durante la sua vita terrena32. Perciò «egli mi glorificherà» (v. 14) – dice Gesù -, «non come la creazione, ma come Spirito di verità, che fa risplendere chiaramente in sé la verità, e come Spirito di sapienza, che rivela nella sua grandezza, il Cristo, Potenza di Dio e Sapienza di Dio (1 Cor 1, 24)»33. Lo Spirito è lo spazio della glorificazione di Gesù perché manifesta la luce del mistero di Dio in lui. Facendoci sprofondare in quella vera umanità concessa ai figli degli uomini, lo Spirito Santo - vento e fuoco purificatore - ci spinge verso gli abissi del mistero. È lo Spirito di Cristo glorificato che dimora in noi34, provocando la continua sostituzione delle brame del nostro ego per il principio del dono di noi stessi in favore del prossimo. Ricevere lo Spirito di verità è dunque la condizione di possibilità perché la comunità dei discepoli possa – attraverso l’annuncio e lo stile di vita – assumersi la responsabilità di tutta la rivelazione di Dio in Gesù. Fu infatti la Pentecoste che fece cristiani i suoi discepoli35 e lì trasformo in chiesa36. In verità, soltanto attraverso l’attività creatrice dello Spirito, la comunità dei discepoli).  Questa pagina giovannea ha una chiara impronta teologica, nella misura in cui cerca un linguaggio adatto ad esprimere il mistero di Dio. E la verità di Dio è che Gesù di Nazareth è il Figlio amato38, la parola divina fatta carne in un volto umano39. In poche parole, il Paraclito manifesterà il diritto di Gesù di essere chiamato «Figlio di Dio»40. 

 Nel linguaggio biblico Figlio è un termine con un significato preciso: «figlio» è colui che compie le stesse opere del Padre, che fa ciò che il padre fa, che gli assomiglia in tutto41. Lo Spirito glorifica il Figlio – afferma l’evangelista - perché prende quello che è del Figlio e ci consegna (v. 14). E nel consegnare il tesoro del Figlio, ci consegna anche il tesoro del Padre, perché quello che possiede il Padre è del Figlio (v. 15)42. Sarà dunque con l’aiuto dello Spirito di verità - fonte di lode filiale - che i discepoli prenderanno coscienza della relazione unica tra Gesù e Dio, ossia matureranno la fede cristologica, chiamando Dio per Padre43 e riconoscendo in Gesù il suo Figlio unigenito44. Essendo lo Spirito la pienezza dell’amore, dell’energia, della vita di Dio, quando viene apre i nostri occhi per contemplare lo splendore della gloria di Dio, introducendoci in questa realtà divina. La Pentecoste celebra perciò la missione dello Spirito Santo, che oltre a favorire l’intima unione tra Dio e l’uomo, unifica i tempi dell’ascolto, dell’accoglienza e della testimonianza della parola di Dio nella storia.

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