Dobbiamo osare
un cambiamento
di paradigma:
il dubbio ci serve,
il dubbio è
fecondo.
Senza il dubbio
non c’è avanzamento
della conoscenza.
Chi non ha
dubbi,
si frega con le proprie mani.
Occorre che impariamo
anche a dire
“non lo so” e “non ho capito”
-
di Vera Gheno
-
Non avere dubbi, normalmente, è considerato un fatto positivo. Il dubbio è
il male: lo si fa coincidere con l’essere privi di certezze, di un’idea
precisa. Avere dubbi riguardo a sé stessi è anche peggio: si viene velocemente
bollati come persone insicure, indecise. Il dubbio è grigio, laddove i sicuri
sanno cosa sia nero e cosa sia bianco, giusto e sbagliato, lecito e illecito.
Il grigio, l’incertezza, è né carne né pesce: bianco sporco, o nero stinto. Il
dubbio non è muscolare.
Eppure, dobbiamo osare un cambiamento di paradigma: il dubbio ci serve, il
dubbio è fecondo. Senza il dubbio non c’è avanzamento della conoscenza. Chi non
ha dubbi, e pensa di sapere già tutto quello di cui ha bisogno, si frega con le
proprie mani. Si chiude in una sorta di autoreferenzialità cognitiva e non si
concede la possibilità di evolvere. La certezza è la fine dell’evoluzione. Il
che non vuol dire mettere in dubbio qualsiasi cosa; vuol dire ammettere, con
onestà, i limiti delle proprie competenze e conoscenze. “Là fuori” è pieno di
nozioni, ci sono campi interi che ignoriamo completamente … Pattugliare i
limiti del proprio sapere, secondo me, è essenziale. Purtroppo, ci siamo
convinti che siccome le informazioni, in linea di massima, sono a portata di
mano, possiamo sapere tutto. Ma acquisire un’informazione non vuol dire
conoscere: non coincide nemmeno con il capirla. L’accesso all’informazione
permesso da internet non ci ha dotati automaticamente della conoscenza, che va
invece perseguita con fatica.
Facciamoci caso: quante sono le persone che intervengono nelle discussioni
senza alcuna competenza specifica, pensando di averla? Quanti criticano gli
“esperti” con un “io non credo sia così”, certi delle proprie conoscenze e
mettendo automaticamente in dubbio quelle altrui, come se fosse tutta questione
di fiducia? Quante volte, quando parliamo di argomenti che conosciamo bene
(perché li abbiamo studiati), capita di trovare qualcuno che sentenzia
apodittico “non è vero”, oppure più enigmaticamente “mah”? …
Tanti, troppi, non si rendono conto dei limiti delle loro conoscenze: si
chiama effetto Dunning-Kruger: una distorsione cognitiva che porta le persone
non molto competenti in un certo campo a sovrastimare le proprie conoscenze e a
promuoversi esperte, con tutte le conseguenze del caso …
Un genere di persone particolarmente comuni sui social, ma non solo, sono i
sedicenti esperti; persone mai disposte ad ascoltare, che pensano di sapere già
tutto, e che, se contraddetti, si lamentano di essere vittime degli altri (di
solito, un “voi”) che li bullizzano. A ben pensarci, tutto questo circolo
vizioso è causato dalla mancanza di dubbi rispetto alle proprie conoscenze …
Mettiamoci il cuore in pace: nessuno di noi è tuttologo; nessuno, nemmeno
il più colto, potrà capire tutto. Occorre che impariamo anche a dire “non lo
so” e “non ho capito” …
La persona colta si rende conto di avere bisogno di
controllare un’informazione o una nozione, e più o meno sa dove andarla a
cercare. La persona ignorante invece non si pone alcun dubbio: sa già tutto
quello che ha bisogno di sapere, non si fa certo prendere dal morso del dubbio.
Vive felice con le sue certezze, senza rendersi conto che sono un recinto
esiguo che limita la possibilità di conoscere il mondo, di crescere. In ultima
analisi, di vivere una vita piena.
V. Gheno, Le ragioni del dubbio. L’arte di usare le parole, Einaudi
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