Il loro smarrimento è un’emergenza»
«Stiamo
attenti a non archiviarla come una ragazzata, solo perché non ci sono state
conseguenze. Fatti del genere raccontano di uno smarrimento generazionale che
oramai è un’emergenza». Paolo Crepet vuole proprio che ci si
allarmi per quanto successo a Milano.
Ma
cosa può portare a fare una cosa del genere?
«La
noia. Ricordo i sassi dal cavalcavia, 27 anni fa. Anche allora non
erano bimbetti e dissero che lo avevano fatto per noia. Vedo che il Gip non ha
contestato la strage, ma nei fatti se fossero passate delle persone in moto
sarebbero state decapitate».
La
noia può spiegare tutto?
«Oltre
alla noia questi ragazzi non hanno idea della morte. A parte la
parentesi della pandemia è una generazione per la quale la morte non esiste.
C’è poi una maledetta seduzione nel cercare emozioni che nella vita non hanno.
Non gliela danno più l’amore, il sesso o il lavoro».
Seduzione
sia di arrecare danni a terzi o a se stessi.
«Chiaro. La
nuova droga, il Fentanyl, vale migliaia di volte la morfina. Molti giovani
sono dentro ad un vortice che da un lato porta alla voglia di anestesia e
dall’altro alla ricerca di qualcosa che rompa questa anestesia. Quindi vedere
cosa succede se vado in monopattino al buio in galleria o stendo un cavo in
strada. C’è un distacco totale dalla realtà».
Questa
volta, però, non troviamo l’elemento del video da condividere poi sui social.
«Forse
non hanno avuto il tempo e magari volevano farlo a posteriori. Credo che una
cosa del genere predispone a mettersi poi da qualche parte e vedere cosa
produce. Anche se nessuno lo ammetterà».
Il fermato ha
detto che non voleva coinvolgere altri.
«Mi
convince poco. Se vogliamo dire che è il discorso di uno schizofrenico io non
firmerei questa ipotesi».
Era
però in cura psichiatria e prendeva psicofarmaci.
«Si
tratta di argomenti che magari potranno servirgli per cavarsela. Anche se per
me, viste le modalità, c’era la capacità di intendere e volere».
Ha
anche detto che sentiva «bisogno di approvazione».
«Ma
è chiara la volontà di partecipazione. Se lo avesse fatto da solo magari poteva
trattarsi del gesto di una persona mentalmente malata».
Faceva
uso di droga. Quanto influisce in queste vicende?
«La
droga è ormai la musica di fondo nella vita di migliaia di ragazzi. Anche i
psicofarmaci spesso sono usati come droga. Questo è lo sfondo, ma non c’è un
rapporto di causa ed effetto. Il problema è l’indifferenza rispetto a tutto.
Non credi al tuo futuro, non c’è nulla che ti fa gioire o ti appassiona. Assumi
poi droga o farmaci che peggiorano la percezione della realtà e fai delle
cretinate criminali».
Colpisce
anche l’età. Non sono certo degli adolescenti.
«Oggi
si comincia a fare una di vita da adulto quasi in età pediatrica, come andare
in discoteca a 13 anni e rientrare all’alba. E poi, visto che è stato tutto
anticipato, non c’è più una salita ma una sorta di plateau dove ci si
ferma. Per cui a una precoce “adultizzazione” segue un altrettanto precoce
immaturità. Sembra quasi un film dell’orrore».
Cosa
si potrebbe fare?
«Servirebbe
una visione più severa, senza fare spallucce o cercare giustificazioni. A
cominciare dall’uso delle droghe leggere. La vita dei giovani andrebbe riempita
da presenze che rimandano a cose enormi come modificare la scuola e il ruolo
dei genitori, che spesso non esistono».
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