DEL NON SO
- di José
Tolentino Mendonça
Il tempo non è l’avversario con
cui più sentirsi a proprio agio sul ring, dato che in fondo ben sappiamo che
sarà lui, alla fine, a vincere.
Anche noi siamo fatti di tempo,
siamo impastati della sua argilla, ci percepiamo come attraversati da substrati
temporali in tensione, da tempi di natura differente che, a modo loro, ci
misurano e ci spiegano.
Siamo un istante in transito fra
passato, presente e futuro. Ma del tempo noi sappiamo soltanto una briciola.
Questa coscienza ci sfida a
guardare con occhi riconciliati a ciò che ignoriamo. Ho riletto nei giorni
scorsi il discorso che Wisława Szymborska pronunciò alla cerimonia di consegna
del Nobel, nel 1996. All’epoca non mancarono i commenti che si era trattato del
discorso più corto mai ascoltato dall’Accademia Svedese, ma la verità è che la
sapienza che esso mostra è enorme.
Che cosa propone Szymborska?
L’elogio del «non so». Ricorda che i dittatori, i fanatici e i demagoghi di
ogni specie «sanno, e ciò che sanno gli basta una volta per tutte».
Quello che non sanno, però, è che,
quando la conoscenza cessa di produrre nuove domande perde quella temperatura
che conserva in sé il torrenziale flusso della vita.
Così la scrittrice controbatteva:
«Per questo apprezzo tanto due piccole paroline: “non so”.
Piccole, ma alate. Parole che
estendono la nostra vita in territori che si trovano in noi stessi e in
territori in cui è sospesa la nostra minuta Terra».
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