Pagine

domenica 9 luglio 2023

L'ARTE DI DIRIGERE CON GENTILEZZA

 La gentilezza premia 

e dà risultati:

 le nuove strategie

 del manager buono

 La psicologa inglese Claudia Hammond ha studiato gli effetti della bontà sul luogo di lavoro: 

«I dipendenti sono felici di partecipare all’impresa se i capi sono attenti al loro benessere»

 

- di SILVIA GUZZETTI

 

«Quella porta aperta per noi, inaspettatamente, da uno sconosciuto, senza che ce ne accorgiamo, oppure la gentilezza di un passante che si ferma ad indicarci bene la strada. Si tratta di gesti molto importanti perché ci fanno sentire amati, vicini a qualcun altro, più felici. Insomma, esseri umani, persone delle quali qualcuno, in quel momento, si sta davvero preoccupando. La gentilezza è un atto fatto con l’intenzione di aiutare qualcun altro ed è la chiave di tutti i rapporti umani. Che cos’è un rapporto umano, infatti, se non un tacito accordo per una reciproca gentilezza, si tratti di amicizia o di un rapporto romantico?».

 Così Claudia Hammond, famosissima psicologa, che presenta, al canale quattro di “Bbc radio”, “All in the mind”, “Tutto quello che possiamo scoprire della mente”, definisce la gentilezza, argomento del suo ultimo libro intitolato The keys to kindness. How to be kinder to yourself, others and the world, “Le chiavi della gentilezza. Come essere più gentili nei confronti di noi stessi, degli altri e del mondo”, pubblicato dalle edizioni Canongate. Un libro che sviscera, con abbondanza di studi scientifici, questa virtù umana indispensabile per la sopravvivenza della nostra specie e conclude, in modo molto positivo, che la maggior parte delle persone si preoccupano davvero degli altri anche perché, quando siamo gentili, una reazione chimica, nel nostro cervello, ci fa sentire meglio e migliora il nostro benessere.

 Insieme ai suoi colleghi dell’università di Sussex lei ha condotto lo studio globale più importante sulla gentilezza, il “Kindness Test”, al quale hanno partecipato oltre 60.000 persone, provenienti da 144 Paesi diversi. Quali sono i risultati più importanti?

 Uno dei risultati più importanti è che, davvero, la gentilezza si trova dappertutto attorno a noi. Infatti il 59% delle persone che abbiamo intervistato hanno detto che avevano ricevuto un gesto gentile nell’ultima giornata e, un quarto di loro, nell’ultima ora e tre quarti delle persone hanno detto di aver ricevuto gesti gentili da parenti o amici molto spesso o quasi sempre. E la pandemia ci ha dimostrato che la maggior parte delle persone sono gentili e si preoccupano degli altri.

 Il suo libro parla della grande bontà dell’umanità. All’inizio lei racconta, per esempio, di uno studio secondo il quale bambini di due anni sono più interessati ad aiutare un adulto in difficoltà che a giocare con un giocattolo favorito. Eppure la maggior parte di noi ha una visione più negativa di quella che lei ci dà nel libro sia dell’infanzia che del resto dell’umanità. Perché?

 Il nostro cervello è programmato per notare quello che è negativo, per esempio volti arrabbiati, ed è importante perché, in questo modo, siamo in grado di proteggerci da persone pericolose ma l’aspetto negativo è che tendiamo a dimenticarci del positivo che c’è nella nostra vita e pensiamo al mondo come a un posto peggiore di quello che è veramente.

 Un capitolo di “Le chiavi della gentilezza. Come essere più gentili con noi stessi, con gli altri e con il mondo” è dedicato a un nuovo stile, nelle aziende, che premia capi più umani, che non si preoccupano soltanto che i loro dipendenti siano produttivi e che trascorrano tante ore sul posto di lavoro, ma si assicurano che i lavoratori abbiano tempo sufficiente per loro stessi e per la famiglia e che siano felici. I dipendenti vengono anche motivati a lavorare con valori che vanno oltre il guadagno e il successo e coinvolti nelle decisioni più importanti che riguardano l’azienda. Può spiegarci perché questo stile che si chiama, in inglese, “ethical leadership”, “capacità etica di comando” ha così successo?

 I dipendenti sono più produttivi e più fedeli al loro datore di lavoro se hanno un leader etico perché si sentono valorizzati, sentono che il posto di lavoro è un luogo felice e si sentono parte di una missione più grande. Inoltre, di solito, i capi che hanno successo sono quelli che piacciono ai dipendenti.

 Lei spiega anche che non possiamo essere gentili con gli altri se non siamo gentili con noi stessi. Può darci una ricetta, oppure tre o quattro regole, che ci garantiscono che abbiamo compassione di noi stessi e ci stiamo trattando con umanità?


 Quello che dobbiamo fare per avere compassione di noi stessi è ricordarci che siamo persone che stanno cercando di fare del loro meglio. Di solito siamo molto critici nei confronti di noi stessi. Per esempio non diremmo mai a un collega o a un amico: «Che errore stupido hai fatto! È tipico di te essere così stupido e sarai sempre così stupido ». Eppure diciamo queste frasi a noi stessi in continuazione quando sbagliamo. È importante dire a noi stessi che chiunque commette errori, che possiamo imparare da questi errori e che possiamo cercare di non farli più ma dobbiamo avere compassione di noi stessi perché cercavamo di fare del nostro meglio mentre commettevamo quegli errori. Dobbiamo anche curare noi stessi. Per esempio imparare l’arte di rilassarsi alla quale ho dedicato un altro libro. È importante conoscere quale attività ci rilassano e incorporarle nella nostra vita anche solo per dieci minuti, soprattutto se siamo stressati. Spesso si tratta di attività che tendiamo a fare da soli, il che suggerisce che, per quanto amiamo stare con le altre persone, abbiamo anche bisogno di stare da soli. Anche guardare fuori dalla finestra, fare scarabocchi, dondolarsi sulla sedia, tutte quelle cose che ci proibivano di fare quando eravamo a scuola, servono a farci sentire meglio.

 

www.avvenire.it

 

 


Nessun commento:

Posta un commento