La preoccupante carenza di personale
registrato diffusamente nelle professioni di cura, si configura come una vera e
propria emorragia delle figure socio-educative e del personale sanitario.
Mancano dati certi che delineino validamente il fenomeno, ma si articola
ampiamente nel Paese da Nord a Sud con un invecchiamento dei professionisti e
un progressivo abbandono del campo.
- di BRUNO FORTE*
Educatori e insegnanti cercasi e anche nidi e
scuole dell’infanzia della Fism sono costretti a ripiegare su personale ancora
impegnato nel percorso formativo iniziale. Ciò deriva da uno “stato
confusionale” riferito al reclutamento che pone in seria difficoltà proprio il
sistema paritario per l’esodo verso la scuola statale che almeno consente una maggiore
sicurezza del posto e più agevoli condizioni di esercizio. La sussidiarietà
educativa è stata colpevolmente resa insignificante proprio dalla “strabica”
visione del Ministero dell’Istruzione che non ha assunto la chiave di lettura
del sistema integrato statale e paritario, nella definizione previsionale del
fabbisogno di educatori e di docenti; di conseguenza il sistema universitario
statale si è appiattito sulla visione ministeriale che, correlata con la
farraginosità burocratica, ha portato a questa situazione congiunturale. La
Fism ha rinsaldato una volontà di reazione positiva nel riaccendere i fari
sulla costruzione del sistema paritario che vede nel convenzionamento con il
sistema universitario statale e quello pubblico offerto da soggetti privati,
una risposta alla formazione di educatori e docenti.
La
domanda di servizi educativi, nidi e scuole dell’infanzia cresce anche se siamo
in presenza di un processo di contrazione demografica. Il Piano nazionale per
la famiglia del 10 agosto 2022 costituisce uno strumento che declina il Family
act (legge n. 32/2022) nel quadro del sistema 0/6 per sostenere il
dovere/diritto educativo genitoriale che si esercita anche mediante i servizi
del nido e della scuola.
Il
processo risponde alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa sui servizi
all’infanzia che ridefinisce il ruolo dei servizi stessi per contrastare le
diseguaglianze nello sviluppo personale e sociale a causa della disparità dei
contesti. L’obiettivo di copertura delle presenze dei servizi sul territorio
pari al 33% previsto per il 2010, viene ampliato al 45% entro il 2030. Già la
prima tappa corre il rischio di non realizzarsi nonostante le risorse messe a
disposizione dal Pnrr, poiché gli obiettivi intermedi non sono stati raggiunti
a causa della inadeguata partecipazione dei comuni delle regioni meridionali.
Anche
nella promozione della cultura e dei servizi all’infanzia emergono le diverse
“Italie” per cui va opportunamente problematizzato nel segno dell’equità, il
disegno della cosiddetta “autonomia differenziata”. La scuola dell’infanzia del
sistema pubblico integrato ha contribuito significativamente a “fare gli
italiani” nell’interazione e scambio tra diverse provenienze socio-culturali
del sistema Paese. La nazionalità costituisce una dimensione nella quale si
possono esprimere i territori educativi unificati nei livelli essenziali di
prestazione e di fabbisogni standard. Per favorire l’integrazione tra i diversi
contesti nei quali si radicano le scuole Fism e promuovere uno sfondo di arricchimento
pedagogico, organizzativo e sociale, si delinea un progetto di gemellaggi tra
le scuole delle diverse “Italie” anche con lo scopo di far cadere tabù e
pregiudizi che riduttivamente interpretano le realtà delle diverse zone. L’onda
lunga della pandemia ha contribuito a marcare pesantemente lo sbilanciamento
tra educazione/istruzione in favore della seconda. La censura della relazione
educativa e l’accentuarsi del disaccordo sociale sui princìpi fondamentali
dell’umano, ha compresso l’esercizio della progettualità educativa. Si tende a
curvare tutto sull’istruzione proprio in un contesto nel quale i ragazzi e la
comunità richiedono educazione.
Per
poter essere presi in braccio e per prendere in braccio è necessario
condividere un cammino assieme: questo è educazione.
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