PER MEGLIO DISCERNERE*
- Papa Francesco: “
….. Con questa catechesi di oggi concludiamo il ciclo dedicato al tema del
discernimento, e lo facciamo completando il discorso sugli aiuti che possono e
devono sostenerlo: sostenere il processo di discernimento. Uno di questi è
l’accompagnamento spirituale, importante anzitutto per la conoscenza di sé, che
abbiamo visto essere una condizione indispensabile per il discernimento.
Guardarsi allo specchio, da soli, non sempre aiuta, perché uno può alterare
l’immagine. Invece, guardarsi allo specchio con l’aiuto di un altro, questo
aiuta tanto perché l’altro ti dice la verità – quando è veritiero – e così ti
aiuta.
La
grazia di Dio in noi lavora sempre sulla nostra natura. Pensando a una parabola
evangelica, la grazia possiamo paragonarla al buon seme e la natura al terreno
(cfr Mc 4,3-9). È importante anzitutto farsi conoscere, senza timore di
condividere gli aspetti più fragili, dove ci scopriamo più sensibili, deboli o
timorosi di essere giudicati. Farsi conoscere, manifestare se stesso a una
persona che ci accompagni nel cammino della vita. Non che decida per noi, no:
ma che ci accompagni. Perché la fragilità è, in realtà, la nostra vera
ricchezza: noi siamo ricchi in fragilità, tutti; la vera ricchezza, che
dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, quando viene offerta a
Dio, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia e di amore. Guai a quelle
persone che non si sentono fragili: sono dure, dittatoriali. Invece, le persone
che con umiltà riconoscono le proprie fragilità sono più comprensive con gli
altri. La fragilità – io posso dire – ci rende umani. Non a caso, la prima
delle tre tentazioni di Gesù nel deserto – quella legata alla fame – cerca di
rubarci la fragilità, presentandocela come un male di cui sbarazzarsi, un
impedimento a essere come Dio. E invece è il nostro tesoro più prezioso:
infatti Dio, per renderci simili a Lui, ha voluto condividere fino in fondo la
nostra propria fragilità. Guardiamo il crocifisso: Dio che è sceso proprio alla
fragilità. Guardiamo il presepio che arriva in una fragilità umana grande. Lui
ha condiviso la nostra fragilità.
E
l’accompagnamento spirituale, se è docile allo Spirito Santo, aiuta a
smascherare equivoci anche gravi nella considerazione di noi stessi e nella
relazione con il Signore. Il Vangelo presenta diversi esempi di colloqui
chiarificatori e liberanti fatti da Gesù. Pensiamo, ad esempio, a quelli con la
Samaritana, che noi lo leggiamo, lo leggiamo, e sempre c’è questa saggezza e
tenerezza di Gesù; pensiamo a quello con Zaccheo, pensiamo con la donna
peccatrice, pensiamo con Nicodemo e con i discepoli di Emmaus: il modo di
avvicinarsi del Signore. Le persone che hanno un incontro vero con Gesù non
hanno timore di aprirgli il cuore, di presentare la propria vulnerabilità, la
propria inadeguatezza, la propria fragilità. In questo modo, la loro
condivisione di sé diventa esperienza di salvezza, di perdono gratuitamente
accolto.
Raccontare
di fronte a un altro ciò che abbiamo vissuto o che stiamo cercando aiuta a fare
chiarezza in noi stessi, portando alla luce i tanti pensieri che ci abitano, e
che spesso ci inquietano con i loro ritornelli insistenti. Quante volte, in
momenti bui, ci vengono i pensieri così: “Ho sbagliato tutto, non valgo niente,
nessuno mi capisce, non ce la farò mai, sono destinato al fallimento”, quante
volte è venuto a noi pensare queste cose. Pensieri falsi e velenosi, che il
confronto con l’altro aiuta a smascherare, così che possiamo sentirci amati e
stimati dal Signore per come siamo, capaci di fare cose buone per Lui.
Scopriamo con sorpresa modi differenti di vedere le cose, segnali di bene da
sempre presenti in noi. È vero, noi possiamo condividere le nostre fragilità
con l’altro, con quello che ci accompagna nella vita, nella vita spirituale, il
maestro di vita spirituale, sia un laico, un sacerdote e dire: “Guarda cosa
succede a me: sono un disgraziato, mi stanno succedendo queste cose”. E colui
che accompagna risponde: “Sì, tutti ne abbiamo di queste cose”. Questo ci aiuta
a chiarirle bene e vedere da dove vengono le radici e così superarle.
Colui
o colei che accompagna – l’accompagnatore o l’accompagnatrice – non si
sostituisce al Signore, non fa il lavoro al posto della persona accompagnata,
ma cammina al suo fianco, la incoraggia a leggere ciò che si muove nel suo
cuore, il luogo per eccellenza dove il Signore parla. L’accompagnatore
spirituale, che noi chiamiamo direttore spirituale – non mi piace questo
temine, preferisco accompagnatore spirituale, è meglio – è quello che ti dice:
“Va bene, ma guarda qui, guarda qui”, ti attira l’attenzione su cose che forse
passano; ti aiuta a capire meglio i segni dei tempi, la voce del Signore, la
voce del tentatore, la voce delle difficoltà che non riesci a superare. Per
questo è molto importante non camminare da soli. C’è un detto della saggezza
africana – perché loro hanno quella mistica della tribù –che dice: “Se tu vuoi
arrivare in fretta, vai da solo; se tu vuoi arrivare sicuro, vai con gli
altri”, vai accompagnato, vai con il tuo popolo. È importante. Nella vita
spirituale è meglio farsi accompagnare da qualcuno che conosca le cose nostre e
ci aiuti. E questo è l’accompagnamento spirituale.
Questo
accompagnamento può essere fruttuoso se, da una parte e dall’altra, si è fatta
esperienza della figliolanza e della fratellanza spirituale. Scopriamo di
essere figli di Dio nel momento in cui ci scopriamo fratelli, figli dello
stesso Padre. Per questo è indispensabile essere inseriti in una comunità in
cammino. Non siamo soli, siamo gente di un popolo, di una nazione, di una città
che cammina, di una Chiesa, di una parrocchia, di questo gruppo … una comunità
in cammino. Non si va al Signore da soli: questo non va. Dobbiamo capirlo bene.
Come nel racconto evangelico del paralitico, spesso siamo sostenuti e guariti
grazie alla fede di qualcun altro (cfr Mc 2,1-5) che ci aiuta ad andare avanti,
perché tutti noi alle volte abbiamo delle paralisi interiori e ci vuole
qualcuno che ci aiuti a superare quel conflitto con l’aiuto. Non si va al
Signore da soli, ricordiamolo bene; altre volte siamo noi ad assumerci tale
impegno a favore di un altro fratello o di una sorella, e siamo accompagnatori
per aiutare quell’altro. Senza esperienza di figliolanza e di fratellanza
l’accompagnamento può dare adito ad attese irreali, a equivoci, a forme di
dipendenza che lasciano la persona allo stato infantile. Accompagnamento, ma
come figli di Dio e fratelli con noi.
La
Vergine Maria è maestra di discernimento: parla poco, ascolta molto e
custodisce nel cuore (cfr Lc 2,19). I tre atteggiamenti della Madonna: parlare
poco, ascoltare tanto e custodire nel cuore. E le poche volte in cui parla
lascia il segno. Per esempio, nel Vangelo di Giovanni c’è una brevissima frase
pronunciata da Maria che è una consegna per i cristiani di tutti i tempi: “Fate
quello che vi dirà” (cfr 2,5). È curioso: una volta ho sentito una vecchietta
molto buona, molto pia, non aveva studiato teologia, era molto semplice. E m’ha
detto: “Lei sa qual è il gesto che sempre fa la Madonna?”. Non so: ti coccola,
ti chiama … “No: il gesto che fa la Madonna è questo” [indica con l’indice]. Io
non capivo, e chiedo: “Cosa vuol dire?”. E la vecchietta mi ha risposto:
“Sempre segnala Gesù”. È bello, quello: la Madonna non prende niente per sé,
segnala Gesù. Fate quello che Gesù vi dice: così è la Madonna. Maria sa che il
Signore parla al cuore di ciascuno, e chiede di tradurre questa parola in
azioni e scelte. Lei ha saputo farlo più di ogni altro, e infatti è presente
nei momenti fondamentali della vita di Gesù, specialmente nell’ora suprema
della morte di croce.
Cari
fratelli e sorelle, finiamo questa serie di catechesi sul discernimento: il
discernimento è un’arte, un’arte che si può apprendere e che ha le sue regole
proprie. Se bene appreso, esso consente di vivere l’esperienza spirituale in
maniera sempre più bella e ordinata. Soprattutto il discernimento è un dono di
Dio, che va sempre chiesto, senza mai presumere di essere esperti e
autosufficienti. Signore, dammi la grazia di discernere nei momenti della vita,
cosa devo fare, cosa devo capire. Dammi la grazia di discernere, e dammi la
persona che mi aiuti a discernere.
La
voce del Signore si può sempre riconoscere, ha uno stile unico, è una voce che
pacifica, incoraggia e rassicura nelle difficoltà. Il Vangelo ce lo ricorda
continuamente: «Non temere» (Lc 1,30), che bella quella parola dell’angelo a
Maria dopo la risurrezione di Gesù; «non temere», «non abbiate paura», è
proprio lo stile del Signore: «non temere». «Non temere!», ripete anche a noi
il Signore oggi; «non temere»: se ci fidiamo della sua parola, giocheremo bene
la partita della vita, e potremo aiutare altri. Come dice il Salmo, la sua
Parola è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino (cfr 119,105).
Nessun commento:
Posta un commento