Tre
fiabe, tre racconti per bambini e per adulti scritti da Claudio Mercandelli per
un viaggio affascinante alla ricerca del nostro Io disperso.
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di Paolo Vites
Chissà
se Claudio Mercandelli apprezza le canzoni di Angelo Branduardi. C’è infatti
nella sua scrittura la stessa delicatezza fiabesca del musicista, quella
capacità apparentemente infantile di far vivere fiori, farfalle, addirittura
molluschi e sassi in contesti non umani, ma che in realtà incarnano tutte le
nostre caratteristiche di “esseri pensanti” per comunicare attraverso loro
metafore, sogni, speranze del nostro essere uomini e donne.
Mercandelli
opera lontano dal contesto artistico di Branduardi, ma la loro capacità di
stupore per la bellezza che spesso si nasconde dietro una realtà deturpata li
accomuna. Giunto al suo esordio letterario, con Mi illumino di immerso. Appunti
di speleologia di un’anima (Il Settenario, 2022) dopo una carriera come
insegnante, Mercandelli ha raccolto in questo volume tre di quelle che lui
stesso definisce “fiabe”.
Ci
siamo dimenticati che questa formula narrativa da sempre considerata per
bambini o adolescenti, in realtà ha sempre contenuto “un intento formativo o di
crescita morale”. Lo dice lo stesso autore nella sua introduzione, citando lo
psicanalista Bruno Bettelheim a proposito di cosa le fiabe propongano al
lettore: “Un’educazione morale che sottilmente e solo per induzione gli indichi
i vantaggi del comportamento morale, non mediante concetti etici ma mediante
quanto gli appare tangibilmente giusto e quindi di significato riconoscibile”.
Forse
è per questo che in un’epoca storica dove nessuno è più in grado di comunicare
“intenti formativi” e “morali”, affogati come siamo nel nichilismo, nella
delusione, nell’impotenza, nel crollo di credo religiosi o politici, nessuno ne
scrive più. A parte Mercandelli, ovviamente.
Il
suo intento è prima di tutto il recupero della forma “parola” anche questa
andata perduta, oggi che non siamo quasi più in grado di reggere una penna o
una matita, abituati come siamo a tastiere di computer o smartphone, tanto da
aver perso il gusto di comporla, preferendo sciocche abbreviazioni, slogan
preconfezionati, meme da chat di Whatsapp. Per Mercandelli c’è il ricordo di
quando “capitava che a pulsare, grondare di energia, fossero le stesse parole
che la didattica aveva avvicinato, sterilizzandole, rendendole cose asettiche,
cosa morta”. Occorre perciò – aggiunge – “ritrovare quelle parole non ancora
logorate dal linguaggio scarnificante degli adulti”.
Questa
è la missione che si è posto l’autore e dobbiamo dire che ci è riuscito
benissimo. I suoi racconti, infatti, ci portano a un mondo lontano, antico, ma
vivissimo, perché parlano di noi attraverso deliziose metafore, che sia una
margherita che si innamora di una farfalla o un mollusco che vive rinchiuso nel
proprio guscio. Ci dicono di noi con una tenerezza incontenibile e ci
affascinano per la sapiente capacità dell’autore di descrivere mondi fatati, miti,
leggende. Insomma, quei sogni che hanno reso irripetibile la nostra
adolescenza. E ci porta per mano a recuperare il nostro stesso Io (non è un
caso che la farfalla protagonista del primo racconto si chiami “Io”).
Leggendolo, tanta è l’urgenza e il fascino che Mercandelli ci comunica, che
difficilmente riusciamo a sospendere la lettura e andiamo avanti senza sosta,
pieni di curiosità e stupore per vedere come la storia si sviluppi e vada a
finire.
Mercandelli
ha tantissime cose da dirci a proposito dell’amore, ad esempio: “Aver amato
così tanto da accettare di perdere l’amata”. O a proposito di un falso concetto
educativo: “Che la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso sia
appannaggio degli adulti e non dei più piccoli è una convenzione molto radicata,
negli adulti ovviamente”.
Come
suggeriscono titolo e sotto titolo, questo libro è una indagine psicologica del
proprio Io, scoprendo dimensioni accantonate o mai appariscenti, soffocati come
siamo dalla banalizzazione dei sentimenti e del cuore. Impossibile non
riconoscersi nel mollusco che si rinchiude nel proprio guscio: “Sopravvivere
era l’unico obbiettivo da perseguire, l’unica velleità, la sola ambizione”. C’è
infine una urgenza particolare che si manifesta riga dopo riga: l’altro. Il
prossimo senza il quale, ci fa capire l’autore, il nostro Io non si completa,
perché siamo creature bisognose di una alterità a cui apparteniamo.
Scritto
in modo accattivante, ricco di stimoli, è un libro caldamente consigliato agli
adulti che vogliano scoprire il proprio sé dimenticato per comunicarlo ai più
piccoli, che, ne siamo certi, rimarranno innamorati di questi racconti.
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