- di Italo Fiorin
A che cosa serve
soprattutto la scuola? A questa domanda sono molte le risposte possibili. La
scuola è il luogo dell’incontro con la cultura, nel quale avviene la
trasmissione alle giovani generazioni di un patrimonio prezioso (traditio vuol
dire trasmissione). La scuola è però anche il luogo della preparazione al
futuro, un invito all’avventura del conoscere (ad ventura significa
rivolgersi verso le cose che ancora non ci sono, verso l’inesplorato). E, tra
passato (tradizione) e futuro (avventura), la scuola è il luogo dell’incontro
con gli altri, delle relazioni, della scoperta di non essere soli al mondo, né
il centro del mondo, di non essere monarchi assoluti (ab solutus
significa senza legami), ma collegati, interdipendenti, parte di una comunità.
Si va a scuola certamente per apprendere conoscenze e sviluppare competenze,
non però come monadi isolate le une dalle altre, ma come persone, cioè come
esseri in relazione. Come dice un proverbio africano, “noi siamo persone attraverso
le altre persone”.
In altre parole, si va a
scuola per imparare e per imparare ad apprendere, ma anche per imparare a
convivere, pacificamente, costruttivamente, solidarmente con gli altri.
Dunque, si va a scuola
per diventare noi stessi (il che significa imparare a scoprire i nostri talenti
e a prendercene cura) e, allo stesso tempo, si va a scuola per imparare a farlo
insieme agli altri, fatti della nostra stessa pasta umana, non estranei, ma
fratelli e sorelle, con i quali condividiamo la stessa casa e lo stesso
destino.
Le tre parole della Rivoluzione
francese esprimono questa idea di cittadinanza: libertà, uguaglianza,
fraternità. Si va a scuola non solo per impararne il significato, ma
soprattutto la loro necessaria relazione, perché non sono parole ‘ab solute’,
ma collegate, non indipendenti ma interdipendenti. Infatti, la libertà, senza
regole, tende a distruggere l’uguaglianza; l’uguaglianza, se imposta, tende a
distruggere la libertà; la fraternità non può essere né decretata né imposta,
ma è necessaria ad entrambe e va incoraggiata.
Che cosa accade, infatti,
senza una fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di
fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla
scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori?
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