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domenica 30 ottobre 2022

LA SCUOLA CHE DESIDERO

 

- di Italo Fiorin

A che cosa serve soprattutto la scuola? A questa domanda sono molte le risposte possibili. La scuola è il luogo dell’incontro con la cultura, nel quale avviene la trasmissione alle giovani generazioni di un patrimonio prezioso (traditio vuol dire trasmissione). La scuola è però anche il luogo della preparazione al futuro, un invito all’avventura del conoscere (ad ventura significa rivolgersi verso le cose che ancora non ci sono, verso l’inesplorato). E, tra passato (tradizione) e futuro (avventura), la scuola è il luogo dell’incontro con gli altri, delle relazioni, della scoperta di non essere soli al mondo, né il centro del mondo, di non essere monarchi assoluti (ab solutus significa senza legami), ma collegati, interdipendenti, parte di una comunità. Si va a scuola certamente per apprendere conoscenze e sviluppare competenze, non però come monadi isolate le une dalle altre, ma come persone, cioè come esseri in relazione. Come dice un proverbio africano, “noi siamo persone attraverso le altre persone”.

In altre parole, si va a scuola per imparare e per imparare ad apprendere, ma anche per imparare a convivere, pacificamente, costruttivamente, solidarmente con gli altri.

Dunque, si va a scuola per diventare noi stessi (il che significa imparare a scoprire i nostri talenti e a prendercene cura) e, allo stesso tempo, si va a scuola per imparare a farlo insieme agli altri, fatti della nostra stessa pasta umana, non estranei, ma fratelli e sorelle, con i quali condividiamo la stessa casa e lo stesso destino.

Le tre parole della Rivoluzione francese esprimono questa idea di cittadinanza: libertà, uguaglianza, fraternità. Si va a scuola non solo per impararne il significato, ma soprattutto la loro necessaria relazione, perché non sono parole ‘ab solute’, ma collegate, non indipendenti ma interdipendenti. Infatti, la libertà, senza regole, tende a distruggere l’uguaglianza; l’uguaglianza, se imposta, tende a distruggere la libertà; la fraternità non può essere né decretata né imposta, ma è necessaria ad entrambe e va incoraggiata.

Che cosa accade, infatti, senza una fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori?



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