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sabato 24 settembre 2022

IL VOTO NON BASTA

*La politica non è solo votare:

 il fine giusto è dedicarsi al prossimo*


L'impegno costante, responsabile, competente nelle associazioni e nei vari ambiti di volontariato - qualsiasi ruolo si svolga- è un modo efficace per servire il prossimo. Votare è giusto e necessario, ma se il voto non è inserito in un cammino serve ben poco.

La vita associativa, se ben vissuta, è spazio fecondo di maturazione civica e di cittadinanza attiva.

 - di Gian Maria Zanoni e Federica Fasciolo


E’ necessario educarci e educare ad essere cittadini attivi attraverso l’assunzione personale e comunitaria delle responsabilità che la realtà ci presenta (Dal Patto Educativo Agesci).

Cinquant’anni fa, don Lorenzo Milani scriveva con gli alunni di Barbiana “Lettera a una professoressa”.  Barbiana era una sperduta località del Mugello dove don Lorenzo aveva fondato una scuola per i figli dei contadini e dei montanari, abbandonati, in vario modo, dalla scuola ufficiale.  Quella professoressa rappresentava l’istituzione scolastica.

La lettera è una denuncia e un invito: la denuncia di una scuola sbagliata e l’invito a migliorarla con slancio autenticamente cristiano, pedagogico e politico.

“Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola? Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte.” (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria ed. Fiorentina, Firenze, 1967, p.94)

Il fine giusto è dedicarsi al prossimo.  Questo è un buon punto di partenza per pensare alla politica. Consente subito di liberare il campo da idee diffuse e fuorvianti.

La politica è l’arte di “interessarsi" al prossimo, ma può e deve diventare l’arte di “dedicarsi” al prossimo.

E’ facile capire la differenza.

Nel primo caso è possibile che ci si” interessi” degli altri strumentalmente, nel secondo no. Se noi ci dedichiamo a qualcosa, essa appare e rimane come una finalità superiore, non manipolabile né sacrificabile all’interesse personale o a qualche idolatrica idealità.

Nei secoli passati, la politica era pensata come strumento di difesa dell’individuo, timoroso della ferocia di quanti lo circondavano: doveva garantire pace e incolumità, perché ognuno potesse dedicarsi al suo lavoro senza rischi né incertezze e pensare tranquillamente ai propri interessi. Una sorta di egoismo illuminato: la solidarietà era un problema privato, di religione e di coscienza. L’interessarsi al prossimo era un fatto puramente strumentale e la politica appariva come un male necessario.

A questa idea di politica si aggiunge oggi il giudizio, ancora peggiore, molto frequente:” La politica è una cosa sporca”, e, se non lo è, è comunque l’attività di alcuni “impallinati”; “la politica la fanno i partiti”, “la politica non è della gente…e tanto vale allora, fare qualche altra cosa”. Ad esempio, il volontariato o l’impegno sociale.

Ma la politica è proprio lì!

Perché se il volontariato, se l’impegno sociale non diventano politici, rimangono sempre marginali, incapaci di modificare la profonda struttura civica, una sorta di giardino fiorito che adorna il palazzo dove si decide realmente del destino dell’uomo e della società.  

La politica allora è l’azione permanente della comunità che costruisce il suo cammino in un dato momento storico, una comunità che vive territorialmente il suo destino e che persegue il suo bene comune, bene che riguarda tutti.

Questa politica coincide con la dignità dell’uomo e con la democrazia: la qualità della vita, la difesa dei diritti, la vivibilità, non spettano a qualcuno, ma spettano a tutti.

E tutti dobbiamo essere realmente coinvolti in quello che avviene nel nostro territorio.

Se viviamo la vera politica non possiamo allora mitizzare momenti come quello delle elezioni. L’elezione è solo un momento della politica: le elezioni per noi dovrebbero durare tutto l’anno, perché tutti dovremmo essere coinvolti nel determinare il ritmo di vita della comunità. La tecnica dell’elezione, che può richiedere scelte “strategiche” (per non far vincere questo o far vincere quello), è giustificata se inserita nell’idealità e nell’impegno. Altrimenti è un semplice dilemma machiavellico che denuncia tutta l’ipocrisia della prassi cosiddetta democratica, usualmente concepita.

Allora è nostro dovere “fare politica”, non delegando, ma impegnandosi in prima persona, sempre, con senso di responsabilità e di civismo.

Questo significa dedicarsi al prossimo.

 RS-Servire


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