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mercoledì 17 agosto 2022

CONNESSI, MA SOLI


 La connessione da sola non basta per comunicare

Il prefetto del Dicastero per la Comunicazione è intervenuto al Signis World Congress, Congresso mondiale dell' Associazione cattolica per la comunicazione, che quest’anno si tiene a Seul alla presenza di circa 300 partecipanti da 31 Paesi. “L'unico modo per rispondere alla sfida della tecnologia è quello di non pensarla come un idolo"

 -         di Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

 

Ci sono cose che la tecnologia non può sostituire. “Come la libertà. Come il miracolo dell’incontro fra le persone, la sorpresa dell’inatteso, la conversione, lo scatto dell’ingegno, l’amore gratuito”. È quanto ha affermato Paolo Ruffini, intervenendo in apertura del Congresso mondiale della rete cattolica “Signis”, associazione internazionale per i professionisti cattolici nell’ambito della comunicazione. L’evento, incentrato quest’anno sul tema "Pace nel mondo digitale", si svolge a Seul fino al prossimo 18 agosto e vede riuniti circa 300 partecipanti giunti da tutti i continenti. Proprio la capitale sudcoreana si prepara ad essere la prima città a varcare - come città - il confine del meta-verso e a rendere più efficienti i propri servizi.

Iperconnessi ma anche soli

Il prefetto del Dicastero per la Comunicazione ha ricordato che la tecnologia, frutto dell’ingegno umano, permette oggi cose - come le teleconferenze, la telemedicina, l’e-commerce - “che erano impensabili solo pochi decenni fa”. Ma il paradosso del nostro tempo, ha sottolineato, è che “siamo iperconnessi e anche soli”. “Il problema è esattamente qui. Quando non c’è più comunicazione, ma solo connessione”. È allora che “bisogna mettersi in discussione, fare un esame di coscienza personale e collettivo”. E rispondere ad alcune domande. Come è possibile essere allo stesso tempo iperconnessi, e terribilmente soli? Cosa manca alla nostra connessione per colmare questa solitudine? “L’unico modo per rispondere alla sfida della tecnologia – ha detto Paolo Ruffini - è quello di non pensarla come un idolo. Ma anche di non demonizzarla. Di non credere le sia affidato il compito di redimere l’umanità. Ma anche di non pensare che dipenda da essa la sua perdizione”.

La felicità non si compra

Paolo Ruffini ha inoltre ricordato che nel 2014 proprio nella Repubblica di Corea Papa Francesco, rispondendo ad una ragazza durante l’incontro con i giovani nel Santuario di Solmoe, aveva sottolineato che “la felicità non si compra”. “E quando tu compri una felicità - aveva aggiunto il Pontefice - poi te ne accorgi che quella felicità se n’è andata… Non dura la felicità che si compra. Soltanto la felicità dell’amore, questa è quella che dura”. “Il consumismo – ha poi affermato Paolo Ruffini - scambia la soddisfazione a breve termine con la felicità più profonda e duratura”. “Noi sappiamo di non essere solo dei consumatori. E tantomeno degli oggetti da consumare. Noi sappiamo benissimo che solo una relazione, una connessione fondata sull’amore può renderci meno soli, può durare, può renderci felici”. “E l’amore - ha osservato il prefetto del Dicastero per la Comunicazione - si basa su questa fragilità suprema che è il sentire il bisogno di amore, di amare e di essere amati, di donare e di donarsi. Qui è la radice di ogni comunicazione. Per questo la connessione da sola non basta”.

I rischi delle social network communities

Nel suo intervento Paolo Ruffini si è poi soffermato sulle social network communities. Come ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio per la 53.ma giornata delle comunicazioni sociali, queste reti non sono automaticamente sinonimo di comunità: “Troppe volte la loro identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, di chi è estraneo al gruppo”. “Troppe volte si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce. Dà spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)”. “E quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo”.

Un nuovo umanesimo

La sfida del buon giornalismo, che è anche la sfida di Signis, è quella di “trovare vie nuove per una nuova comunicazione”, di contaminare i generi e i linguaggi “puntando sul dialogo piuttosto che sul marketing delle idee, sull’intelligenza come categoria morale piuttosto che sul moralismo fanatico della folla”. “Serve creatività – come ha detto recentemente il Papa in Quebec - per raggiungere le persone laddove vivono, trovando occasioni di ascolto, di dialogo e di incontro. Occorre ritornare all’essenzialità e all’entusiasmo degli Atti degli Apostoli”. I comunicatori cattolici, i giornalisti cattolici, tutti gli uomini e le donne di buona volontà impegnati “sul fronte difficile e grandioso che è la comunicazione possiamo essere protagonisti di un nuovo umanesimo, incarnato in comunità attive e partecipate, esempio di una nuova idea di cittadinanza”.

Incontri in presenza, conferenze virtuali sull’uso dei media, tra cui i social media. È questo l’orizzonte verso cui si orientano quest’anno i lavori del Signis World Congress.  “L’uso dei media digitali, specialmente dei social media – si legge nel messaggio inviato nel mese di giugno del 2022 da Papa Francesco in vista di questo Congresso - ha sollevato un gran numero di questioni etiche serie che richiedono un giudizio  saggio e perspicace da parte dei comunicatori e di tutti coloro che si occupano dell’autenticità e della qualità delle relazioni umane. A volte e in alcuni luoghi, i siti dei media sono diventati ambiti di tossicità, incitamento all’odio e notizie false. Nell’affrontare questa sfida, Signis può svolgere un ruolo importante attraverso l’educazione ai mezzi di comunicazione e una rete di media cattolici, e combattendo bugie e disinformazione".

 

Vatican News

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