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sabato 30 aprile 2022
venerdì 29 aprile 2022
UCRAINA. POLITICA ED ETICA
La politica non può essere separata
dalla morale
-
di Giuseppe Savagnone*
-
Quando, il 24 febbraio
scorso, le truppe russe invasero senza preavviso l’Ucraina, con l’evidente
intento di soffocare la libertà di un popolo che in passato troppe volte era
stato umiliato e schiacciato dai potenti di turno del Cremlino, un giusto moto
di indignazione si sollevò da parte della grande maggioranza dell’opinione
pubblica mondiale.
Veniva smentita
clamorosamente la tesi di Machiavelli, secondo cui la politica ha proprie
regole, fondate non sul criterio del bene e del male, ma su quello
dell’efficacia e dell’inefficacia, che la rendono indipendente dall’etica. In
realtà l’unità dell’essere umano rende impossibile questa separazione. La
guerra in Ucraina ne è stata una prova. Non possiamo valutarla soltanto nei
termini asettici della realpolitik, mettendo tra parentesi la questione morale.
Ne sono una conferma le
nostre reazioni di fronte alle atroci immagini di civili uccisi a sangue freddo
a Bucha, che hanno contribuito a evidenziare la disumanità di questa
aggressione. Da qui l’approvazione che dai più è stata data, fin dall’inizio,
all’invio di armi che consentissero al coraggioso popolo ucraino, mobilitato in
tutti i suoi strati sociali, di difendere la propria terra. Al di là di ogni
logica di successo, questa scelta si è imposta perché è apparsa giusta.
Pacifismo e pace
Già in questa fase, per
la verità, si erano levate delle voci di dissenso, in nome di un pacifismo che
avrebbe preferito la resa incondizionata degli aggrediti ai sacrifici e ai
lutti provocati dalla loro resistenza. Anche questa, peraltro, era una
valutazione morale del problema politico. Solo che nasceva da una concezione
molto riduttiva della pace, identificata automaticamente con l’assenza di
guerra.
In realtà, proprio in
una prospettiva etica, essa è molto di più. Lo spiegava papa Francesco durante
l’Angelus del 4 gennaio 2015: «La pace non è soltanto assenza di guerra, ma una
condizione generale nella quale la persona umana è in armonia con sé stessa, in
armonia con la natura e in armonia con gli altri». Echeggia in queste parole la
definizione che Agostino aveva dato del concetto di pace come «tranquillità
dell’ordine». Dove “ordine” implica innanzi tutto libertà e giustizia. Senza di
esse, lo si ridurrebbe a quello espresso nella famosa frase dal ministro
francese Sebastiani, nel 1831, dopo la spietata repressione russa della rivolta
polacca: «L’ordine regna a Varsavia».
Per questo, nel
messaggio per la Giornata della pace del 1984, Giovanni Paolo II distingueva il
significato di “pace” da quello di “pacifismo”: l’uomo di pace, osservava il
pontefice, «ha il coraggio di difendere gli altri che soffrono e rifiuta di
capitolare davanti all’ingiustizia, di compromettersi con essa; e, per quanto
ciò sembri paradossale, anche colui che vuole profondamente la pace rigetta
ogni pacifismo che equivalga a debolezza o a semplice mantenimento della
tranquillità. In effetti, quelli che sono tentati di imporre il loro dominio
incontreranno sempre la resistenza di uomini e donne intelligenti e coraggiosi,
pronti a difendere la libertà per promuovere la giustizia».
Un pacifismo che
rivendichi la ricerca della pace ad ogni costo dimentica che ci sono dei costi
incompatibili con l’idea stessa di pace. E che vi è una legittima difesa che
può richiedere il ricorso alla forza per contrastare la violenza.
La debolezza delle
obiezioni utilitaristiche
La contrarietà alla
mobilitazione in favore degli ucraini, però, oltre alle motivazioni etiche, ne
ha avute anche altre, di natura molto più utilitaristica. Così, da parte di
alcuni, si è insistito sui danni e sui disagi che le sanzioni avrebbero
provocato alla nostra economia e al nostro tenore di vita. Si sono evocati
scenari in cui il venir meno delle forniture di gas e di petrolio russi ci
avrebbero costretto a soffrire il freddo d’inverno e il caldo d’estate.
Si è sottolineata la
diversità d’interessi tra noi italiani e gli Stati Uniti. Si è parlato di una
“guerra per procura”, combattuta dagli americani sulla pelle degli europei. A
queste argomentazioni si è risposto, correttamente, che la difesa della libertà
di un popolo vale più di tutti i vantaggi materiali a cui dovremo rinunziare e
che, pur essendovi delle diversità d’interessi, vi è tuttavia con gli Stati
Uniti una convergenza di fondo su valori essenziali che in questo momento la
Russia sta calpestando.
L’invasione russa è
moralmente legittima?
Più seria e più
inquietante è stata e rimane un’obiezione che nasce da una più ampia visione
geopolitica del conflitto in corso e che collega l’operazione militare di Putin
all’espansionismo della Nato verso est in questi ultimi anni. Si sottolinea
che, dopo la caduta del muro di Berlino, era stata data assicurazione verbale
al presidente russo Gorbaciov che la Nato non avrebbe approfittato delle
difficoltà della Russia per ulteriori espansioni, che invece ci sono state. A
tal proposito è significativa la testimonianza diretta di Jack Matlock,
ambasciatore americano a Mosca dal 1987 al 1991 in un’intervista rilasciata al
«Corriere della Sera» del 15 luglio 2007
e citata nel libro dell’ex ambasciatore Sergio Romano Atlante delle crisi
mondiali (Rizzoli, 2018).
«Quando ebbe luogo la
riunificazione tedesca», diceva in essa Matlock, «noi promettemmo al leader
sovietico Gorbačëv – io ero presente – che se la nuova Germania fosse entrata
nella Nato non avremmo allargato l’Alleanza agli ex Stati satelliti dell’Urss
nell’Europa dell’Est. Non mantenemmo la parola». Così, nel 1999 Polonia,
Ungheria e Repubblica Ceca divennero a tutti gli effetti membri della Nato. Nel
2004 fu la volta di quattro Paesi ex membri del Patto di Varsavia: Romania,
Bulgaria, Slovacchia e Slovenia, nonché di tre ex repubbliche sovietiche,
Lettonia, Estonia e Lituania. Nel 2009
aderirono Croazia e Albania. Nel 2017 il Montenegro. Nel 2020 la Macedonia del
Nord.
Questo quadro, si osserva,
non poteva non allarmare la Russia e sollevare da parte sua forti resistenze
all’ingresso nella Nato di un’altra ex repubblica sovietica, appunto l’Ucraina.
Basta guardare la carta dell’Europa orientale per rendersi conto che quello che
si sta verificando è un accerchiamento della Russia da parte dell’America e dei
suoi alleati. Che tra l’altro mirerebbero, secondo questa lettura a imporre la
loro cultura decadente e immorale. Da qui la legittimità etica dell’intervento
del Cremlino e il pieno sostegno dato ad esso dalla Chiesa ortodossa, nella
persona del patriarca di Mosca.
Per una valutazione
critica complessiva
Neppure questa obiezione
all’appoggio dato all’Ucraina dall’Occidente appare però convincente. Sono
molti gli indizi che fanno pensare a un preciso disegno di Putin, volto a
ricostituire i confini del territorio, o almeno dell’egemonia, dell’ex Unione
Sovietica. Significative, a questo proposito, le sue dichiarazioni, all’inizio
della guerra, sul fatto che russi e ucraini sono un popolo solo (ampiamente
contraddette, poi, dalla strenua resistenza ucraina).
Ma anche a prescindere
da questo, la via da percorrere avrebbe dovuto essere quella del dialogo, non
un’invasione ai danni di un Paese libero, devastando sistematicamente i centri
abitati e causando l’esodo forzato di cinque milioni di persone. Non è certo
così che si difendono i valori morali che si dice di voler difendere.
Ma è un dato di fatto
che il Paese leader della Nato non ha messo, per evitare la guerra, neppure un
briciolo dell’impegno che sta profondendo invece nel sostenerla. Perché è stato
evidente l’atteggiamento di aggressività di Biden (con dichiarazioni così
estreme da mettere in imbarazzo perfino i suoi collaboratori), in piena
sintonia col presidente ucraino. Putin non ha voluto trattare, ma loro neppure.
Così, l’iniziale intento di aiutare la vittima a difendersi dal suo aggressore,
per arrivare a una onorevole pace, si è sempre più esplicitamente trasformato
in quello di vincere la guerra.
E in questa direzione è
andata anche l’escalation nella fornitura di armamenti sempre più pesanti
all’esercito ucraino, incitandolo – come in questi giorni ha fatto il governo
inglese esplicitamente – ad usarli anche per attaccare la Russia sul suo
territorio. Qui non è più in gioco la difesa dell’Ucraina, ma uno scontro tra
potenze che può terminare solo con la sconfitta e l’umiliazione del nemico. C’è
da chiedersi se, a questo punto, sia ancora l’etica della pace a ispirare la
politica, o non sia quest’ultima a servirsi dell’etica, sbandierandone i
princìpi per i propri scopi. Machiavelli, allora, avrebbe vinto…
Ma questo deve mettere
in guardia tutti. Sappiamo cosa è accaduto in Iraq all’indomani della
schiacciante vittoria americana (allora erano loro gli invasori) e della
trionfale dichiarazione del presidente George Bush Jr: «Missione compiuta». Un
caos, da cui a stento gli Stati Uniti, dopo avere provocato quella catastrofe,
sono riusciti a svincolarsi. La disfatta della Russia sarebbe molto più
pericolosa. Per tutti.
La verità è che oggi,
ormai, da una guerra non possono uscire vincitori, ma solo perdenti. Putin sarà
costretto a rendersene conto. Ma anche l’America e i suoi alleati farebbero
bene a ricordarlo.
martedì 26 aprile 2022
FORMAZIONE E RECLUTAMENTO DOCENTI
Via libera in Consiglio dei Ministri alle nuove regole per la formazione e il reclutamento dei docenti. Bianchi: “Percorsi chiari per chi vuole insegnare, innoviamo e diamo più qualità al sistema”. Entro il 2024 previste 70mila immissioni in ruolo
Via libera in Consiglio dei Ministri alle nuove regole per la formazione iniziale e continua e per il reclutamento dei docenti della scuola secondaria.
Percorsi
certi per chi vuole insegnare. Una definizione più chiara degli obiettivi e
delle modalità della formazione dei docenti durante tutto il loro percorso
lavorativo. Concorsi annuali per reclutare con costanza il personale, aprendo
più rapidamente le porte ai giovani. Questi i tre perni della riforma approvata
oggi dal governo, che porterà in cattedra, entro il 2024, i primi 70mila
insegnanti.
Nel
decreto-legge sul Pnrr è prevista anche la nuova Scuola di alta formazione per
dirigenti, insegnanti e personale ATA.
“Oggi
facciamo un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d’Istruzione -
sottolinea il Ministro Patrizio Bianchi -. Prevediamo un percorso chiaro e definito
per l’accesso all’insegnamento e per la formazione continua dei docenti lungo
tutto l’arco della loro vita lavorativa. Puntiamo sulla formazione come
elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema”.
Prosegue
il Ministro: “Prevediamo, poi, entro il 2024, 70.000 immissioni in ruolo,
attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale. Gli insegnanti
sono il perno dei nostri istituti e devono avere un quadro strutturato di
inserimento, il giusto riconoscimento professionale e strumenti che consentano
un aggiornamento costante, indispensabile per svolgere il loro compito di guida
delle nuove generazioni. Al centro di questa riforma c’è un’idea precisa di una
scuola aperta e inclusiva, che stiamo costruendo con le risorse del PNRR a
disposizione e con il dialogo con tutti gli attori coinvolti”.
La
formazione iniziale e l’abilitazione
Si
definiscono le modalità di formazione iniziale, abilitazione e accesso
all’insegnamento nella scuola secondaria.
Sono
previsti:
Un
percorso universitario abilitante di formazione iniziale (corrispondente ad
almeno 60 crediti formativi), con prova finale
Un
concorso pubblico nazionale con cadenza annuale
Un
periodo di prova in servizio di un anno con valutazione conclusiva
Il
percorso di formazione abilitante si potrà svolgere dopo la laurea oppure
durante il percorso formativo in aggiunta ai crediti necessari per il
conseguimento del proprio titolo. È previsto un periodo di tirocinio nelle
scuole. Nella prova finale è compresa una lezione simulata, per testare, oltre
alla conoscenza dei contenuti disciplinari, la capacità di insegnamento.
L’abilitazione
consentirà l’accesso ai concorsi, che avranno cadenza annuale per la copertura
delle cattedre vacanti e per velocizzare l’immissione in ruolo di chi vuole
insegnare. I vincitori del concorso saranno assunti con un periodo di prova di
un anno, che si concluderà con una valutazione tesa ad accertare anche le
competenze didattiche acquisite dal docente. In caso di esito positivo, ci sarà
l’immissione in ruolo.
In
attesa che il nuovo sistema vada a regime, per coloro che già insegnano da
almeno 3 anni nella scuola statale è previsto l’accesso diretto al concorso. I
vincitori dovranno poi conseguire 30 crediti universitari e svolgere la prova
di abilitazione per poter passare di ruolo.
Durante
la fase transitoria, coloro che non hanno già un percorso di tre anni di
docenza alle spalle ma vogliono insegnare potranno conseguire i primi 30
crediti universitari, compreso il periodo di tirocinio, per accedere al
concorso. I vincitori completeranno successivamente gli altri 30 crediti e
faranno la prova di abilitazione per poter passare di ruolo.
La
formazione continua e la Scuola nazionale
La
formazione in servizio dei docenti diventa continua e strutturata in modo da
favorire l’innovazione dei modelli didattici, anche alla luce dell’esperienza
maturata durante l’emergenza sanitaria e in linea con gli obiettivi di sviluppo
di una didattica innovativa previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e
Resilienza.
La
formazione sulle competenze digitali e sull’uso critico e responsabile degli
strumenti digitali sarà parte della formazione già obbligatoria per tutti e si
svolgerà nell’ambito dell’orario lavorativo.
Viene
poi introdotto un sistema di aggiornamento e formazione con una pianificazione
su base triennale che consentirà agli insegnanti di acquisire conoscenze e
competenze per progettare la didattica con strumenti e metodi innovativi.
Questa formazione sarà svolta in orario diverso da quello di lavoro e potrà
essere retribuita dalle scuole se comporterà un ampliamento dell’offerta
formativa. I percorsi svolti saranno anche valutati con la possibilità di
accedere, in caso di esito positivo, a un incentivo salariale.
I
percorsi di formazione continua saranno definiti dalla Scuola di alta formazione
che viene istituita con la riforma e si occuperà non solo di adottare
specifiche linee di indirizzo in materia, ma anche di accreditare e verificare
le strutture che dovranno erogare i corsi, per garantirne la massima qualità.
La Scuola, che fa parte delle riforme del Pnrr, si occuperà anche dei percorsi
di formazione di dirigenti e personale Ausiliario, Tecnico e Amministrativo.
lunedì 25 aprile 2022
VIVA LA LIBERTA'
Continuo a sognare il giorno della liberazione più bella, continuo a sperare che gli esseri umani sappiano finalmente liberarsi dalla guerra in tutte le sue forme e costruire un mondo di pace, di rispetto e solidarietà.
Una utopia? Certo. Ma l’utopia non è un sogno impossibile, è semplicemente un sogno non ancora realizzato, un progetto da costruire con l’impegno di tutti.
Gino Strada
DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
sabato 23 aprile 2022
PACE A VOI !
del Risorto
a superare
le barriere
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». (...).
Commento di p. Ermes Ronchi
I discepoli erano chiusi in casa per paura. Casa di buio e di paura, mentre fuori è primavera: e venne Gesù a porte chiuse. In mezzo ai suoi, come apertura, schema di aperture continue, passatore di chiusure e di frontiere, pellegrino dell'eternità. Come amo le porte aperte di Dio, brecce nei muri, buchi nella rete (F. Fiorillo), profezia di un mondo in rivolta per fame di umanità. Venne Gesù e stette in mezzo a loro. Nel centro della loro paura, in mezzo a loro, non sopra di loro, non in alto, non davanti, ma al centro, perché tutti sono importanti allo stesso modo. Lui sta al centro della comunità, nell'incontro, nel legame: "lo Spirito del Signore non abita nell'io, non nel tu, egli abita tra l'io e il tu" (M. Buber). In mezzo a loro, senza gesti clamorosi, solo esserci: presenza è l'altro nome dell'amore. Non accusa, non rimprovera, non abbandona, "sta in mezzo", forza di coesione degli atomi e del mondo. Pace a voi, annuncia, come una carezza sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulla tristezza che scolora i giorni. Gli avvenimenti di Pasqua, non sono semplici "apparizioni del Risorto", sono degli incontri, con tutto lo splendore, l'umiltà, la potenza generativa dell'incontro. Otto giorni dopo Gesù è ancora lì: li aveva inviati per le strade, e li ritrova ancora chiusi in quella stessa stanza. E invece di alzare la voce o di lanciare ultimatum, invece di ritirarsi per l'imperfezione di quelle vite, Gesù incontra, accompagna, con l'arte dell'accompagnamento, la fede nascente dei suoi. Guarda, tocca, metti il dito...
La Risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non
ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un
semplice incidente di percorso da dimenticare: quelle ferite sono la gloria di
Dio, il punto più alto che il suo amore folle ha raggiunto, e per questo
resteranno eternamente aperte. Ai discepoli ha fatto vedere le sue ferite,
tutta la sua umanità. E dentro c'era tutta la sua divinità. Metti qui la tua
mano: qualche volta mi perdo a immaginare che forse un giorno anch'io sentirò
le stesse parole, anch'io potrò mettere, tremando, facendomi condurre, cieco di
lacrime, mettere la mia mano nel cuore di Dio. E sentirmi amato. Beati quelli
che non hanno visto e hanno creduto! L'ultima beatitudine è per noi, per chi fa
fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non vede e inciampa, per chi ricomincia.
Così termina il Vangelo, così inizia il nostro discepolato: con una
beatitudine, con il profumo della gioia, col rischio della felicità, con una
promessa di vita capace di attraversare tutto il dolore del mondo, e i deserti
sanguinosi della storia.
(Letture: Atti degli Apostoli 5,12-16; Salmo 117;
Apocalisse 1,9-11a.12-13.17-19; Giovanni 20,19-31)
www.avvenire.it
POVERTA' EDUCATIVA IN CRESCITA
Servono risposte di comunità
o si perde il futuro del Paese»
Il quadro è drammatico:
bambini, adolescenti e chi si affaccia alla vita appena terminato un percorso
di studi, sembrano non avere prospettive. «Stiamo perdendo, seppur più
lentamente rispetto a prima, il “futuro” del nostro Paese» commenta Marco
Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini, impresa sociale per il contrasto
della povertà educativa minorile. «Rispetto al percorso di istruzione dei
giovani – precisa – i dati del rapporto Istat purtroppo confermano una tendenza
in atto da troppo tempo in Italia». E l’abbandono scolastico è un aspetto
preoccupante che riguarda di più i ragazzi e chi vive nelle regioni del Sud.
«Soprattutto, interessa chi proviene da contesti socio-economici più difficili,
che offrono meno opportunità – spiega Rossi-Doria –, anche se quello
dell’abbandono è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno più ampio che è la
povertà educativa, aggravato anche per gli effetti della pandemia ». Il
rapporto mette in evidenza come tra i giovani la propensione ad essere molto
soddisfatti per le relazioni amicali è due volte più alta tra chi, invece, vede
gli amici almeno una volta a settimana, rispetto a chi li vede meno
frequentemente. «L’ambito delle relazioni non può essere secondario – aggiunge
il presidente di Con i Bambini –, anche per questo la risposta al fenomeno deve
essere di comunità, rafforzando le alleanze educative tra mondo della scuola,
terzo settore, istituzioni e famiglie. È necessario, inoltre, ridare fiducia e
protagonismo ai ragazzi, sperimentando e consolidando le tante buone esperienze
di comunità educante che per fortuna esistono e che dovrebbero essere pratica diffusa,
a vantaggio di tutti e di ciascuno».
E, infine, non vanno
sottovalutati i risvolti sulla salute mentale lasciati dalla pandemia tra gli
“under 18”, per far fronte ai quali, nei prossimi giorni, ha assicurato ieri il
ministro della Salute, Roberto Speranza, sarà firmato il decreto
interministeriale e si potrà partite con il bonus psicologo, a disposizione,
però, anche di chi giovane non è più. «il cittadino – ha spiegato Speranza
–potrà accedere al contributo senza oneri o anticipazioni, e potrà scegliere
liberamente il professionista tra quelli che hanno aderito all’iniziativa». Ma
il bonus non sarà sufficiente. Affrontare il problema in modo adeguato
presuppone un approccio più ampio. «Per questo – ha ricordato il ministro – in
legge di Bilancio abbiamo stanziato 38 milioni, 20 dei quali destinati al
disagio psicologico di bambini e adolescenti con l’assunzione del personale, 10
milioni per le fasce più deboli e 8 milioni per il potenziamento dei servizi territoriali
e ospedalieri».
Tra le categorie più
fragili ed esposte, anche ai rischi di disagio psicologico, ci sono pure
anziani e disabili che a causa del lockdown e delle limitazioni dei
comportamenti imposte dalle misure di contenimento del virus devono fare i
conti, peraltro, con nuove condizioni di povertà e di emarginazione aggravate
dalla crisi economica che ha colpite milioni di famiglie.
NON COSI' SI COSTRUISCE LA PACE
e bielorussi da Wiblendon-
-
di Giuseppe Savagnone*
-Ha fatto rumore, in
questi giorni, la decisione senza precedenti dell’All England Club –
organizzatore del torneo di tennis di Wimbledon, il più antico del mondo – di
escludere dalla prossima edizione i giocatori russi e bielorussi. I
responsabili, la cui scelta è stata fatta d’intesa col il governo inglese,
hanno spiegato «con profondo rammarico» di essere ricorsi a questo passo per
«limitare l’influenza della Russia» dopo l’invasione dell’Ucraina. «In questo
modo Putin non potrà usare il più iconico dei tornei dello Slam per cercare di
legittimare gli orrori che sta infliggendo al popolo ucraino», ha spiegato il
ministro dello Sport britannico, Nigel Huddleston.
Tra gli esclusi ci sono
i russi Daniil Medvedev, numero due del mondo, e Andrej Rublëv, numero otto, e
la bielorussa Aryna Sabalenka, numero quattro del mondo. La decisione inglese
ha suscitato una dura reazione da parte del numero uno del mondo, il serbo
Novak Djokovic: «Condannerò sempre la guerra, non la sosterrò mai essendo io
stesso figlio della guerra», ha detto, «so il trauma emotivo che lascia, tutti
sappiamo cosa è successo in Serbia nel 1999. Nella storia recente nei Balcani
abbiamo avuto molte guerre. Tuttavia, non posso sostenere la decisione di
Wimbledon, penso sia folle. Quando la politica interferisce con lo sport, il
risultato non è mai buono».
Tra i critici, anche una
gloria del tennis italiano come Adriano Panatta: «Quando si parla di squadre
nazionali l’esclusione è giusta, ma per sanzionare un Paese non si dovrebbero
colpire individualmente gli atleti», ha dichiarato l’anziano campione. Contro
gli organizzatori di Wimbledon si sono schierate anche la WTA e l’ATP, le due
associazioni che riuniscono tenniste e tennisti di tutto il pianeta.
La loro posizione è
praticamente identica a quella di Djokovic: «La discriminazione basata sulla
nazionalità costituisce una violazione del nostro accordo con Wimbledon, che
prevede che ogni giocatore entra nel torneo sulla base esclusiva della
classifica». Non sembra, però, che queste critiche abbiano scosso il fronte
degli “esclusionisti”. È recentissima la notizia che anche il governo italiano
sta pressando perché i tennisti russi vengano esclusi dagli Internazionali
d’Italia che si terranno a Roma a inizio maggio.
La decisione del
Comitato Olimpico Internazionale e gli effetti a cascata
In realtà non si tratta
di una novità. Fin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina il Comitato
Olimpico Internazionale ha «vivamente raccomandato» a tutte le federazioni
mondiali di «non invitare atleti russi e bielorussi» nelle competizioni sportive
internazionali. Nel suo comunicato il Comitato sottolineava che «il movimento
olimpico è unito nella sua missione di contribuire alla pace attraverso lo
sport e di unire il mondo in una competizione pacifica al di là di ogni disputa
politica. I Giochi Olimpici, le Paralimpiadi, i Campionati Mondiali e le Coppe
del Mondo e molti altri eventi sportivi uniscono atleti di paesi in conflitto e
talvolta anche in guerra».
Solo nell’ipotesi che
«ciò non sia possibile con breve preavviso per motivi organizzativi o legali»,
ci si limitava a chiedere di «garantire che nessun atleta o funzionario
sportivo russo o bielorusso possa prendere parte sotto il nome di Russia o
Bielorussia». Ma era solo un ripiego rispetto alla decisione di fondo, che era
quella di escludere da ogni competizione sportiva, in base alla loro
nazionalità, non solo le squadre ufficiali, ma i singoli. Su questa direttiva
si sono mossi gli organismi internazionali responsabili dei diversi tipi di
sport.
Il 1 marzo scorso era
stata la Federazione internazionale di sci a prendere una analoga decisione:
«Per garantire la sicurezza e la protezione di tutti gli atleti nelle
competizioni Fis, il Consiglio Fis ha deciso all’unanimità, in linea con la
raccomandazione del Cio, che con effetto immediato nessun atleta russo o
bielorusso potrà partecipare ad alcuna competizione Fis a qualsiasi livello,
sino alla fine della stagione 2021-2022». Il 3 marzo il Cda del Comitato
paralimpico internazionale ha deciso che gli atleti di Russia e Bielorussia non
avrebbero potuto partecipare alle imminenti Paralimpiadi invernali di Pechino.
In un primo momento si era ipotizzato che lo facessero da “neutrali”, senza
essere inquadrati ufficialmente nelle squadre dei loro rispettivi Paesi, ma poi
questa misura era sembrata troppo blanda e si era definitivamente optato per
una esclusione non solo delle squadre, ma dei singoli atleti in base alla loro
nazionalità.
Andrew Parsons,
presidente del Comitato Paralimpico internazionale, ha dichiarato: «All’IPC
siamo fermamente convinti che sport e politica non debbano mescolarsi.
Tuttavia, non per colpa sua, la guerra è ora arrivata a questi Giochi e dietro
le quinte molti governi stanno avendo un’influenza sul nostro amato evento (…).
Numerosi comitati paralimpici, alcuni dei quali sono stati contattati dai loro
governi, squadre e atleti, stanno minacciando di non competere». Così, per non
far fallire l’evento, è stato necessario escludere russi e bielorussi.
Il messaggio del
Comitato Olimpico internazionale è stato recepito subito dal calcio che ha
escluso la Nazionale russa dai Mondiali e i club russi dai tornei
internazionali. Ma sono tante le discipline che a cascata stanno adottando la
linea della fermezza. Dall’hockey su ghiaccio fino alla dama: russi e
bielorussi sono fuori da tutte le competizioni mondiali ed europee. Nessuno
sconto anche dall’EuroLega di basket che ha deciso di sospendere le squadre
russe. Non solo. Se la situazione non si normalizzerà i risultati già ottenuti
da questi club saranno cancellati e la classifica delle competizioni
aggiornata.
Questa linea di
esclusione, peraltro, prescinde dalle posizioni personali degli atleti. Daniil
Medvedev sui social ha lanciato un toccante appello alla pace pensando
soprattutto ai più piccoli: «I bambini nascono con una fiducia innata nel
mondo, credono in tutto: nelle persone, nell’amore, nella sicurezza e nella
giustizia, nelle loro possibilità nella vita. Restiamo uniti e mostriamo loro
che è vero: perché ogni bambino non dovrebbe smettere di sognare».
Anche più esplicito il
collega Andrey Rublev che da giorni chiede a Putin di fermare questa guerra. E
sulla stessa linea anche il pallavolista Ivan Zaytsev, italiano di origini
russe: «Quello che stanno vivendo i nostri fratelli in Ucraina è terrificante e
ingiustificato. Sono addolorato, non è questa la Russia che conosco io».
La politica e la morale
Siamo davanti a uno
degli effetti della giusta indignazione del mondo occidentale di fronte a
un’aggressione violenta e ingiustificabile, che sta causando un esodo di massa
di uomini, donne e bambini – cinque milioni! – , la distruzione delle loro case
e, ancora più atroce, il massacro di innocenti civili. In questo drammatico
contesto, la politica – a dispetto di Machiavelli – rivendica il suo
inscindibile legame con l’etica e rifiuta di valutare gli eventi in base
unicamente alla logica dell’utile e del successo.
Non è vero che essa sia
il campo, autonomo rispetto alla morale, in cui «il fine giustifica i mezzi».
Da qui l’appassionata mobilitazione dell’Occidente – in ambito economico e
politico – per far pesare sulla Russia un isolamento internazionale che
sanzioni le sue scelte. L’etica, però, ha le sue logiche, che la politica deve
rispettare. Altrimenti il rischio è che, invece di essere la morale a ispirare
la politica, sia quest’ultima a servirsi della morale per i suoi scopi. E
questo sarebbe, dietro la sua apparente sconfitta, il più subdolo trionfo del
machiavellismo.
Ora, in una logica
morale non c’è posto per una discriminazione puramente etnica. Tutti gli
schematismi pregiudiziali che appioppano ai singoli un’etichetta, in base a
comportamenti di cui non sono personalmente responsabili – il caso più tragico
è stato l’antisemitismo – , possono essere funzionali a una battaglia politica,
ma sono in contrasto con il preteso primato dell’etica. E invocare quest’ultima
per giustificarli è un pretesto inaccettabile.
Essere sostenitori di
Putin, come gli oligarchi russi, giustamente penalizzati con il sequestro dei
loro beni per il loro ruolo nel sostenere una dittatura sanguinaria – è una
colpa. Essere russi no. A maggior ragione questo vale in un ambito, come lo
sport, dove – come contraddittoriamente ammettono gli organizzatori dei
rispettivi comitati – le logiche divisive della politica non possono essere
ammesse.
Fin dai tempi dei Greci
le Olimpiadi erano il momento in cui le ostilità e le discriminazioni venivano
superate in nome di una comune esperienza di umanità. Il caso del tennis sta
facendo rumore. Ma forse fa più pena pensare che a Pechino, nelle paralimpiadi,
dei poveri disabili, che si erano a lungo allenati nella speranza di avere
anche loro un momento di pienezza, siano stati discriminati ed esclusi per il
luogo in cui erano nati e cresciuti.
No, non è così che si
costruisce una pace degna di questo nome.
venerdì 22 aprile 2022
EDUCARE ALLA PACE, EDUCARE ALLA CITTADINANZA
dell'educazione
socio-civico-politica
Il prof. Corradini, uno dei maggiori esperti di educazione alla cittadinanza, da quasi mezzo secolo sostenitore di un impegno istituzionale più forte per l'educazione civica nella scuola, autore di numerose pubblicazioni sull'argomento, già sottosegretario alla P.I. e presidente nazionale Uciim, suggerisce strade percorribili per orientarsi di fronte al grande male della guerra, per cercare di capirlo e di viverlo in modo non superficiale e non distruttivo, ma con l'impegno a superarlo a tutti i livelli in una prospettiva non violenta. Ciò che è stato possibile a certe persone, in certi momenti, può in fatti diventare prima o poi una conquista definitiva o almeno duratura. Frattanto è più importante capire empaticamente, rispettare, aiutare, agire in termini di solidarietà che odiare chi non la pensa come noi.
- di Luciano Corradini*
La prestigiosa rivista Limes ha come titolo dell’ultimo numero “La fine della pace”. Diversi giornali dicono che siamo in guerra e che non sappiamo come e quando ne usciremo. Uno studente che ha chiesto di parlare della guerra in corso fra Russia e Ucraina si è sentito rispondere: “non parliamo di cose tristi”. Come se la scuola potesse distrarsi o rimuovere il problema più lacerante della storia umana e la frustrazione antropologica che consegue ala difficoltà di sostituire al mors tua vita mea il vita tua vita mea.
All'elaborazione di una cultura di pace, oltre alla
famiglia, è chiamata a contribuire la scuola, insieme alle associazioni
giovanili, ai mass media, alle chiese e a tutti gli enti pubblici e privati la
cui attività può incidere, direttamente o indirettamente, sulla mentalità,
sulla qualità dei rapporti e sul senso complessivo dello stare e del crescere
insieme.
La scuola, in virtù della sua capillare estensione,
delle sue potenzialità culturali e relazionali e delle sue specifiche
difficoltà congiunturali, è al centro di contrastanti pressioni, volte da un
lato ad aprirla a tutto ciò che sia ritenuto socialmente importante e
dall'altro a chiuderla a tutto ciò che non sia riconducibile a un compito
istruttivo restrittivamente interpretato.
Anche ammettendo che la scuola abbia suoi compiti
prioritari da affrontare, in cui nessun altro può sostituirla, non si può
negare che il vero problema è quello di affrontarli in modo deontologicamente
corretto, utilizzando le norme e i programmi vigenti per affrontare questioni
strategicamente importanti e significative per i singoli ragazzi e per la
società d'oggi e di domani.
Se volessimo raccogliere più precisamente tutto ciò
che da anni bussa alle porte della scuola, con crescente consapevolezza delle
implicazioni e delle connessioni con la vita reale, per trovarvi uno spazio
curricolare o meglio un'attenzione "intelligente" di tipo
interstiziale o di tipo trasversale, dovremmo parlare di educazione ai diritti
umani, alla pace, allo sviluppo, alla salute, all’ambiente.
Questa problematica è soggetta in tutto il mondo ad
approfondimenti, revisioni, accorpamenti sotto l'uno o l'altro termine,
ritenuto più comprensivo o più strategico. Per la sua densità valoriale può
alimentare conflitti, occupare spazi eccessivi nell'attività scolastica,
degenerare nella chiacchiera, nel moralismo, nella faziosità.
Di qui le comprensibili cautele delle persone serie;
ma di qui anche gli alibi di chi non vuole impegnarsi a pensare e a rinnovare
una scuola, la cui auspicata migliore produttività non può comunque prescindere
dalle motivazioni e dalle prospettive dell'apprendimento.
La pace, intesa come "nucleo pesante", in
cui si addensano tutti i significati positivi della vita personale e sociale,
non può considerarsi un tema estraneo, né di diritto né di fatto, alla vita
scolastica. Anche quando non era esplicitamente tematizzata come finalità da
perseguire da parte di tutti, in particolare degli educatori, di fatto la pace
occupava un suo spazio nella letteratura, nella storia, nella filosofia, nel
diritto, nella geografia, nell'economia e finalmente nell'educazione civica,
che nella scuola ha avuto però sempre uno statuto precario. Oggi abbiamo la
legge 92/2019 sull’educazione civica, che fa perno sulla Costituzione italiana,
in cui sono stati “aggiornati” nel febbraio scorso gli artt. 9 e 41. Non è poco.
* Professore Emerito di Pedagogia Generale Università Roma 3, Roma
giovedì 21 aprile 2022
EARTH DAY
Per la 52esima edizione dell’Earth Day diverse iniziative in tutto il mondo celebreranno il Pianeta seguendo il tema del 2021, “Restore Our Earth”: si va da maratone digitali a lezioni di cucina gratuite per evitare gli sprechi. Vediamo alcuni degli eventi principali legati alla Giornata della Terra, che è nata nel 1970 negli Stati Uniti per arrivare negli anni a coinvolgere oltre 180 Paesi.
-
di Alessandro Bai •
La Giornata della Terra 2022 - 22 APRILE, ovvero la 51esima edizione
dell'Earth Day, fissata come di consueto per il 22 aprile, è l’occasione per fare il punto su tutti i
problemi che affliggono il nostro Pianeta. La lista, come ormai saprai bene, è
molto lunga e in continuo aggiornamento: d’altronde, il tema di quest’anno
è Restore Our Earth (“Ripristiniamo il nostro
Pianeta”), celebrato anche da Google nel suo doodle animato
pubblicato che ci fa capire come sia fondamentale lavorare tutti insieme per
dare al Pianeta un futuro migliore. L’obiettivo
più urgente, ormai, non è più quello di prevenire nuovi problemi, ma di rimediare ai danni già fatti, che si manifestano
ogni giorno attraverso gli effetti del cambiamento climatico o la
bassissima qualità dell’aria di alcuni luoghi.
Ma com’è nata la Giornata Mondiale della Terra? La
sua storia comincia nel 1969, quando l’attivista per la pace statunitense John McConnel propose durante una conferenza
dell’UNESCO, tenuta a San Francisco, di celebrare la bellezza del Pianeta e il
concetto di pace in una giornata apposita, inizialmente fisata per il 21 marzo 1970, ovvero il primo giorno di primavera
nell’emisfero Nord. A coronare questa occasione, ci fu anche un atto di
proclamazione scritto dallo stesso McConnel e firmato dal Segretario Generale
delle Nazioni Unite U Thant, che
conteneva i principi fondamentali per
prendersi cura della Terra. Circa un mese dopo, l’idea si sviluppò
ulteriormente per merito del senatore americano Gaylord
Nelson, che propose di istituire una giornata dedicata al dibattito
ambientale, tenuta per la prima volta il 22 aprile 1970.
Questo evento fu chiamato Earth Day, ossia la
Giornata della Terra, ma fu il coordinatore nazionale Denis Hayes, giovane attivista scelto proprio da
Nelson, a portare questa manifestazione fuori dagli Stati Uniti e renderla
internazionale a partire dal 1990, arrivando poi negli anni a coinvolgere oltre 180 Paesi e, nel 2020, più di 100
milioni di persone di tutto il mondo che ne hanno celebrato il 50esimo
anniversario.
Le iniziative
Come ti anticipavo,
le iniziative organizzate in occasione della Giornata della Terra non si
limitano al 22 aprile ma spesso sono
distribuite su un'intera settimana. Qui sotto te ne proponiamo alcune degne di
nota, ma se sei interessato a conoscerle tutte puoi consultare
direttamente la mappa sul sito dell'Earth
Day.
La maratona digitale
"Food for Earth"
Per la 51esima
edizione dell'Earth Day il Future Food Institute e la Fao (L'organizzazione ONU
per l'alimentazione e l'agricoltura) e-learning Academy hanno pensato l'evento Food for Earth, una maratona digitale di 24 ore sul
tema della sostenibilità, che sarà attiva a
livello globale e si svolgerà come una sorta di staffetta virtuale,
coinvolgendo diverse voci provenienti da tutti i Paesi del G20 che si potranno
ascoltare direttamente dal sito www.foodforearth.org.
La
maratona in streaming su RaiPlay
Un'iniziativa per
certi versi simile è quella proposta da RaiPlay, che
per 13 ore, dalle 7.30 alle 20.30, offrirà un palinsesto in diretta streaming
che prevede collegamenti con canali televisivi e radiofonici Rai, durante una
maratona multimediale intitolata #OnePeopleOnePlanet,
evento online che ha debuttato nel 2020 per poter celebrare la Giornata della
Terra nonostante le restrizioni forzate dalla pandemia.
Fabiana
Filippi, una sezione dell'e-shop dedicata all'Earth Day
Anche la casa di
moda Fabiana Filippi ha preparato un'iniziativa
ad hoc per l'Earth Day, pensata anche per raccogliere fondi da devolvere al Fondo Ambiente Italiano (FAI). Dal 19 al 25
aprile, infatti, sul sito internet del brand ci sarà una sezione dell'e-shop dedicata alla Giornata
Mondiale della Terra, dove si potranno acquistare capi realizzati in cotone
coltivato in modo etico.
Niantic
lancia i bonus sostenibilità su Pokémon Go
La Giornata della
Terra 2021 sbarca anche nel mondo dei videogiochi: per l'occasione, dal 20 al
25 aprile la casa di sviluppo Niantic ha
deciso di mettere in palio per i giocatori del proprio titolo Pokémon Go una
serie di ricompense ottenibili con comportamenti sostenibili,
come raccogliere la spazzatura o piantare un albero, che andranno documentati
attraverso una foto da pubblicare sui propri profili Instagram, Twitter o
Facebook, accompagnata dall'hashtag #SustainableWithNiantic e
dal tag @NianticLabs.
Climate
action in streaming
Proprio su
Earthday.org, il sito ufficiale dell'evento a livello internazionale, si potrà
seguire in streaming l'iniziativa Three days of climate action, che dal 20 al
22 aprile proporrà un evento al giorno sul tema dell'emergenza climatica, che
sarà trattato da varie personalità, compresa la giovane attivista Greta Thunberg.
Il
timelapse di Google Earth
In occasione della
Giornata della Terra 2021, Google Earth ha lanciato una nuova funzionalità che permette di capire meglio i cambiamenti avvenuti sul Pianeta negli
ultimi 37 anni. Grazie a Google Earth Timelapse,
infatti, gli utenti possono ripercorrere un periodo che va dal 1984 fino ad
oggi attraverso un video accelerato che, come spiega Google stessa, mostra
"l'impatto dell'umanità sulla Terra". Si tratti di un viaggio
virtuale reso possibile dai dati raccolti dalla Nasa e
dal programma Copernicus dell'Unione Europea, che
mette davanti ai nostri occhi gli effetti della deforestazione,
dello scioglimento dei ghiacci o, semplicemente, della
costruzione di nuove infrastrutture.
Lezioni di cucina sostenibile
La
startup Impastiamo, fondata negli Stati Uniti da una ragazza italiana,
ha deciso di celebrare l'Earth Day 2021 offrendo gratuitamente 5 lezioni virtuali di cucina tenute da altrettanti chef provenienti da
diversi Paesi del mondo con lo scopo di insegnare ai partecipanti a ridurre al
minimo lo spreco alimentare che avviene a casa. Ogni lezione deve essere
prenotata direttamente su www.impastiamoclasses.com: come ti anticipavo, non
dovrai pagare nulla ma, per chi vuole, c'è la possibilità di effettuare
delle donazioni a 2 associazioni impegnate nella salvaguardia delle api.