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sabato 26 febbraio 2022

SI ALLA PACE - NO ALLA GUERRA! - Comunicato di Umec-Wuct


SÌ ALLA PACE 

                NO ALLA GUERRA!

 

L'Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici (WUCT) è molto preoccupata per la tragedia che sta avvenendo in Ucraina. Esprime la sua solidarietà al popolo ucraino e a tutti coloro che attualmente stanno vivendo terribili situazioni di violenza e di guerra in varie parti del mondo.

 Infatti, "la guerra è sempre una follia... Chi fa la guerra dimentica l'umanità!" ha detto Papa Francesco nei giorni scorsi. Dobbiamo sempre ricordare che la pace costruisce il futuro, ma la guerra lo distrugge.

 Le persone che si battono per la pace sperano che il dialogo, la lungimiranza, la saggezza e la buona volontà prevalgano al più presto ed esortano tutti ad essere costruttori di pace solleciti, giusti e coraggiosi.

 La pace evidenzia la necessità che la cultura del dialogo e della comprensione reciproca sia il fondamento di ogni percorso umano e che sia considerata parte integrante della missione educativa di ogni istituzione scolastica e di ogni insegnante.

 UMEC-WUCT pensa con tristezza, in particolare, alle migliaia di bambini e giovani che sono costretti a vivere queste terribili e indimenticabili esperienze di paura, sofferenza, freddo e fame, e anche il rischio di una morte violenta.  A causa della guerra molte famiglie rimangono colpite per il resto della loro vita, nei bambini e nei giovani restano terribili ed insanabili ferite.

UMEC-WUCT invita tutti a pregare e ad impegnarsi nel cammino della pace, un cammino che per i cristiani significa prendersi cura, insieme, della giustizia e della pace.

Umec.wuct@gmail.com                           

lunedì 21 febbraio 2022

COMPETENZE NON COGNITIVE E VALUTAZIONE


  SCUOLA/ “Carattere”, valutazione, più autonomia: facciamone un circolo virtuoso

di Letizia Stefani

L’esperienza pandemica e la Dad hanno drasticamente messo in evidenza quanto sia fondamentale il contatto umano nel percorso educativo, quanto l’educazione sia un “incontro di personalità”. Quanto l’interazione con il gruppo sia determinante per i ragazzi nella costruzione della propria identità. Quanto occorra avere dei maestri che siano a fianco degli studenti, non di fronte o dietro uno schermo. Quanto al centro del progetto formativo di una scuola occorra mettere la persona del discente, perché la sua capacità di apprendimento dipende non solo dalla qualità dei saperi trasmessi, ma anche dalle caratteristiche specifiche di ognuno.

La proposta di legge sulle “competenze non cognitive”, approvata dalla Camera l’11 gennaio, va in questa direzione. Non vuole “snaturare” la scuola o addestrare il carattere degli allievi per omologarli ad uno standard umano prefissato da una “nuova ideologia educativa”, ma mettere al centro la persona, che diventa competente quando mobilita le sue risorse, arriva ad una scelta, ad una decisione, quando si mette in azione. È il riconoscimento del “valore assoluto” della persona del discente.

Preme sottolineare che nell’ultimo mezzo secolo l’azione educativa della scuola è stata spesso ridotta a training, a far acquisire al discente competenze profittevoli, immediatamente spendibili o, a lungo termine, economicamente produttive. Tuttavia, le trasformazioni avvenute nel mondo della produzione hanno sempre più indicato alla scuola che l’impresa ha oggi la necessità di mettere in campo una più oculata attenzione verso la formazione del “capitale umano”, la cui qualità è determinata dalle non cognitive skills.

Oggi, infatti, il mondo delle imprese ha bisogno di persone con nuove hard e soft skills, che siano capaci di coniugare know how tecnologico e tecnico specifico insieme a un’adeguata capacità di lettura della complessità in cui siamo immersi, alla capacità di lavorare insieme, in modo flessibile, creativo, per obiettivi produttivi e di sviluppo, attenendosi alle regole in modo coscienzioso, pianificando e classificando per ordine di importanza i compiti attribuiti. Come vari studi hanno avuto modo di dimostrare, le non cognitive skills, risorse di tipo psico-sociale, tratti di personalità, diventano determinanti per il 75-85% per una positiva e costruttiva esperienza lavorativa, mentre le competenze tecniche si attestano al 15-25%.

Se poi si considera che oltre la metà dei ragazzi frequentanti oggi la scuola svolgerà un mestiere che non è stato ancora inventato o che è solo a largo spettro definibile, è evidente che occorrerà fin da subito dar forma ad un’azione didattica che sviluppi quelle risorse psico-sociali, quelle abilità e quegli atteggiamenti che sono alla base di un approccio efficace con la realtà, nei suoi aspetti conoscitivi e relazionali, oltre ad essere tratti educabili e potenziabili, soprattutto durante l’esperienza scolastica dei ragazzi.

Rilevante è, nella legge approvata dalla Camera, l’entità dei fondi previsti per la formazione dei docenti, in entrata e in servizio, e per la sperimentazione, aperta a scuole di ogni ordine e grado del sistema scolastico nazionale, comprese le paritarie: basterà presentare una propria proposta progettuale alla Commissione ministeriale istituenda per accedere al finanziamento.

È una legge che valorizza metodologie didattiche attive e innovative, avviate già da molti docenti e da molte scuole, e che si inserisce, seppur con le debite differenze, nell’ottica tracciata dall’alternanza scuola-lavoro, ora Pcto.

Certamente occorrerà rivedere l’impostazione didattica della valutazione e del sistema nazionale di valutazione, in quanto le non cognitive skills non solo sono identificabili, educabili, ma anche misurabili, come altri hanno già avuto modo di rilevare. Quello che ci preme puntualizzare è che, se il profilo individuale di una persona è determinato dai suoi aspetti cognitivi e non cognitivi, è giusto che nel profilo in uscita di un ragazzo dalla scuola si dia risalto anche alle sue character skills. Una “valutazione olistica”, secondo Luisa Ribolzi, “che guarda alla persona globale dello studente e non solo a un suo prodotto”.

Parimenti corretto sarebbe, inoltre, che il sistema di valutazione e comparazione delle scuole italiane applicasse questo parametro di giudizio, da cui si evincerebbero la ricchezza e la contestualizzazione dell’offerta formativa di ogni singola istituzione scolastica. Si introdurrebbe così un vero tratto di competitività tra scuole, con un conseguente stimolo al miglioramento e all’eccellenza. Potrebbe essere un passo verso il decentramento del sistema scolastico nazionale?

 Il Sussidiario

 

domenica 20 febbraio 2022

LO SCAUTISMO. PEDAGOGIA ESPERIENZIALE


 Qualità e caratteristiche dell’esperienza nello scautismo.

 Il 22 febbraio di ogni anno le guide e gli scout  celebrano la memoria del fondatore del Movimento scout, Robert Baden-Powell il più grande movimento educativo mondiale.

In tale occasione guide e scout rinnovano la loro Promessa; "Con l'aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e il mio Paese, per aiutare gli altri in ogni corcostanza e per osservare la Legge scout"

Nel mondo esistono  oltre 540 associazioni (nazionali o regionali) con circa 40 milioni di scout e di guide, giovani e adulti, maschi e femmine, in 216 differenti paesi e territori.

"La vera felicità consiste nel fare felici gli altri" (Baden-Powell)

Lo scautismo è una “pedagogia esperienziale”.  L’applicazione del suo metodo si sviluppa attraverso il procedere di esperienze vissute nelle quali è implicita un’intenzione educativa. Ognuna di esse, infatti, è funzionale e utile alla crescita e sviluppo globale della persona, dalle competenze materiali fino alla dimensione fisica e spirituale. Dalla più tenera età fino all’età adulta e oltre. 

La “pedagogia esperienziale” dello scautismo richiede una definizione delle sue caratteristiche tipiche e specifiche e della loro motivazione e qualità. Non ogni esperienza, nell’applicazione del metodo, ha obbligatoriamente un fine pedagogico se non applicata in un quadro educativo e secondo certe modalità. Per “esperienza”, nell’ambito del metodo scout, intendiamo le attività proposte dagli educatori nello sviluppo dei programmi ai gruppi/unità o al singolo ragazzo. Le esperienze sono da considerare sia in senso oggettivo, ossia come attività, sia in senso soggettivo, ossia come esse sono vissute e percepite dal ragazzo durante e dopo lo svolgimento. Il ragazzo in crescita coglie di esse prima di tutto l’aspetto oggettivo e solo progressivamente acquista consapevolezza del proprio vissuto, scoprendo che l’avventura della sua vita si fonda su un personale impegno di autoeducazione. 

Caratteristica, questa, tipica del metodo scout. (Citazione B.-P.) L’educatore propone consapevolmente le attività sapendo e fidando nel riscontro soggettivo del ragazzo che, attraverso di esse, ne apprende il senso affinando il proprio ruolo come soggetto nella relazione con gli altri. E’ la cosiddetta intenzionalità (o coscienza) educativa dei capi che giustifica e accompagna la loro presenza nelle attività scout. Nulla, o poco, è lasciato al caso, se non il ruolo, la reazione specifica e la posizione che ciascun partecipante assume spontaneamente. 

Le attività o esperienze proposte nello scautismo nei suoi programmi e nei tempi e modi adeguati, si caratterizzano per la contestuale presenza di diversi elementi. Ciascuno di essi, considerato a sé stante, può anche essere presente nelle esperienze proposte da altri gruppi, agenzie educative o organizzazioni a scopo non espressamente educativo. E’ solo la composizione armonica tra le differenti caratteristiche dell’attività scout che assicura l’originalità ed efficacia educativa. In particolare, la corretta interazione tra gli elementi che illustreremo favorisce il coinvolgimento sensoriale ed emotivo di tutto il ragazzo, di tutte le sue facoltà, e non solo di quelle intellettuali. 

Un’esperienza scout normalmente richiede una forte componente di fisicità e di percezione sensoriale in ogni partecipante. L’immersione e il contatto con la natura, richiesto costantemente da Baden Powell nei suoi manuali anche per i lupetti e le coccinelle, sono il segno di un’importante ed essenziale allenamento dei sensi e della fisicità di ognuno …..

 Segue: https://www.agesci.it/?wpfb_dl=2157


SCAUTISMO, LA PEDAGOGIA IN AZIONE

 

 

sabato 19 febbraio 2022

A VOI IO DICO

Amare il non amabile, 
perdonare l’imperdonabile-

20 febbraio 2022 

-VII domenica del Tempo ordinario, anno C-

-         Lc 6,27-38

 ²⁷Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, ²⁸benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. ²⁹A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. ³⁰Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. ³¹E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. ³²Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. ³³E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. ³⁴E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. ³⁵Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. ³⁶Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. ³⁷Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. ³⁸Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

 Commento di Enzo Bianchi

Alla proclamazione delle beatitudini, nel vangelo secondo Luca come in quello secondo Matteo, segue da parte di Gesù un discorso indirizzato a quella folla che era venuta ad ascoltarlo quando era disceso con i Dodici dalla montagna (cf. Lc 6,17). In Luca questo insegnamento è più breve e ha una tonalità diversa. In esso non è più registrato il confronto, anche polemico, con la tradizione degli scribi di Israele, ma emerge piuttosto la “differenza cristiana“ che i discepoli di Gesù devono saper vivere e mostrare rispetto alle genti, ai pagani in mezzo ai quali si collocano le comunità alle quali è rivolto il vangelo.

         “A voi che ascoltate, io dico…”. Sono le prime parole di Gesù, che introducono una domanda, un comando, un’esigenza fondamentale: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano”. Certo, queste parole sono collegate alla quarta beatitudine indirizzata ai discepoli perseguitati (cf. Lc 6,22-23), ma appaiono rivolte a ogni ascoltatore che vuole diventare discepolo di Gesù. L’amore dei nemici non è dunque soltanto un invito a un’estrema estensione del comandamento dell’amore del prossimo (cf. Lv 19,18; Lc 10,27), ma è un’esigenza prima, fondamentale, che appare paradossale e scandalosa. I primi commentatori del vangelo con ragione hanno giudicato questo comando di Gesù una novità rispetto a ogni etica e sapienza umana, e gli stessi figli di Israele hanno sempre testimoniato che con tale esigenza Gesù andava oltre la Torah.

             Per questo dobbiamo chiederci: è possibile per noi umani amare il nemico, chi ci fa del male, chi ci odia e vuole ucciderci? Se anche Dio, secondo la testimonianza delle Scritture dell’antica alleanza, odia i suoi nemici, i malvagi, si vendica contro di loro (cf. Dt 7,1-6; 25,19; Sal 5,5-6; 139,19-22; ecc.) e chiede ai credenti in lui di odiare i peccatori e di pregare contro di loro, potrà forse un discepolo di Gesù vivere un amore verso chi gli fa del male? Diamo troppo per scontato che questo sia possibile, mentre dovremmo interrogarci seriamente e discernere che un amore simile può solo essere “grazia”, dono del Signore Gesù Cristo a chi lo segue. Anche nel nostro vivere quotidiano non è facile relazionarci con chi ci critica e ci calunnia, con chi ci fa soffrire pur senza perseguitarci a causa di Gesù, con chi ci aggredisce e rende la nostra vita difficile, faticosa e triste. Ognuno di noi sa quale lotta deve condurre per non ripagare il male ricevuto e sa come sia quasi impossibile nutrire nel cuore sentimenti di amore per chi si mostra nemico, anche se non ci si vendica nei suoi confronti.

         Con questo comando, che lui stesso ha vissuto fino alla fine sulla croce chiedendo a Dio di perdonare i suoi assassini (cf. Lc 23,34), Gesù chiede ciò che solo per grazia è possibile e, significativamente, è sempre Luca a testimoniare che con questo sentimento dell’amore verso i nemici è morto il primo testimone di Gesù, Stefano, il quale ha chiesto a Gesù suo Signore di non imputare ai suoi persecutori la morte violenta che riceveva da loro (cf. Lc 7,60). Gesù, dunque, qui rompe con la tradizione e innova nell’indicare il comportamento del discepolo, della discepola: ecco la giustizia che va oltre quella di scribi e farisei (cf. Mt 5,20), ecco la fatica del Vangelo, ecco – direbbe Paolo – “la parola della croce” (1Cor 1,18). Amare (verbo agapáo) il nemico significa andare verso l’altro con gratuità anche se ci osteggia, significa volere il bene dell’altro anche se è colui che ci fa del male, significa fare il bene, avere cura dell’altro amandolo come se stessi. E Gesù fornisce degli esempi, indica anche dei comportamenti esteriori da assumere, espressi alla seconda persona singolare: non fare resistenza a chi ti colpisce e neppure a chi ti ruba il mantello; dona a chi tende la mano, chiunque sia, conosciuto o sconosciuto, buono o cattivo, e non sentirti mai creditore di ciò che ti è stato sottratto. Ciò non significa però assumere una passività, una resa di fronte a chi ci fa il male, e Gesù stesso ce ne ha dato l’esempio quando, percosso sulla guancia dalla guardia del sommo sacerdote, ha obiettato: “Se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,23).

 A questo punto Gesù formula la “regola d’oro”, che riporta il discorso alla seconda persona plurale: “Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”. Regola formalizzata in positivo, nella quale la reciprocità non è invocata come diritto e tanto meno come pretesa, ma come dovere verso l’altro misurato sul proprio desiderio: “fare agli altri ciò che desidero sia fatto a me”. Pochi anni prima del ministero di Gesù rabbi Hillel affermava: “Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo al tuo prossimo”. Ma Gesù conferisce a tale istanza una forma positiva, chiedendo di fare tutto il bene possibile al prossimo, fino al nemico.

 Solo così, amando gli altri senza reciprocità, facendo del bene senza calcolare un vantaggio e donando con disinteresse senza aspettare la restituzione, si vive la “differenza cristiana”. In questo comportamento c’è il conformarsi del discepolo al Dio di Gesù Cristo, quel Dio che Gesù ha narrato come amoroso, capace di prendersi cura dei giusti e dei peccatori, dei credenti e degli ingrati. Se Dio non condiziona il suo amore alla reciprocità, al ricevere una risposta, ma dona, ama, ha cura di ogni creatura, anche il cristiano dovrebbe comportarsi in questo modo nel suo cammino verso il Regno, in mezzo all’umanità di cui fa parte.

         Dopo aver ribadito il comandamento dell’amore dei nemici, Gesù fa una promessa: ci sarà “una ricompensa (misthós) grande” nei cieli ma già ora in terra, qui, i discepoli diventano figli di Dio perché si adempie in loro il principio “tale Padre, tale figlio”. Imitare Dio, fino a essere suoi figli e figlie: sembra una follia, una possibilità incredibile, eppure questa è la promessa di Gesù, il Figlio di Dio che ci chiama a diventare figli di Dio. Se nella Torah il Signore chiedeva ai figli di Israele in alleanza con lui: “Siate santi, perché io sono Santo” (Lv 19,2), e questo significava essere distinti, differenti rispetto alla mondanità, in Gesù questo monito diventa: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. Nella tradizione delle parole di Gesù secondo Matteo il comando risuona: “Siate perfetti (téleioi) come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,48). Qui invece ciò che viene messo in evidenza è la misericordia di Dio; d’altronde, già secondo i profeti, la santità di Dio era misericordia, si mostrava nella misericordia (cf. Os 6,6; 11,8-9). La misericordia, l’amore viscerale e gratuito del Signore che è “compassionevole e misericordioso” (Es 34,6), deve diventare anche l’amore concreto e quotidiano del discepolo di Gesù verso gli altri, amore illustrato da due sentenze negative e due positive.

         Innanzitutto: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati”, perché nessuno può prendere il posto di Dio quale giudice delle azioni umane e di quanti ne sono responsabili. Si faccia attenzione e si comprenda: Gesù non ci chiede di non discernere le azioni, i fatti e i comportamenti, perché senza questo giudizio (verbo kríno) non si potrebbe distinguere il bene dal male, ma ci chiede di non giudicare le persone. Una persona, infatti, è più grande delle azioni malvagie che compie, perché non possiamo mai conoscere l’altro pienamente, non possiamo misurare fino in fondo la sua responsabilità. Il cristiano esamina e giudica tutto con le sue facoltà umane illuminate dalla luce dello Spirito santo, ma si arresta di fronte al mistero dell’altro e non pretende di poterlo giudicare: a Dio solo spetta il giudizio, che va rimesso a lui con timore e tremore, riconoscendo sempre che ciascuno di noi è peccatore, è debitore verso gli altri, solidale con i peccatori, bisognoso come tutti della misericordia di Dio.

 Al discepolo spetta dunque – ecco le affermazioni in positivo – di perdonare e donare: per-donare è fare il dono per eccellenza, essendo il perdono il dono dei doni. Ancora una volta le parole di Gesù negano ogni possibile reciprocità tra noi umani: solo da Dio possiamo aspettarci la reciprocità! Il dono è l’azione di Dio e deve essere l’azione dei cristiani verso gli altri uomini e donne. Allora, nel giorno del giudizio, quel giudizio che compete solo a Dio, chi ha donato con abbondanza riceverà dal Signore un dono abbondante, come una misura di grano che è pigiata, colma e traboccante. L’abbondanza del donare oggi misura l’abbondanza del dono di Dio domani. La “differenza cristiana” è a caro prezzo ma, per grazia del Signore, è possibile.

 Alzo gli occhi

 

DEMOCRAZIA TRADITA ?

 

-        Giuseppe Savagnone*

 



Un milione e duecentomila italiani delusi

La decisione della Corte Costituzionale di dichiarare «inammissibile» il referendum riguardante l’omicidio del consenziente ha sollevato vibranti e indignate proteste in una parte consistente dell’opinione pubblica. Non solo per il merito della questione, genericamente ascritta al delicato tema dell’eutanasia, ma perché dietro la richiesta di referendum c’erano un milione e duecentomila italiani che l’avevano sottoscritta. Una mobilitazione popolare senza precedenti, che lasciava prevedere il probabile risultato positivo dell’iniziativa referendaria.

A entrambi questi aspetti si è riferito il radicale Marco Cappato, responsabile dell’Associazione Luca Coscioni, promotrice dell’iniziativa referendaria: «È una brutta notizia per la democrazia e per chi sta soffrendo, ma andremo comunque avanti con altri strumenti, come la disobbedienza civile, i ricorsi. Continueremo a combattere per una eutanasia legale contro un’illegalità già attualmente praticata», ha affermato Cappato. E, dietro la sua, si sono levate moltissime voci sulla stessa linea.

I giudici della Consulta sono insensibili alla sofferenza dei malati?

Per quanto riguarda il contenuto della richiesta di referendum, i giudici della Consulta sono stati accusati di insensibilità verso le sofferenze di tanti malati che, grazie alla parziale abrogazione dell’art. 579 del Codice penale, avrebbero potuto chiedere di porre fine alla loro vita, senza che questo ricadesse nella fattispecie dell’omicidio. La sentenza che dichiara l’inammissibilità del referendum su questo tema è apparsa a molti espressione di un moralismo bigotto e ipocrita, che non se la sente di rinunciare a una regola convenzionale e, in nome di questa, rimane sordo ai problemi posti dalla realtà.

La sollevazione popolare è stata tale da indurre il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, a ricorrere a una mossa inedita, convocando una conferenza stampa per difendere la decisione e spiegare le ragioni della Consulta. «Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza», ha detto Amato, «ci ha ferito ingiustamente». E ha spiegato «Nella sorpresa e anche amarezza che ha destato in molti la decisione di ieri ha giocato un ruolo determinate l’uso che è stato generalizzato ‘Referendum sull’eutanasia’. Perché referendum sull’eutanasia desta nelle persone che leggono o ascoltano la legittima aspettativa che si tratti di un referendum che ha ad oggetto le persone che stanno soffrendo, che sono malate, che sono magari incurabili (…). Peccato che il referendum non fosse sull’eutanasia ma fosse sull’omicidio del consenziente e che arrivare a un voto che, aspettandosi che sia sull’eutanasia, poi legittima l’omicidio del consenziente, finisce per legittimare l’omicidio del consenziente ben al di là dei casi per i quali ci si aspetta che l’eutanasia possa aver luogo».

E a questo che, del resto, faceva riferimento il comunicato con cui la Corte spiegava le ragioni della inammissibilità del quesito referendario, evidenziando che esso si poteva applicare a casi ben diversi da quelli che, nell’immaginario collettivo, potrebbero giustificare, o almeno rendere comprensibile, l’uccisione di una persona sofferente e richiamando la necessità di una «tutela minima, costituzionalmente necessaria, della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili».

L’effettivo contenuto del quesito referendario

In realtà, chiedendo l’abrogazione del divieto contenuto nell’art. 579, non si sarebbe avallata solo l’uccisione di un malato, ma di chiunque lo avesse chiesto, per qualsiasi motivo. Anche di persone sanissime che – in un momento di debolezza e di scoraggiamento o, più durevolmente, in stato di depressione – avessero espresso il desiderio di farla finita. Abbiamo forse avuto tutti momenti di scoraggiamento, in cui ci è sembrato di non avere la forza di continuare ad affrontare la vita e abbiamo esclamato «Voglio morire!». A maggior ragione ciò può accadere nel caso di «persone deboli e vulnerabili» che, se il referendum fosse passato, avrebbero potuto trovare chi – magari per interesse personale – . le accontentasse, senza doverne rispondere.

Ma di questo – come dimostrano anche le proteste contro la sentenza, unilateralmente centrate sul problema della sofferenza del malato – la stragrande maggioranza dei firmatari del referendum non si sono neppure resi conto. Non hanno avuto presente il testo legislativo che si trattava di modificare e non hanno fatto troppo caso al fatto che, in realtà, abrogando il divieto di uccidere un consenziente, non si precisava affatto che questi dovesse essere un malato o comunque una persona soggetta a terribili sofferenze. E che, al limite, si trattava di legittimare – come ha notato il presidente merito della Corte, Giovanni Maria Flick – anche gli omicidi consumati in certi giochi mortali che i ragazzi fanno per emulazione sotto la suggestione di TikTok. Ha ragione Amato: che c’entra questo con l’eutanasia? Più in generale, che c’entra con il rispetto per la sofferenza di tanti malati?

È immensamente più serio e corretto – se si deve parlare di eutanasia – il disegno di legge in discussione alla Camera, che riprende le indicazioni date dalla Corte costituzionale nella sentenza del 25 settembre del 2019, con cui dichiarava parzialmente incostituzionale l’art. 580 del Codice penale. Sulla scia di queste indicazioni, il disegno di legge prevede che non sia un reato l’assistenza medica a un suicidio nel caso che la persona richiedente sia «affetta da una patologia irreversibile o prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile e sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale», e in presenza di «sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili».

Si può essere o meno d’accordo con la proposta, ma qui si parla effettivamente di eutanasia, e non di una liberalizzazione dell’assassinio su richiesta. Così, per quanto possa apparire paradossale, l’ondata emotiva che ha accompagnato, sostenuto e fatto trionfare, in termini numerici, la richiesta dei radicali è stata strettamente legata all’equivoco denunciato dal presidente della Consulta: che si trattasse, cioè, di legittimare l’uccisione di una persona gravemente malata e soggetta a terribili sofferenze. Chi ha firmato la richiesta di referendum, nella stragrande maggioranza dei casi è stato vittima di questa illusione ottica.

Vox populi vox dei?

Siamo davanti a una vicenda sicuramente inquietante, che ci costringe a riflettere seriamente sull’accusa rivolta alla Corte Costituzionale di aver voluto fare violenza alla democrazia, facendo violenza alla volontà popolare. «Vox populi vox dei», recitava un antico detto. Ma già Manzoni, nella sua narrazione dei moti popolari legati alla carestia di Milano, aveva messo in discussione questa certezza. 

Certo, la democrazia esige che, nel governo della città politica, sia il popolo ad essere sovrano. Esistono però interpretazioni diverse di questo concetto. Ce n’è una, quella originaria, della “democrazia diretta”, risalente a Jean Jacques Rousseau (quello da cui prende il nome la piattaforma dei 5stelle) e vagheggiata dai populismi di oggi, che attribuisce alla «volontà generale» un potere assoluto e incontrollabile. Tutto quello che la volontà generale decide è bene: «La volontà generale è sempre retta». Il filosofo ammette però che il popolo sovrano ha bisogno di qualcuno che gli insegni ci sia sempre qualcuno che gli insegni «a conoscere ciò che vuole», magari riuscendo a «persuadere senza necessità di convincere». Come il maestro, a cui, nella sua opera pedagogica, propone di guidare l’allievo senza violenza, ma orientandolo senza che se ne renda conto: «Certo, egli deve far soltanto ciò che vuole, ma non deve volere se non la vostra volontà».

Alla fine, dunque, una simile sovranità è illusoria. Per questo la versione della democrazia adottata nella nostra Costituzione coniuga il principio della sovranità popolare con una serie di mediazioni e di limiti che possano mettere la comunità civile al riparto dalle derive irrazionali di una «volontà generale» manovrata da guru e “persuasori occulti” capaci di illuderla e di manipolarla. Il controllo della Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei referendum rientra in questa logica. Come del resto il principio della divisione dei poteri e la mediazione del Parlamento. 

Il battage in corso per far credere che la democrazia sia stata tradita, perché la Consulta ha rilevato l’incongruenza del quesito sul fine vita – apparentemente volto alla tutela dei deboli, i malati, e in pratica pericoloso proprio per chi è più fragile e vulnerabile – rientra in questa logica, a cui ormai siamo purtroppo abituati. Agitando degli slogan, si dà addosso alle persone che pensano e che hanno la competenza per affrontare ragionevolmente i problemi. Così, la questione dell’ammissibilità o meno di una forma più o meno esplicita di eutanasia, come quella discussa dalla Camera, può vedere fronti contrapposti, ma all’insegna della consapevolezza di ciò di cui si discute e nel reciproco riconoscimento delle ragioni altrui. Niente a che vedere con la cagnara imperversante sui social. Qui si tratta di capire e valutare con onestà intellettuale i problemi. E oggi forse è questo il maggiore servizio che si possa rendere alla democrazia.

 *Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell'Arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu.

Scrittore ed Editorialista.

 www.tuttavia.eu

 

 

venerdì 18 febbraio 2022

DIRITTO ALLA SALUTE E ALLO STUDIO


Protocollo tra i dicasteri dell’istruzione e della salute

  -di  Salvatore Pappalardo

 Il 17 febbraio 2022 con la firma del protocollo d’intesa tra il ministro dell’istruzione Bianchi e della salute Speranza, si cerca di dare attuazione al principio dell’inviolabilità dei diritti dell’uomo, quali patrimoni irrinunciabili della persona umana.

Diritti inviolabili

L’art. 2 della Costituzione nell’affermare e garantire i diritti inviolabili dell’uomo, colloca la persona umana sopra tutti i valori presenti nel sistema costituzionale e ne qualifica i diritti a essa insiti fra cui il diritto alla salute e il diritto allo studio. Occorre evidenziare inoltre, che i diritti inviolabili dell’uomo non sono riconosciuti e garantiti solo alla persona nella sua dimensione individuale, ma anche nel contesto sociale in cui si sviluppa la sua personalità.

Il protocollo

Il protocollo si muove secondo i principi costituzionali e si pone l’obiettivo di tutelare “i diritti alla salute, allo studio e all’inclusione”, quali diritti che non possono essere compressi e violati neanche dal pubblico potere in questo senso il protocollo intende valorizzare:

Il diritto alla salute

attraverso i programmi volti a garantire la tutela della salute e del benessere psicofisico di studentesse e studenti, famiglie e insegnanti attraverso la promozione di campagne informative e di sensibilizzazione sulla prevenzione di tutti quei comportamenti che determinano rischi per la salute.

Il diritto allo studio

Attraverso la promozione d’iniziative volte a garantire la presa in carico globale di bambini, alunni e studenti con disabilità e con disturbi evolutivi specifici, assicurandone l’inclusione scolastica.

Conoscenza e formazione

Il protocollo fra i due dicasteri, in condivisioni con le famiglie e le reti di scuole, prevede un percorso volto a garantire la conoscenza e la formazione del personale scolastico al fine di accompagnare gli studenti e le studentesse in attività articolate secondo specifiche aree tematiche: dalla conoscenza del valore delle vaccinazioni, all’educazione alimentare, dalla mobilità sostenibile, all’inclusione scolastica di bambini, alunni e studenti con disabilità, fino alla prevenzione del fenomeno del cyberbullismo.

Durata del protocollo

“Il tutto avrà la durata di tre anni e prevede la costituzione di un comitato e la formazione di gruppi di lavoro specifici ai quali potranno partecipare esperti del mondo della scuola, dell’università, della sanità e delle associazioni”.

 Tecnica della scuola

MINISTERO - COMUNICATO



 

 

RIGENERARE LA SCUOLA


 RiGenerazione Scuola, il Piano del Ministero per la transizione ecologica e culturale 

 Opportunità per le scuole e applicazioni concrete per l’educazione civica.

Nel vocabolario Treccani, alla voce Rigenerazione si legge: “l’azione di rigenerare, il fatto di rigenerarsi e di venire rigenerato.  In senso sociale, morale o religioso, rinascita, rinnovamento radicale, redenzione che si attua in una collettività”. Rigenerazione è il termine scelto per il nuovo piano lanciato dal Ministero dell’Istruzione la scorsa estate ed entrato nel vivo questo mese.

RiGenerazione Scuola come si legge nella pagina web dedicata – “mira a rigenerare la funzione educativa della scuola per ricostruire il legame fra le diverse generazioni, per insegnare che lo sviluppo è sostenibile se risponde ai bisogni delle generazioni presenti e non compromette quelle future, per imparare ad abitare il mondo in modo nuovo. La scuola crea, così, non solo il nuovo alfabeto ecologico ma si trasforma in luogo nel quale si azzerano i conflitti tra le generazioni e si impara a crescere in modo sostenibile”. Ma cosa significa? Di fatto avviare e realizzare una transizione ecologica e culturale delle scuole.

Il piano prevede tre ambiti in cui vengono suddivisi gli obiettivi ispirati all’agenda 2030: Sociali, Ambientali ed Economici.

Recuperare la socialità, superare il pensiero antropocentrico, maturare la consapevolezza del legame tra solidarietà ed ecologia, abbandonare la cultura dello scarto a vantaggio della cultura circolare sono tutti obiettivi dell’ambito sociale.

Nell’ambito ambientale rientrano: Maturare la consapevolezza del legame imprescindibile fra le persone e la ‘casa comune’; Diventare consapevoli che i problemi ambientali vanno affrontati in modo sistemico e Imparare a minimizzare gli impatti dell’azione dell’uomo sulla natura.

Per quanto riguarda invece gli obiettivi economici troviamo: conoscere la bioeconomia; conoscere il sistema dell’economia circolare; acquisire la consapevolezza che gli sconvolgimenti climatici sono anche un problema economico e imparare a costruire i mestieri e le imprese del futuro a zero emissioni, circolari e rigenerative.

Linee di indirizzo che rientrano facilmente nell’insegnamento dell’educazione civica come sottolinea  Barbara Floridia, sottosegretaria all’Istruzione ed ideatrice del Piano, interpellata da Orizzonte Scuola in occasione del lancio della prima settimana della RiGenerazione: “Da qui in avanti sia le scuole che i Comuni e gli enti del terzo settore avranno strumenti e risorse per poter non solo accompagnare i ragazzi verso nuovi modelli comportamentali e nuovi stili di vita, ma anche per implementare l’offerta formativa dell’educazione civica, un punto presente nel Pilastro legato a cittadinanza ed educazione ambientale. Inoltre puntiamo a perfezionare sempre di più le competenze dei nostri studenti, anche nell’ottica di avvicinare la nostra popolazione studentesca ai cosiddetti ‘green jobs’ una volta usciti da scuola”. Strumenti e risorse dunque per ampliare il bagaglio di conoscenze degli studenti di ogni età.

RiGenerazione Scuola fonda le proprie radici infatti su quattro pilastri da ‘Rigenerare’ appuntoi saperi, i comportamenti, le infrastrutture fisiche e digitali e le opportunità.

Ma cosa offre in concreto per le scuole? La sottosegretaria Floridia spiega: “Il Piano mette a disposizione subito 2 milioni di euro, una cifra che con un bando pubblico consente a ciascun istituto di accedere ad un contributo fino a 25 mila euro per progetti legati alla sostenibilità ambientale, al progresso sostenibile ed all’economia circolare. Si tratta di un primo stanziamento all’interno di un quadro molto più ampio che porterà alla scuola italiana nuove opportunità, nuovi luoghi da abitare, nuovi abitudini e nuovi saperi”.

“Ogni scuola può proporre iniziative – continua Floridia – sul sito del ministero dell’Istruzione c’è una sezione dedicata al Piano RiGenerazione Scuola in cui si può vedere come tante scuole si siano già attivate con iniziative e progetti. Ciascun istituto può utilizzare le risorse messe a disposizione tramite bando, ed entrare così in contatto costante con la rete dei ‘rigeneratori’ della Green Community. In questo modo le nostre scuole saranno aperte a esperti che dialogheranno direttamente con i ragazzi di temi ambientali, di biodiversità, di cambiamenti climatici, di risorse forestali, aiutando a comprendere quanto le azioni di ciascuno abbiano un impatto sul pianeta e cosa possiamo fare come singoli e come collettività per ridurre ed eliminare gli effetti negativi che esse possono produrre sull’ambiente”.

Quali sono i passaggi che una scuola deve fare per aderire al Piano? “Tutte le scuole possono liberamente aderire ed anzi sono invitate a farlo – rimarca la sottosegretaria all’Istruzione – Pensiamo di inserire il Piano tra gli obiettivi che le scuole potranno far entrare nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF)”.

Oltre allo stanziamento di 2 milioni di euro per i progetti proposti dalle scuole, Barbara Floridia ha spiegato che sono diversi i fondi a disposizione. “All’interno del pilastro relativo alla rigenerazione delle infrastrutture scolastiche 1 miliardo verrà dedicato alle aule verdi ed ai laboratori Green. In più ci sono altre risorse, quasi 4 miliardi per l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza delle scuole. Si tratta di uno dei più grandi investimenti mai realizzati per mettere la sostenibilità al centro di tutte le strategie legate al mondo della scuola. Un percorso importantissimo in cui tutta la comunità scolastica, dirigenti e docenti in primis, sono chiamati a dare il proprio contributo”, ha concluso.

Un programma ambizioso e di grandi dimensioni che si preannuncia aperto a tutte le realtà scolastiche che vorranno partecipare come già alcuni hanno fatto, tra cui l’Istituto Comprensivo ‘Portella della Ginestra’ di Vittoria (Ragusa).

Il progetto della scuola, spiega la dirigente scolastica Daniela Mercante ha per prima cosa un hashtag #vogliamocambiareilmondocominciandodallascuola. È un progetto di educazione e sostenibilità, per affrontare la complessità e le urgenze di questo nostro tempo, interpretandoli secondo il canone della sostenibilità. Legare la sostenibilità all’educazione, al soggetto che apprende e all’adulto impegnato nell’educazione ed alla loro relazione, significa assumere un altro sguardo sui percorsi formativi, rafforzando l’attitudine degli insegnanti a tener conto della personalità dei ragazzi, potenziandone sia le competenze cognitive che quelle non cognitive, introducendo modalità didattiche che valorizzino la personalità degli studenti, abbandonando la logica che la conoscenza sia frutto di meri meccanismi. Il nostro progetto – continua la dirigente – prende le mosse dalla sostenibilità declinata dai 17 obiettivi dell’Agenda 2030 e dal filo rosso che li lega; e muove dunque da un’idea di scuola legata a competenze non solo cognitive, ma anche e soprattutto emozionali, le character skills, quali appunto l’amicalità, la grinta, la passione ideale, l’apertura all’esperienza, la responsabilità, che sono le condizioni per un approccio non egoistico, individualista, distruttivo della vita e del lavoro”.

“Più di ogni altra opportunità – prosegue Mercante – questo Piano Rigenerazione Scuola, così pensato con i suoi 4 pilastri di rigenerazione richiama anche ad una prospettiva interiore, volta a suscitare nei giovani le forze profonde per ‘Reincantare il mondo’ (come direbbe Bernard Stiegler), per imparare ad abitare il mondo in un modo nuovo. È la strada per l’equità sociale: in questa che è la scuola con un altissimo numero di alunni con disabilità, di alunni non italofoni, di alunni con bisogni educativi speciali, significa andare verso un nuovo modello di società con nuovi stili di vita, riuscendo a diffondere un nuovo modo di vivere e pensare che non prevede lo scarto – neanche delle persone più fragili – né l’usa e getta – non solo delle cose, ma anche dei sentimenti, degli affetti, delle relazioni. E una scuola che non scarta è una scuola che si prende cura, delle piante, degli animali, delle cose, dei luoghi, delle persone. È quindi una scuola inclusiva per definizione, perché ciascuno in essa trova i propri tempi, i propri spazi, le proprie attività e affronta l’apprendimento secondo le proprie capacità, possibilità, potenzialità”.

Per partecipare, dice la preside, non è difficile, “tra le econews (sul sito) sono pubblicati gli Avvisi emanati dal Ministero dell’Istruzione per sostenere le scuole a sviluppare iniziative di educazione ambientale, educazione alla sostenibilità, educazione alimentare e alla salute, recupero e riprogettazione di materiali, riflessioni sulla biodiversità, riciclo dei rifiuti, consumo responsabile ed efficientamento energetico, mobilità sostenibile, laboratori green (orti, aule all’aperto e spazi verdi), bio-agricoltura, bio-economia, economia circolare, cittadinanza del mare”.

“Le scuole interessate a presentare la candidatura si impegnano a sviluppare iniziative per fornire strumenti didattici sulla transizione ecologica, sviluppare metodologie e strumenti di formazione per docenti e alunni, sperimentare prassi innovative, creare legami educativi con il territorio e rendere ripetibili le esperienze scolastiche. Ciascuna scuola può proporre la propria candidatura con una sola proposta progettuale. Le candidature devono essere inviate esclusivamente attraverso la piattaforma PimerMonitor, accessibile dal percorso SIDI – Applicazioni SIDI – Gestione Finanziario Contabile – Monitoraggio e rendicontazione”, spiega la dirigente scolastica.

Da Preside ai colleghi dice “partecipate, perché oggi il concetto di sostenibilità ha a che fare col valore molto più profondo di giustizia, ed in particolare di giustizia intergenerazionale: ‘per sviluppo sostenibile – recita il Rapporto ONU ‘Our common future’ – s’intende uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. La scuola crea, così, non solo il nuovo alfabeto ecologico ma si trasforma in luogo nel quale si azzerano i conflitti tra le generazioni e si impara a crescere in modo sostenibile. Il dirigente scolastico funge da collettore delle innovazioni, delle esperienze di cambiamento che avvengono all’interno della scuola che dirige; e fa squadra non solo dentro il singolo istituto, ma anche con le realtà locali, quelle istituzionali e quelle nazionale; per proiettare la scuola in un futuro più verde, più digitale, più sano, più forte, più uguale”.

All’interno del Piano è stata promossa anche una rete nazionale, una community – in continuo aggiornamento – composta da rappresentanti di amministrazioni pubbliche, istituzioni culturali, scientifiche, di ricerca, organizzazioni no profit e profit che hanno il compito di dare aiuto concreto ed esperto allo stesso Ministero e alle Istituzioni Scolastiche per la realizzazione di iniziative in linea con il Piano. Realtà in grado di fornire il proprio know how per aiutare le scuole a creare percorsi efficaci nel raggiungimento degli obiettivi specifici. Realtà che già da tempo lavorano in questo settore, su questi temi, e che hanno messo a disposizione il loro bagaglio di conoscenze ed esperienze. Tra queste Legambiente e Cittadinanzattiva che Orizzonte Scuola ha interpellato per comprendere il loro impegno in questo settore.

“Legambiente vi partecipa attraverso la Green Community con due progetti sui quali lavora da tempo con le scuole – spiega Claudia Cappelletti responsabile Scuola di Legambiente – Si tratta di ‘Scuole Sostenibili’, attraverso il quale proponiamo agli istituti scolastici di sottoscrivere un impegno sulla sostenibilità ambientale e culturale: un patto attraverso il quale la scuola si impegna a mettere in atto una serie di azioni finalizzate alla riduzione dell’impatto ambientale degli stili di vita a scuola, per poi tentare anche un coinvolgimento delle amministrazioni proprietarie degli edifici scolastici per un miglioramento in chiave sostenibile promosso dal basso. ‘Quindi +Scienza’, è invece il progetto pensato per sostenere i docenti in un percorso interdisciplinare nella cornice dell’educazione civica, attraverso un corso che, a partire dalla cittadinanza scientifica come nutrimento dei valori costituzionali, offre un percorso che si sviluppa nello sviluppo sostenibile e nella cittadinanza digitale”.

“Per il momento da parte del Ministero è stata fatta una raccolta di buone pratiche a scuola – continua Cappelletti – Come rappresentanti della società civile abbiamo per il momento dato la disponibilità di far parte di un percorso, ma dobbiamo ancora condividere degli obiettivi concreti che ci vedono protagonisti attivi. In tal senso abbiamo chiesto al MI di istituire un tavolo partecipativo per fare sintesi dell’esperienza ma anche per costruire un piano nazionale che sia di alimentazione culturale e di allineamento operativo per dare opportunità di crescita comune al mondo della scuola, non frammentato in tanti modi di interpretare la sostenibilità”.

Necessario dunque per Legambiente continuare a fare rete e incrementare la partecipazione attiva perché, sottolinea la responsabile Scuola di Legambiente, “le criticità come sempre non mancano, la vera scommessa è la transizione ecologica. Non ci possiamo fermare all’insegnamento dell’educazione civica – conclude – ma chiediamo che si sviluppino veri e propri patti educativi di comunità per una giusta transizione ecologica, tenendo al centro diversi obiettivi tra cui la povertà educativa”.

Altra realtà che si occupa di temi legati al Piano RiGenerazione è Cittadinanzattiva che “da anni si occupa di sviluppo sostenibile impegnandosi nella promozione di nuovi modelli, coinvolgendo attivamente i cittadini per aumentarne la consapevolezza e incentivarne la partecipazione nella definizione e adozione di modelli e politiche più sostenibili, promuovendo l’educazione ad un consumo consapevole e ad un utilizzo sicuro e responsabile dei servizi, con una particolare attenzione alle nuove generazioni” come spiega Tiziana Toto. In particolare dal 2019 Cittadinanzattiva è promotrice, insieme alla Fondazione Unipolis, del progettoO.R.A. Open Road Alliance’, dedicato alla mobilità sostenibile che ha coinvolto le scuole superiori di II grado delle 14 città metropolitane: “Con un percorso formativo ad hoc, e un contest di idee – spiega Toto – si è voluto promuovere una nuova cultura della mobilità attraverso l’educazione a un nuovo modello più sostenibile, basato sull’attenzione ai temi ambientali, la condivisione dei mezzi, la sicurezza, un orientamento alla multi modalità e all’interoperabilità e a un approccio più consapevole al trasporto pubblico. L’intero progetto, che si colloca nell’ambito degli SDGs dell’Agenda 2030 dell’ONU, vuole contribuire alla riduzione dell’impatto della mobilità dal punto di vista ambientale-sociale-economico verso un approccio più sostenibile”.

“Il protagonismo dei ragazzi, elemento centrale del progetto, è ben rappresentato dal Manifesto della mobilità sostenibile che è stato redatto interamente grazie ai contributi delle classi partecipanti. Il progetto è stato ideato con lo scopo di creare empowerment tra i giovani, trasformando la scuola nel luogo di innesco di una riflessione più ampia sulla mobilità del presente e del futuro, fino a coinvolgere le diverse comunità di riferimento. A nostro avviso – sottolinea la rappresentante di Cittadinanzattiva – partire dai giovani, promuovendo la loro partecipazione attiva, è fondamentale per costruire comunità intelligenti, inclusive, sostenibili e favorire il dialogo tra gli stakeholder sulle tematiche più rilevanti. Il progetto ha inoltre avuto l’ambizione di misurare l’impatto effettivo delle varie azioni in termini di miglioramento della conoscenza, delle competenze, delle motivazioni e soprattutto dei cambiamenti di comportamento e attitudini sulla strada”.

Dunque un progetto “perfettamente in linea con gli obiettivi” di RiGenerazione Scuola che è “stato presentato come esperienza concreta” all’interno della Green Community perché per Cittadinanzattiva “il valore aggiunto di progetti come O.R.A. consiste nel protagonismo dei beneficiari inseriti in un percorso circolare: prima come discenti e poi promotori di un nuovo modello tra pari (approccio peer2peer), la comunità locale e nazionale”.


Ma come tutto questo si inserisce all’interno dell’educazione civica? Per Cittadinazattiva “il Piano risponde alle esigenze del percorso di educazione civica in maniera trasversale ai nuclei tematici, con l’obiettivo di formare cittadini responsabili e consapevoli. L’approccio innovativo e a lungo termine consente di porre le basi per una vera rivoluzione e rigenerazione all’interno delle scuole, che hanno l’obbligo ma soprattutto l’opportunità di implementare proposte trasversali alle discipline di studio.

L’intento di mettere a sistema le buone prassi realizzate negli ambiti scolastici, di diversi gradi, rappresenta un’occasione per la definizione di una nuova scuola, il cui primo passo è stato fatto proprio attraverso l’introduzione dell’educazione civica, intesa come luogo in cui delineare un approccio nuovo e sostenibile che coinvolge i diretti destinatari degli interventi ma anche i docenti, mediante specifici strumenti formativi. Lo stesso progetto O.R.A., di cui Cittadinanzattiva e Fondazione Unipolis sono promotori, è stato spesso inserito da docenti e dirigenti scolastici all’interno del percorso di educazione civica in quanto rispondente alle linee guida per la costruzione di città e ambienti più inclusivi e sostenibili, agendo sulla capacità dei giovani destinatari di comprendere e agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente alla vita civica, culturale e sociale delle comunità”, evidenzia Tiziana Toto.

Come Legambiente anche Cittadinanzattiva sottolinea la necessità di fare rete: “l’impegno, che ora è quanto mai necessario, è quello di creare sinergia tra i partecipanti alla Rete di RiGeneratori della Green Community in un’ottica di scambio, di condivisione e di sviluppo futuro che possa concretamente supportare il lavoro del Ministero e della Cabina di Regia. Come Cittadinanzattiva continueremo a pianificare e realizzare azioni che coinvolgano direttamente le scuole e i giovani cittadini, per contribuire alla costruzione di un nuovo approccio più sostenibile delle nostre comunità”, conclude Tiziana Toto.

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La prima edizione della ‘Settimana nazionale della RiGenerazione’, indetta dal Ministero dell’Istruzione, si è svolta dal 3 al 5 novembre 2021 a Roma alla presenza – nella giornata inaugurale – del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, della Sottosegretaria Floridia, delle scuole e dei partner dell’iniziativa. In contemporanea, centinaia di scuole su tutto il territorio nazionale hanno aderito con le loro iniziative che sono state raccolte all’interno del sito dedicato al Piano.

Eccone alcuni.

L’Istituto Tecnico Agrario Garibaldi di Roma ha scelto di partecipare partendo dalle caratteristiche peculiari della scuola. Considerando che il Piano prevede la tutela e la salvaguardia della biodiversità diventa fondamentale lo sviluppo delle filiere produttive agroalimentari che valorizzino i prodotti tipici territoriali con particolare attenzione alle fasi produttive orientate sempre più verso il modello agroecologico, quindi assenza di diserbanti o pesticidi. Tra i temi peculiari dell’Istituto, l’agricoltura di precisione e l’economia circolare con l’utilizzo di eventuali scarti di produzione come nuove fonti energetiche.

L’ Istituto Comprensivo Via Baccano di Roma ha già all’attivo numerosi progetti in tema di Educazione ambientale e sostenibilità: dallo studio delle bottigliette alla preparazione del detersivo per i piatti ecosostenibile. In particolare la biblioteca della scuola è attrezzata con strumenti plastic free.

L’Istituto Comprensivo John Dewey di San Martino in Pensilis (Campobasso) ha realizzato l’iniziativa ‘Un albero per il futuro’. Sono 120 le piante messe a dimora dalle alunne e dagli alunni delle classi prime della scuola secondaria di primo grado. Un progetto che rientra nell’iniziativa nazionale “TREE 4 future” in collaborazione con i Carabinieri della Biodiversità del Nucleo Territoriale di Isernia e con la partecipazione attiva delle Amministrazioni locali dei tre Comuni, sedi dei plessi scolastici.

La scuola Primaria “C. Pedotti” di Luvinate (Varese) i occasione della Settimana nazionale della RiGenerazione ha realizzato diverse attività. La riduzione degli sprechi e compostiera scolastica: gli alunni al termine del momento della mensa hanno registrato quali alimenti sono stati completamente consumati e quali no. Hanno pesato la frazione umida e gli scarti in generale, riempiendo la compostiera del giardino con scarti di frutta e verdura. In questo modo il terriccio ottenuto è adatto ad essere utilizzato per l’orto della scuola. Inoltre gli alunni e le alunne per tutta la settimana hanno raggiunto la scuola in bicicletta, riducendo così le emissioni di CO2. Riutilizzando vecchie casse di legno per vini, gli alunni hanno poi realizzato delle bug hotel per gli insetti impollinatori. Sempre con cassette di legno, ma di frutta e verdura, sono state realizzate delle fioriere per aromi e piante perenni per decorare l’ingresso della scuola. Infine, gli alunni più grandi si sono trasformati in peer educator suggerendo ai più piccoli buone pratiche per evitare l’uso di plastica e imballaggi in generale per la merenda.

Nell’Istituto Comprensivo Briosco di Padova ciascuna classe ha scelto un luogo di cui prendersi cura: l’aula, il giardino, la propria camera, un angolo del quartiere per costruire insieme il benessere che gli ambienti devono promuovere. Ogni luogo vissuto infatti è frutto di comportamenti individuali e sociali.

L’Istituto Tecnico Tecnologico e Liceo Scientifico Guglielmo Marconi – Margherita Hack di Bari ha scelto, nei giorni dal 3 al 5 novembre, di attivare un laboratorio di riciclo creativo per la produzione di vasi che saranno utilizzati per la semina di leguminose (piante che arricchiscono il terreno di azoto oltre ad essere un’ottima fonte nutritiva di proteine vegetali) ed il trapianto di ortive ed erbe aromatiche (“orto in barattolo e bottiglia”), ma anche di alberi di Ceratonia siliqua (carrubo), pianta arborea sempreverde (e pertanto ad elevato potere CO2 assorbente) della macchia mediterranea. In seguito, le piante saranno messe a dimora in contenitori più grandi sempre ottenuti con materiali di riciclo per la creazione di piccoli “orti in cassetta”, mentre i carrubi, non disponendo di un vero e proprio cortile scolastico, saranno donati (quando sufficientemente grandi) al comune per implementare il verde urbano intorno alla scuola e messi a dimora dagli studenti in una giornata apposita.

L’Istituto Comprensivo Mariano Rossi di Sciacca (Agrigento) ha aderito al progetto “Adottiamo il Borgo dello Stazzone”, in collaborazione con l’associazione ambientalista Marevivo, adottando così un tratto di lungomare della città di Sciacca, al fine di provvedere alla raccolta delle plastiche spiaggiate, alla ripulitura del sito in questione e, di fatto, promuovere i valori di salvaguardia ambientale e senso. L’attività si svolgerà con cadenza mensile per l’intero anno scolastico. Con il progetto “Orto Didattico” si sono realizzate delle aiuole, collocate nel giardino di pertinenza della scuola, per la piantumazione di piantine di ortaggi del territorio. L’obiettivo è educare gli alunni alla riflessione di coltivazioni con metodi biologici e sostenibili, scoprire il valore del cibo e della biodiversità.

RIGENERAZIONE SCUOLA