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domenica 30 gennaio 2022

TRANSUMANO e TRANSGENDER


 UNA DEVIAZIONE DALLA NATURA

La visione profetica di Paolo VI.

 -         di Fiorenzo Facchini *

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 Mezzo secolo fa l’enciclica Octogesima adveniens di Paolo VI richiamava l’attenzione sul pericolo delle ideologie nelle soluzioni dei problemi sociali (in particolare l’ideologia marxista e l’ideologia liberale) e sulla rinascita delle utopie per i problemi del futuro. «L’appello alla utopia è spesso un comodo pretesto per chi vuole eludere i compiti concreti e rifugiarsi in un mondo immaginario. Vivere in un futuro ipotetico rappresenta un facile alibi per sottrarsi a responsabilità immediate» (n.37). Mi viene da pensare a quanto siano attuali queste riflessioni, quando sento parlare di scelta nella propria identità sessuale o di decostruzione della differenza sessuale per scegliere ciò che si vuole essere. Ma anche la prospettiva del superamento di ogni limite umano, sostenuta dalla concezione del transumanesimo, si allinea su una posizione decisamente ideologica.

Questi modi di vedere e di realizzare la cultura rappresentano una deformazione nel rapporto dell’uomo con la natura, una forzatura sulla natura, che non ha senso, non porta da nessuna parte, e anzi, se realizzata, può portare a un’autodistruzione della specie umana. Tutto quello che si distacca o nega il dato biologico nell’uomo, ispirandosi a una ideologia, rappresenta una oggettiva deviazione nel rapporto con la natura. Non è una semplice variante della specie umana che, se non vantaggiosa, nel lungo tempo potrà essere eliminata per selezione naturale.

La prospettiva transumanista, che si propone di realizzare un 'transumano', in vista di un 'postumano', con miglioramenti genetici e applicazioni dell’intelligenza artificiale (sostituzioni di parti malate o difettose dell’organismo umano, miglioramenti di funzioni biologiche meccaniche, circolatorie, intellettive, con microchip e microprotesi...) al fine di prolungare la vita in modo indefinito, viaggia nel mondo dell’utopia. Ma c’è chi la sostiene, pur dando l’impressione di essere fuori dal tempo. Secondo Bostrom (2007) un transumano sarebbe un essere umano in transizione verso il postumano.

«Nella ideologia transumanista c’è una fantasia di 'Homo novus' che abbiamo visto nei totalitarismi del passato (il lavoratore, l’ariano) », ha notato Giulio Meotti (Il Foglio, 20-21 febbraio 2021). A questo mondo del transumano viene accostata da Bruno Chaouat «la tendenza alla decostruzione della differenza sessuale a livello globale». Secondo alcuni essa potrebbe essere una risposta a situazioni di disforia di genere. In realtà, se c’è una ricostruzione dell’identità in base a scelte soggettive si scivola nella ideologia del gender. La disforia di genere, ancora non ben conosciuta nelle sue cause, viene considerata una situazione disarmonica della personalità con carattere patologico. I fattori che la determinano possono essere diversi e complessi. Ma con le teorie 'gender' si va ben oltre, perché si sostiene una fluidità del genere.

L’identità che si vuole raggiungere con interventi di cambiamento a livello biologico può avere un senso se corrisponde all’effettivo benessere della persona, a un equilibrio biopsichico della persona. Ma nella prospettiva ideologica decostruzionista ispirata al 'gender' non c’è un punto di arrivo, ci si muove in una sfera che non è quella scientifica, oggettiva, sostenuta dalla razionalità, ma in una sfera ideologica, ispirata dalla soggettività delle scelte (che sono di per sé provvisorie), cioè dal principio che si vuole essere quello che ci si sente nel momento, senza chiedersi il significato o le cause dell’eventuale disagio della persona. Si parla di fluidità del genere. È un fraintendimento, anzi un tradimento della natura, la quale deve essere alla base nella costruzione della persona. L’accostamento del transgender al transumanesimo non è senza senso.

Entrambi, quando il cambiamento è ispirato o governato da un distacco o dal superamento del dato biologico, e affidato alle scelte soggettive, sostenute dalla utilizzazione di biotecnologie di cambiamento, sono ispirati da modi di vedere che allontanano dalla realtà delle cose e tendono a falsificarla. L’elemento che li accomuna è la visione materialista, e quindi riduttiva, della persona umana.

 *Antropologo e paleontologo professore emerito nell’Università di Bologna

 www.avvenire.it

 

 

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