La visione profetica di Paolo VI.
- di Fiorenzo Facchini *
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Mezzo secolo fa l’enciclica Octogesima
adveniens di Paolo VI richiamava l’attenzione sul pericolo delle
ideologie nelle soluzioni dei problemi sociali (in particolare l’ideologia
marxista e l’ideologia liberale) e sulla rinascita delle utopie per i problemi
del futuro. «L’appello alla utopia è spesso un comodo pretesto per chi vuole
eludere i compiti concreti e rifugiarsi in un mondo immaginario. Vivere in un
futuro ipotetico rappresenta un facile alibi per sottrarsi a responsabilità
immediate» (n.37). Mi viene da pensare a quanto siano attuali queste riflessioni,
quando sento parlare di scelta nella propria identità sessuale o di
decostruzione della differenza sessuale per scegliere ciò che si vuole essere.
Ma anche la prospettiva del superamento di ogni limite umano, sostenuta dalla
concezione del transumanesimo, si allinea su una posizione decisamente
ideologica.
Questi modi
di vedere e di realizzare la cultura rappresentano una deformazione nel
rapporto dell’uomo con la natura, una forzatura sulla natura, che non ha senso,
non porta da nessuna parte, e anzi, se realizzata, può portare a
un’autodistruzione della specie umana. Tutto quello che si distacca o nega il
dato biologico nell’uomo, ispirandosi a una ideologia, rappresenta una
oggettiva deviazione nel rapporto con la natura. Non è una semplice variante
della specie umana che, se non vantaggiosa, nel lungo tempo potrà essere
eliminata per selezione naturale.
La
prospettiva transumanista, che si propone di realizzare un 'transumano', in
vista di un 'postumano', con miglioramenti genetici e applicazioni
dell’intelligenza artificiale (sostituzioni di parti malate o difettose
dell’organismo umano, miglioramenti di funzioni biologiche meccaniche,
circolatorie, intellettive, con microchip e microprotesi...) al fine di
prolungare la vita in modo indefinito, viaggia nel mondo dell’utopia. Ma c’è
chi la sostiene, pur dando l’impressione di essere fuori dal tempo. Secondo
Bostrom (2007) un transumano sarebbe un essere umano in transizione verso il
postumano.
«Nella
ideologia transumanista c’è una fantasia di 'Homo novus' che abbiamo visto nei
totalitarismi del passato (il lavoratore, l’ariano) », ha notato Giulio Meotti
(Il Foglio, 20-21 febbraio 2021). A questo mondo del transumano viene accostata
da Bruno Chaouat «la tendenza alla decostruzione della differenza sessuale a
livello globale». Secondo alcuni essa potrebbe essere una risposta a situazioni
di disforia di genere. In realtà, se c’è una ricostruzione dell’identità in
base a scelte soggettive si scivola nella ideologia del gender. La disforia di
genere, ancora non ben conosciuta nelle sue cause, viene considerata una
situazione disarmonica della personalità con carattere patologico. I fattori
che la determinano possono essere diversi e complessi. Ma con le teorie
'gender' si va ben oltre, perché si sostiene una fluidità del genere.
L’identità
che si vuole raggiungere con interventi di cambiamento a livello biologico può
avere un senso se corrisponde all’effettivo benessere della persona, a un
equilibrio biopsichico della persona. Ma nella prospettiva ideologica
decostruzionista ispirata al 'gender' non c’è un punto di arrivo, ci si muove
in una sfera che non è quella scientifica, oggettiva, sostenuta dalla
razionalità, ma in una sfera ideologica, ispirata dalla soggettività delle
scelte (che sono di per sé provvisorie), cioè dal principio che si vuole essere
quello che ci si sente nel momento, senza chiedersi il significato o le cause
dell’eventuale disagio della persona. Si parla di fluidità del genere. È un
fraintendimento, anzi un tradimento della natura, la quale deve essere alla
base nella costruzione della persona. L’accostamento del transgender al
transumanesimo non è senza senso.
Entrambi,
quando il cambiamento è ispirato o governato da un distacco o dal superamento
del dato biologico, e affidato alle scelte soggettive, sostenute dalla
utilizzazione di biotecnologie di cambiamento, sono ispirati da modi di vedere
che allontanano dalla realtà delle cose e tendono a falsificarla. L’elemento
che li accomuna è la visione materialista, e quindi riduttiva, della persona
umana.
*Antropologo e paleontologo professore emerito nell’Università di Bologna
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