Ecco le pagelle di scuola di
Alberto Manzi. Questi ultimi, con la loro veste grafica e i contenuti sono
documenti interessanti sullo “stile d’epoca” e anche sul maestro quando era
ancora scolaro. Divertente notare come il giudizio per ogni materia alla fine
di ogni anno fosse lodevole tranne che in “canto” e
“aritmetica” dove era solo buono. Alberto Manzi ha cominciato
per tempo a dimostrare che pagelle e schede di valutazione raramente sono
affidabili…
“Volevo fare il capitano…”. Dalla marina
alla scuola
Manzi studia all’istituto nautico, sognando di fare il capitano di lungo
corso, ma si diploma anche all’istituto magistrale, allora gratuito per i
maschi. L’esperienza della guerra in marina lo cambierà profondamente influendo
in modo decisivo sulla scelta di dedicarsi all’educazione e di fare il maestro.
Continua a studiare laureandosi prima in Biologia alla Facoltà di Scienze
dell’Università di Roma, poi in Filosofia e Pedagogia con il prof. Luigi
Volpicelli, che lo vorrà come assistente a dirigere la Scuola sperimentale del
Magistero di Roma nel 1953. Manzi farà questa esperienza per un anno e poi
l’abbandonerà, preferendo la scuola elementare.
“Il mio sogno da ragazzo era di fare il capitano di lungo corso, per cui ho
studiato all’Istituto nautico, ma contemporaneamente studiavo all’Istituto
magistrale […]. L’Istituto nautico lo frequentavo perché mi piaceva, […] ma
pensando sempre di fare il maestro”. Alberto Manzi si diploma nel 1942.
Durante la seconda guerra mondiale presta servizio sui sommergibili della
Marina Militare Italiana e dopo il 1943 entra nel Battaglione da sbarco San
Marco, divisione aggregata all’VIII Armata inglese.
Facendo la guerra, poi, ho scoperto che tante cose per cui si pensava
valesse la pena vivere erano solo delle falsità. […] Soprattutto dopo
l’esperienza della guerra, l’idea fissa che avevo era di aiutare i ragazzi. […]
rinnovare un po’ la scuola, per cambiare certe cose che non mi piacevano” (dall’intervista
videoregistrata del 13 giugno 1997, rilasciata a Roberto Farné e interamente
trascritta in: E. Morgagni (a cura di), Adolescenti e dispersione
scolastica, Carocci, Roma 1998)
Educatore al carcere minorile
Dopo la guerra e la laurea in Biologia, dal 1946 al ’47 Manzi viene
“sbattuto” a insegnare nel carcere minorile “Aristide Gabelli” di Roma dove
condusse la prima esperienza come educatore. È l’anno scolastico 1946-1947.
Manzi deve insegnare a circa 90 ragazzi fra i 9 e i 17 anni (perché al 18°
passavano al Regina Coeli) con alfabetizzazioni e storie differenti, in
un’enorme ‘aula’ senza banchi, sedie, libri, senza niente. L’ambiente è
durissimo. Quattro insegnanti prima di lui avevano rinunciato… Il gruppo é
difficile, però Manzi riesce a guadagnarsi l’attenzione dei ragazzi iniziando a
raccontare la storia di un gruppo di castori che
lottano per salvare la propria libertà. I giovani carcerati scrivono insieme la
storia e la portano pure in scena. Funziona. Il gruppo è ormai coeso: anche
grazie alla fiducia del direttore del carcere e del sacerdote, i ragazzi pubblicano
un giornale, La Tradotta. È il primo giornale fatto in un carcere. Dal
lavoro svolto coi ragazzi Manzi rielaborerà in seguito il suo primo
romanzo, Grogh, storia di un castoro, premiato nel 1948 con
il “Collodi” per le opere inedite,
due anni dopo pubblicato dalla Bompiani e poi tradotto in 28 lingue; nel 1953
ne fu ricavata una riduzione radiofonica dalla Rai.
“Di tutti quei ragazzi, quando sono usciti dal carcere, solo 2 su 94, così mi
fu detto, sono rientrati in prigione”.
Il suo primo stipendio è di 9.000 lire al mese.
Cosa non va nella scuola di oggi? Il
maestro critico riformista
Alberto Manzi nel suo mestiere di insegnante riversava entusiasmo, metodo,
volontà di sperimentare, di rimettere continuamente tutto in discussione, in
gioco. Non fu invece mai entusiasmante il suo rapporto con l’istituzione e la
gerarchia scolastica. Né con il potere in generale. Il maestro Manzi aveva idee
(e ideali) molto chiari. Vedeva come purtroppo andavano – o non andavano – le
cose, sia nelle scuole urbane che in quelle rurali, e come invece sarebbero
potute andare, solo se… se non…
Nel 1950 scrisse una sferzante lettera aperta al signor
Gonella ministro della Pubblica Istruzione e le due pagine
di Pensierini sulla scuola d’oggi: la sconsolata e
sconsolante radiografia di un malato che non è mai stato “immaginario”: “…Sono
forse pensierini cattivi… avvelenati dalla bile di un fegato marcio. Scuola
d’oggi: rovina di un prossimo futuro. Il male è alle radici, è nel tronco, è
nei rami: ovunque. È nei maestri, nei direttori, negli ispettori, nel ministro.
Cosicché le patrie galere rigurgitano di minorenni. Maestri impreparati e che
non vogliono prepararsi sono dilagati nella scuola travolgendo i pochi onesti…
Orzowei! Orzowei!!
Nel 1954 Manzi scrive Orzowei e vince il Premio “Firenze” per opere inedite
del Centro Didattico Nazionale. L’anno successivo lo pubblica l’editore
Vallecchi di Firenze, e nel 1956 entra nel catalogo Bompiani. Nello stesso anno
vince il Premio internazionale “H.C. Andersen” e Orzowei viene tradotto in 32
lingue. Fu un clamoroso successo internazionale. Nel 1980 la Rai, in
coproduzione con la Oniro Film, ne ha ricavato 13 puntate per una riduzione
televisiva e una versione cinematografica.
Maestro, e non solo, in America latina
Nell’estate del 1955 Manzi, che è anche studioso naturalista con laurea in
Biologia e specializzazione in Geografia, riceve dall’Università di Ginevra un
incarico per ricerche scientifiche nella foresta amazzonica. “Vi andai […] per
studiare un tipo di formiche, ma scoprii altre cose che per me valevano molto
di più”. Scoprì la dura vita dei nativos tenuti nell’ignoranza perché fossero
più deboli e il loro lavoro meglio sfruttabile. Tutte le estati, per oltre 20
anni, Manzi si recò nella foresta amazzonica per insegnare a leggere e a
scrivere agli indios; da solo, con studenti universitari e poi con l’appoggio
di missionari Salesiani. Diede anche impulso a cooperative agricole, indirizzò
i contadini verso piccole attività imprenditoriali. Accusato dalle autorità di
essere un “guevarista” collegato ai ribelli, fu anche imprigionato e torturato;
dichiarato “non gradito” continuò ad andare clandestinamente, fino al 1984. Le
sue esperienze sudamericane rivivono in tutta la loro densa realtà nei
romanzi La luna nelle baracche (1974), El loco (1979), E
venne il sabato (2005), Gugù (2005).
Un maestro elementare alla Rai
Nel 1960, in novembre, Alberto Manzi viene mandato dal suo direttore
didattico a fare un provino alla Rai: stavano cercando un maestro per un nuovo
programma per l’istruzione degli adulti analfabeti; viene scelto e gli viene
affidata la conduzione di Non é mai troppo tardi, trasmissione che
durerà fino al 1968. L’idea del programma e del titolo fu di Nazareno
Padellaro, direttore generale della Pubblica Istruzione. In questo periodo
Manzi é un “insegnante distaccato” presso la Rai: “Continuavo a percepire il
mio stipendio di maestro elementare. Dalla Rai ricevevo un “rimborso camicia”
perché il gessetto nero che usavo per fare i disegni era molto grasso, si
attaccava ai polsini della camicia e li rovinava…”.
Non é mai troppo tardi é considerato uno dei più importanti
esperimenti di educazione degli adulti, conosciuto e citato nella letteratura
pedagogica internazionale, del tutto innovativo nell’impianto organizzativo,
nello stile di conduzione e nel linguaggio didattico. Indicato dall’Unesco come
uno dei migliori programmi televisivi per la lotta contro l’analfabetismo, nel
1965, al congresso internazionale degli organismi radio-televisivi che si tenne
a Tokyo, ricevette il premio dell’UNESCO.
“Non insegnavo a leggere e scrivere: invogliavo la gente a leggere e a
scrivere” ha detto Alberto Manzi della famosissima trasmissione con cui,
possiamo dire, sia diventato “il maestro degli italiani”. Non è mai
troppo tardi venne conosciuto ed imitato come format televisivo da
altri Paesi, in particolare dell’America latina.
Non è mai troppo tardi d’Argentina
Nel 1987 Manzi fu chiamato a tenere un corso di formazione di 60 ore per i
docenti universitari che avrebbero dovuto elaborare il “Piano Nazionale di
Alfabetizzazione” che il Governo argentino voleva realizzare sul modello
di Non è mai troppo tardi. Dal 16 al 25 settembre Manzi fu l’illustre docente di
questo corso. Ne rimangono appunti dettagliati e assai
interessanti, che confermano l’organicità e la chiarezza con le
quali Manzi affrontava tematiche e lavori.
Nel 1989 l’Argentina, grazie anche al maestro italiano, ricevette il
riconoscimento dell’ONU e un premio internazionale per il migliore programma di
alfabetizzazione adottato in tutto il Sud America.
Maestro anche alla radio
Nel 1951 Manzi vinse un premio radiofonico per un racconto per ragazzi
presentato alla radio. Da allora ebbe una collaborazione costante con la Radio
per le scuole, per 40 anni, dal 1956 al ’96. Ma già nel 1950 Manzi aveva
ideato, per la trasmissione, Il vostro racconto, un romanzo da
scrivere insieme alla radio, a puntate, con i contributi narrativi dei giovani
ascoltatori, intitolato Il tesoro di Zi’ Cesareo di cui lui
aveva scritto il capitolo iniziale.
Manzi aveva compreso assai per tempo le potenzialità del mezzo radiofonico:
efficace partner didattico e scientifico, ideale per stimolare fantasia e
creatività, il limite del non vedersi che diventa opportunità di suggestioni,
di promozione per i libri e la lettura, di conoscenza e approfondimento della
lingua italiana. Per la radio Manzi fu autore e conduttore di
trasmissioni, scrisse e rielaborò favole per bambini, testi
scientifici, didattici e culturali, sperimentò il mezzo radiofonico con i
giovanissimi nonché con gli adulti, gli italiani emigrati e i loro figli. E
proprio le 40 trasmissioni di Curiosità delle lingua italiana, nel
1996, per gli italiani all’estero e gli stranieri studiosi della nostra lingua,
diventeranno la sua ultima collaborazione Radio-Rai.
Guarda i contributi pervenuti nel corso del 1967 dalle Radio norvegese,
polacca, turca, neo-zelandese
e giapponese per la
trasmissione radiofonica La patria dell’uomo. Per la stessa
trasmissione, una “sedicenne canturina” manda ricche informazioni sul Giappone
e lo spartito dell’inno
nazionale Kimigayo.
Essere uomini
Manzi è stato anche poeta. Le sue prime scritture hanno forme e metri della
poesia. Manoscritte su gruppi di fogli e quaderni e poi trascritte a macchina
in più copie su sottili veline: il fondo archivistico del Centro Manzi conserva
tutti questi scritti, che documentano quanto “bollisse” nell’animo passionale
ma già ben formato del diciottenne Alberto. Non l’intimismo del proprio “io”
ma, al contrario, liriche nutrite di forte idealità
patriottica e civile (amore di Patria, per la bandiera, onore a
chi muore per gli ideali comuni) si mescolano con poesie di attenta analisi
della società e dei vizi degli uomini (come Italianucoli), con rime di forte accento satirico, in un
romanesco che rimanda naturalmente a Trilussa.
Alla poesia scritta Manzi tornerà tra il 1983 e il 1984, con 16 poesie
dedicate alla moglie Sonia (pubblicate postume in Essere uomo,
Edizioni Laurum, Pitigliano 1998).
Premi e riconoscimenti
Riccamente eclettica, l’attività di Alberto Manzi è stata ampiamente
riconosciuta nell’arco della sua vita con numerosi e diversificati premi assegnatigli per
i romanzi e i racconti, per la radio, per le trasmissioni televisive, per
l’attività pedagogica e gli scritti per la gioventù. Il primo della serie é
stato il Premio Collodi per il romanzo allora inedito Grogh, storia di
un castoro (1948), pubblicato nel 1950 dalla Bompiani. L’ultimo, il
Premio Bardesoni, per la riduzione in commedia di Tupiriglio, pubblicato nel
1988. In mezzo vari premi internazionali, della Presidenza del Consiglio
italiano, dell’UNESCO… Nel 1962 fu anche nominato cavaliere dell’ordine al
merito della Repubblica italiana.
Alberto Manzi sindaco di Pitigliano
Nel 1994 Alberto Manzi accetta di candidarsi e viene eletto sindaco di
Pitigliano, in provincia di Grosseto. Completa così il cerchio dell’impegno
sociale e civile che ha caratterizzato – accanto a quello educativo: nel
carcere e nelle aule scolastiche, alla radio e alla televisione, e alla
produzione letteraria – la sua ricca biografia. Nemmeno l’impegno quotidiano da
primo cittadino blocca la sua capacità e la voglia di analizzare e di
progettare, sia per il territorio di Pitigliano, sia per la scuola e i bambini.
Quanto scritto su di lui dal 4 dicembre 1997 (data della sua scomparsa), ad
oggi, fatica a dare la misura completa di quanto Alberto Manzi abbia realizzato
nel corso dei suoi 73 anni di vita.
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