L’imminente ripresa delle attività scolastiche è un banco di prova per l’intero Paese. Tra protocolli per il rientro in sicurezza e proteste dei sindacati, si prospetta un altro anno assai complesso per dirigenti, personale scolastico, insegnanti, alunni e famiglie. Di questo tema discutiamo con Francesca Paola Puleo. Insegnante di religione cattolica, la Puleo è dirigente presso la Direzione Didattica “Gianni Rodari” di Villabate (Palermo) e docente di Teoria della scuola e legislazione scolastica presso la Facoltà Teologica di Sicilia.
–
Professoressa Puleo ci racconti, anzitutto, cosa ha significato sinora “fare
scuola” ai tempi della pandemia?
Dal
marzo 2019 ad oggi l’emergenza sanitaria ha radicalmente cambiato il “fare
scuola”. Nel periodo del lockdown, che ha coinciso con la seconda parte
dell’anno scolastico 2019-2020, le attività didattiche sono state svolte esclusivamente
a distanza, questo ha avuto un forte impatto sul rapporto tra insegnanti,
studenti e genitori, generando molti cambiamenti soprattutto
nell’organizzazione dei processi didattici. Si è dovuto fare scuola senza
“andare a scuola”, e tale circostanza non aveva precedenti. In periodi storici
segnati da eventi catastrofici le scuole chiudevano, le attività didattiche si
interrompevano, senza possibilità alternative. Con il lockdown dovuto alla
pandemia, gli edifici scolastici erano chiusi ma tutti, dirigenti, insegnanti,
personale amministrativo, hanno continuato a lavorare a distanza perché la
didattica non si fermasse. Per rendere possibile questo, si è dovuto ripensare
e mettere in atto processi che garantissero l’acquisizione degli apprendimenti e
delle esperienze didattiche utilizzando la tecnologia. Dotarsi di mezzi
efficaci per le lezioni a distanza, formare i docenti al loro utilizzo,
programmare la didattica, rivedere la valutazione degli apprendimenti. È stato
uno sforzo corale condiviso con docenti, famiglie, studenti e personale della
scuola. Tutto l’impianto didattico e organizzativo delle singole scuole è stato
rivisto: il POF è stato aggiornato all’emergenza sanitaria; sono stati
aggiornati i criteri e i metodi della valutazione degli apprendimenti; sono
state istituite e formate nuove figure, i Referenti Covid-19, e costituiti
gruppi di lavoro quali il Comitato per l’applicazione e la verifica del
Protocollo di sicurezza anti contagio. Il tutto in pochissimo tempo e in
condizioni di emergenza, nella consapevolezza di dover consentire a tutti gli
alunni di seguire la didattica a distanza e non lasciare indietro nessuno. Si
pensi alle famiglie più svantaggiate che non possedevano device per
la didattica, che avevano solo dei smartphone, che non avevano
connessione. Si è provveduto inizialmente a distribuire tablet e pc in comodato
d’uso gratuito e a fornire risorse per la connettività a chi ne era sprovvisto.
L’a.s. 2020-2021, appena concluso, per la scuola dell’infanzia e primaria è
stato svolto interamente in presenza con grandi difficoltà legate alla
riorganizzazione degli spazi destinati alla didattica, all’osservanza dei
protocolli per il contrasto alla diffusione del virus Sars-CoV-2, al
distanziamento sociale, all’uso delle mascherine chirurgiche. È stato un anno
durissimo da affrontare soprattutto per i numerosi casi di contagio cui
seguivano quarantene e tamponi. Ci sono stati momenti di paura quando il virus
ha avuto una recrudescenza dovuta al manifestarsi delle varianti. Abbiamo fatto
scuola in continuo stato di emergenza, dovendo adattarsi giornalmente a scenari
sempre mutevoli e incerti, consapevoli che il “fare scuola” è non solo il
nostro lavoro ma la missione cui siamo chiamati.
–
In questi giorni, i frutti dell’interlocuzione fra il ministero dell’Istruzione
e i sindacati hanno portato a stabilire alcune norme per il “rientro in
sicurezza”. Ad oggi, quale situazione si prospetta?
La
situazione per quanto riguarda il rientro a scuola è sufficientemente
delineata, il Piano scuola 2021-2022 del Ministero dell’Istruzione ossia il
“Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e
formative nelle istituzioni del Sistema nazionale di istruzione”, adottato il 6
agosto, ha fornito indicazioni in continuità con lo scorso anno scolastico
circa la didattica in presenza, le misure di contenimento del contagio, la cura
degli ambienti, la formazione sulla sicurezza, le misure per la tutela e la
cura della disabilità per l’inclusione scolastica. Nel documento viene ribadita
la vaccinazione come misura fondamentale di prevenzione. La forte criticità
riguarda l’introduzione della certificazione verde Covid-19 (green pass), di
cui all’art.1 comma 6 del Decreto Legge 111/2021. Stiamo aspettando indicazioni
per capire come bisognerà procedere. Molte le questioni ancora da risolvere al
riguardo del green pass. Prima tra tutte il controllo quotidiano della
certificazione verde Covid-19 per tutti i lavoratori della scuola. Se le scuole
dovranno controllare tutti i giorni i certificati di docenti e personale,
rischiamo che le attività didattiche vengano paralizzate. Nell’ultima settimana
di agosto ho effettuato con l’aiuto del mio staff una simulazione dei controlli
da effettuare a partire dal primo settembre e posso affermare che è
organizzativamente impossibile il controllo quotidiano di tutte le
certificazioni verdi. Sembra inoltre che ci sia un braccio di ferro tra
Garante per la privacy e Ministero dell’Istruzione, e ad oggi noi dirigenti,
individuati dalla legge come organi preposti al controllo, non sappiamo come
procedere al controllo stesso senza ledere il diritto alla privacy dei
lavoratori. Speriamo si trovi presto una soluzione, mancano pochi giorni alla
ripresa e non possiamo rimanere in questa impasse. Altra questione molto
delicata è legata al personale scolastico non in possesso di green pass. Con la
nota n. 1237 del 13 agosto il Ministero dell’Istruzione ha diffuso un parere
tecnico sul D.L. 111/2021 chiarendo che dal 1° settembre al 31 dicembre 2021
(attuale termine di cessazione dello stato di emergenza), per tutto il
personale scolastico, vige al contempo un obbligo di “possesso” e un dovere di
“esibizione” della certificazione verde.
Il
mancato possesso della certificazione verde è dalla norma qualificato come
“assenza ingiustificata” e il personale scolastico che ne è privo non può
svolgere le funzioni proprie del profilo professionale, né permanere a scuola.
Viene introdotta dunque una ulteriore fattispecie di assenza prima non
esistente, quella di “assenza ingiustificata per mancato possesso della
certificazione verde Covid-19”, che conduce ad una conseguenza giuridica
peculiare: a decorrere dal quinto giorno, la sospensione senza stipendio e la
riammissione in servizio non appena si sia acquisito il possesso del
certificato verde. Al riguardo non nascondo una forte preoccupazione per la
ripresa delle attività didattiche il prossimo 16 settembre, molti docenti
sprovvisti di certificazione potrebbero scegliere l’aspettativa o ricorrere ad
altre forme di assenza giustificata nella speranza che il Governo modifichi le
disposizioni suddette.
–
A suo parere, e a differenza dello scorso anno, il sistema scolastico è più
attrezzato ad affrontare le difficoltà connesse allo sviluppo della pandemia?
Tra il rischio DAD, quarantene, tamponi, distanze e green pass obbligatorio non
c’è il rischio di rivivere quanto già avvenuto lo scorso anno?
Il
sistema scolastico è sicuramente più pronto ad affrontare l’emergenza
sanitaria, ho citato il Piano scuola 2021-2022 che fornisce indicazioni
dettagliate per la gestione dei casi possibili, probabili e/o confermati di
contagio. Viene richiamata la stretta collaborazione con le Autorità sanitarie
territorialmente competenti e una Governance territoriale che vede le
istituzioni scolastiche, e quindi i Dirigenti scolastici, impegnati in tavoli
di coordinamento e conferenze di servizi su iniziativa degli Enti locali
competenti. Trovano conferma la valorizzazione della flessibilità derivante
dall’autonomia delle istituzioni scolastiche e il ruolo delle comunità
territoriali tra sussidiarietà e corresponsabilità educativa. È evidente che se
tale sinergia funziona, con l’impegno di tutti i soggetti corresponsabili,
riusciremo a superare le difficoltà che si presenteranno; diversamente il
rischio di rivivere quanto già avvenuto lo scorso anno è più che concreto.
–
Diversi osservatori, anche del mondo della scuola, sostengono che le difficoltà
dovute alla pandemia possono risultare un’opportunità di rilancio e di riforma
dell’istituzione scolastica. Condivide?
Sostanzialmente
condivido tale analisi e l’ho vissuto in prima persona. La risposta immediata e
pronta delle scuole alla situazione emergenziale è stata il banco di prova di
quanto viene sempre insegnato a scuola: non è la difficoltà in sé a determinare
il successo o il fallimento, bensì il modo di reagire agli ostacoli. È
fondamentale avere una mentalità positiva e predisposta al cambiamento, pronta
cioè a distaccarsi dalla cosiddetta zona di comfort, per arrivare
ad una trasformazione adattiva. La risposta al coronavirus ha dimostrato, ad
esempio, come la tecnologia possa aiutare a trasformare il modo in cui
insegniamo e impariamo. Ma la spinta al cambiamento è iniziata molto prima che
la pandemia colpisse, e continuerà molto dopo che la minaccia si sarà placata,
proprio perché le scuole sono in continuo processo di miglioramento. Inoltre, è
stata rafforzata l’alleanza scuola-famiglia per creare un progetto condiviso,
incentivando e promuovendo un continuo dialogo costruttivo tra le parti
coinvolte. C’è stato e continua ad esserci un impegno del Governo, anche e
soprattutto in impiego di risorse economiche, che si attendeva da tempo. Tutto
questo può rappresentare certamente un’opportunità di rilancio a patto che si
mantenga una continuità di interventi a favore della scuola per sostenere il
cambiamento e aprire la strada alle riforme che da troppo tempo sono sospese
(quali ad es. la riforma degli organi collegiali).
–
Il Covid-19 ha messo in ginocchio le nostre società. Tuttavia, alcune categorie
hanno sofferto più di altre. Fra queste, quella dei giovani. Perché la scuola,
possibilmente in presenza, rappresenta un punto di riferimento insostituibile
per le giovani generazioni?
Il
tempo che gli alunni trascorrono a scuola è essenziale non solo per le
opportunità di apprendimento, ma anche per la socializzazione. La scuola è,
subito dopo la famiglia, la principale agenzia di socializzazione e formazione
della personalità del bambino e dell’adolescente. Il suo compito principale è
fornire gli strumenti necessari per crescere culturalmente e socialmente,
acquisire un certo grado di responsabilità e autonomia e, infine, formare alla
cittadinanza e alla vita democratica. A scuola i giovani sperimentano le
proprie abilità e potenzialità. Nel periodo dell’infanzia e della
preadolescenza il ruolo della scuola può essere particolarmente importante per
il sostegno della crescita e la prevenzione del disagio. Abbiamo già dati
allarmanti sulla connessione tra lontananza da scuola e disturbi psicologici
degli studenti, che sono stati resi noti dal ministro dell’Istruzione, Patrizio
Bianchi, in audizione davanti alla commissione per l’Infanzia e l’adolescenza.
Gli alunni con bisogni educativi speciali, disturbi di apprendimento e
difficoltà sia psichiche che fisiche, sono quelli che hanno sofferto di più.
Gianni Rodari, cui è intitolata la scuola che dirigo, ha scritto “Se una
società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha
bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti
senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per
cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro
immaginazione”. La formazione di donne e uomini creativi, che sappiano
immaginare e quindi realizzare una società migliore, è questo il compito della
scuola quale punto di riferimento insostituibile per le alunne e gli alunni di
tutte le età che la frequentano e mi auguro nell’a.s. 2021-2022 sempre in
presenza.
Nessun commento:
Posta un commento