-
-
di Giuseppe Savagnone*
-
Un effetto immediato del
Covid 19 è la controversia che si è sviluppata in tutto il mondo occidentale
sulla somministrazione dei vaccini. Riassumerne i termini è meno semplice
di come a prima vista sembrerebbe. Non la si può ridurre, infatti, alla
contrapposizione tra i fautori dei vaccini (vax) e gli oppositori
(no–vax). È vero, ci sono quelli – i cosiddetti “negazionisti” – che
ritengono la pandemia il prodotto di un gigantesco gioco illusionistico,
appositamente creato da un lato per legittimare il restringimento delle libertà
individuali e instaurare un potere dittatoriale, dall’altro per favorire le
multinazionali farmaceutiche.
Secondo i sostenitori di
questa posizione, i numeri dei malati di Covid e dei morti sarebbero stati fin
dall’inizio falsati deliberatamente, includendo nel totale le vittime di tutte
le altre patologie già esistenti a prescindere dal virus. Saremmo di fronte a
un complotto internazionale, di fronte a cui la sola risposta possibile è la
ribellione contro le imposizioni pseudo-sanitarie come i lockdown, l’obbligo
della mascherina, il divieto di assembramenti e – ovviamente – i vaccini.
Accanto a questi “negazionisti” in linea di principio, ce ne sono
altri, forse più numerosi, che lo sono di fatto che, senza bisogno di alcuna
teoria, se ne sono infischiati e tuttora se ne infischiano delle
raccomandazioni e dei divieti. Sono scesi in piazza in massa senza mascherina e
senza distanziamento sociale per festeggiare le vittorie della squadra italiana
agli Europei di calcio, organizzano feste e frequentano assiduamente la movida.
Anche questo atteggiamento di indifferenza nei confronti del virus si riflette,
probabilmente, sul ricorso o meno al vaccino.
Una risposta a questa
posizione, teorica o anche solo pratica, dei no-vax, potrebbe venire dai dati
resi pubblici dall’Organizzazione mondiale della sanità all’inizio di luglio,
che parlano di più di quattro milioni di morti causati dal Coronavirus. Quanto
alla pretesa inclusione delle vittime di ogni altra malattia in questo numero,
può essere utile sapere che nel nostro Paese, secondo il rapporto Istat, tra
marzo e dicembre 2020 (i primi mesi della pandemia), sono stati registrati 108.178
decessi in più rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019
(21% di eccesso). E questo dopo che, nei mesi precedenti, si era invece avuto
un calo della mortalità legata alle patologie tradizionali.
Ma c’è anche il parere della
comunità scientifica, di cui si sono spesso evidenziati i dissensi, ma che, con
rarissime eccezioni, ha convenuto sull’esistenza della pandemia e sulla sua
gravità, pur dividendosi – come è normale di fronte a fenomeni nuovi – su
questioni particolari.
Naturalmente si possono
accusare anche le statistiche dell’Oms e dell’Istat, nonché il mondo
scientifico, di far parte del “grande complotto”, ma a questo punto la
posizione dei “negazionisti” non differirebbe molto da quella di coloro che
rifiutano la teoria copernicana, continuando a sostenere che la terra è
piatta (“terrapiattisti”).
Motivi reali di difesa e di critica dei vaccini
Se la controversia
suscitata dal problema dei vaccini fosse riducibile ai termini sopra esposti, essa
sarebbe abbastanza facilmente risolvibile, come lo sono sempre state quelle tra
i fautori del progresso scientifico e i suoi oppositori.
Se però, al di là dei
no-vax in senso stretto, si vogliono prendere in considerazione tutti coloro
che stanno reagendo con serie critiche alla campagna vaccinale in corso – nel
nostro Paese come nel mondo –, la questione si rivela assai più complessa.
Da una parte, infatti, si
continua a ripetere, come ha fatto il presidente della Repubblica recentemente,
che «la vaccinazione è un dovere morale e civico». Da qui le pressioni
esercitate in varie forme, a volte molto vincolanti, specialmente su coloro
che, nel loro lavoro, hanno occasioni di contatto con altri, come gli
insegnanti e i lavoratori delle industrie.
E le ragioni sono
evidenti. Innanzi tutto quelle sanitarie. Con i vaccini, pur dovendo ancora
fare i conti con le possibili varianti, la mortalità registra un netto
rallentamento. Ci si può ammalare, ma normalmente ciò accade in forme più
leggere. La maggior parte dei ricoverati nei reparti di terapia intensiva,
durante questa ondata di contagi dovuta alla variante Delta, sono persone
non vaccinate.
C’è poi l’aspetto
economico e sociale. La vaccinazione della maggior parte della popolazione può
consentire la ripresa – o la continuazione, là dove erano state proseguite
– delle attività produttive, di quelle turistiche e di quelle scolastiche. Il
vaccino permette di evitare la drammatica scelta, che i governi si sono trovati
davanti in questi mesi, tra la tutela della salute e quella del lavoro e
della scuola.
Dall’altra, però, si fa
notare che i vaccini contro il Covid sono ancora sperimentali e che il
brevissimo tempo occorso per la loro validazione sul piano scientifico e
sanitario non ha permesso di completare tutto l’iter richiesto normalmente per
questo tipo di prodotti. A parte le incognite che già riguardano la loro
somministrazione nel presente – sono noti i gravissimi effetti collaterali
(anche letali) che hanno spinto alcuni Paesi a escludere la somministrazione di
AstraZeneca –, non è possibile ancora prevedere quali ne saranno gli effetti a
medio e lungo termine.
Questo carattere
sperimentale è tanto più inquietante se si tiene conto che i vaccini contro il
Covid – ricavati, sotto la pressione dell’emergenza, utilizzando precedenti
ricerche finalizzate alla cura dei tumori – non si basano sui tradizionali
paradigmi terapeutici, propri di tutti gli altri vaccini, ma iniettano
nell’organismo dell’mRNA. La loro incidenza è dunque ben più radicale di quella
dei vaccini in uso finora, ed eventuali conseguenze negative potrebbero
rivelarsi particolarmente devastanti.
Invece il nostro governo
– e non solo il nostro – ha fatto della compagna vaccinale un progetto di
massa, moltiplicando i luoghi dove è possibile vaccinarsi e soprattutto omettendo
di segnalare a chi si vaccina i rischi a cui va incontro. Si parla addirittura
di stabilire un “obbligo” per gli insegnanti, allo scopo di garantire la
riapertura in sicurezza delle scuole a settembre…
Ma si può imporre
l’assunzione di un farmaco ancora sperimentale senza trasformare milioni di
persone in cavie umane, misconoscendo i loro diritti e la loro dignità?
Questa domanda diventa
particolarmente inquietante se si tiene conto di coloro che, pur restando
estranei alla fanatica posizione dei no-vax, sostengono che l’enfasi sulla
vaccinazione nasconde il fatto che i vaccini non sono affatto l’unica speranza
di sconfiggere la pandemia, perché essa può essere già ora combattuta con
successo applicando i protocolli messi a punto dalle varie associazioni di
medici e infermieri che hanno avviato le cure domiciliari precoci nei pazienti
Covid.
Ora, esistono senz’altro
dati che indicano una certa rilevanza della terapia domiciliare precoce del
Covid, provenienti soprattutto dagli USA e mutuati in Italia dal gruppo di cure
domiciliari. Ma gli studi in questione si concludono sempre con la precisazione
che sono necessari ulteriori ricerche cliniche per definire il reale
rischio/beneficio di queste terapie. Anche l’Unione Europea, annuncia che
in autunno potrebbero essere disponibili cinque nuovi farmaci curativi ma,
si aggiunge, «a condizione che i dati definitivi ne dimostrino la sicurezza, la
qualità e l’efficacia». A parte il fatto che prevenire è in ogni caso meglio
che curare, e per la prevenzione sono i vaccini la nostra attuale unica
speranza.
Il green-pass e il rischio di una discriminazione
dei cittadini
Si collega a questa
problematica il recente intervento di due noti filosofi italiani, Massimo
Cacciari e Giorgio Agamben, i quali denunciano il concreto pericolo che
l’introduzione del green-pass come “lasciapassare”, praticamente obbligatorio,
da ottenere vaccinandosi, dia luogo alla «discriminazione di una categoria di
persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B», creando una
situazione che è tipica dei regini totalitari. Si tratterebbe, aggiungono, di
«un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita
democratica».
E citano la «Gazzetta
Ufficiale del Parlamento europeo» del 15 giugno u.s.: «È necessario evitare la
discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, anche di
quelle che hanno scelto di non essere vaccinate».
«Nessuno invita a non
vaccinarsi!», precisano gli autori dell’intervento. Ma, spiegano, non si può
demonizzare chi, temendo gli effetti ancora in larga misura ignori del vaccino,
preferisce non farlo.
Siamo davanti a un quadro
ben più complesso di quanto la semplice contrapposizione tra “vax” e “no-vax”
lasciava pensare. In particolare gli argomenti di Cacciari e Agamben – anche
alla luce dei reali problemi scientifici che i vaccini, come abbiamo visto,
comportano – fanno pensare. Si tratta di una di quelle situazioni in cui
valori autentici entrano in conflitto tra loro e costringono in ogni caso a
sacrifici dolorosi. Qui è in gioco la difficile conciliazione tra libertà e
bene comune.
Può aiutare a ridurre
(non a eliminare) la drammaticità di questa tensione la considerazione che la
libertà non si può ridurre, come vorrebbe la prospettiva liberale oggi
dominante, al rispetto dell’autonomia e dei diritti degli individui. La persona
è veramente libera quando si assume la responsabilità del destino degli altri.
Nel caso del Covid, la rinunzia alla propria sfera di autonomia è il prezzo da
pagare per questa condivisione e dunque per essere veramente liberi.
All’altro polo, bisogna
aver chiaro che il bene comune non si realizza col sacrificio delle persone,
come vorrebbe il totalitarismo, ma solo se è il luogo della loro vera
realizzazione. Perciò, personalmente, non sono d’accordo con una imposizione
per legge della vaccinazione. Ma sono convinto che quella che stiamo
sperimentando sia un’occasione per rimettere in discussione il nostro modo
di concepire e di vivere la libertà. Per questo penso che abbia ragione il
presidente della Repubblica quando definisce la vaccinazione un dovere
– non giuridico, ma «morale e civico».
Nota: Ringrazio il dott. Daniele Briguglia,
medico impegnato fin dall’inizio sul fronte del Covid, per la sua preziosa
consulenza scientifica.
*Pastorale Cultura
Diocesi Palermo
www.tuttavia.eu