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lunedì 29 marzo 2021

COVID E ISTRUZIONE: L'UNESCO SI APPELLA AL MONDO


L’imperativo è cercare soluzioni per il futuro delle centinaia di milioni di studenti che nel mondo stanno pagando le conseguenze dettate dalla pandemia di Covid-19. Per questo l’Unesco, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, ha convocato on line i ministri dell’istruzione di tutto il mondo. Occorrono investimenti nei Paesi più poveri è l’appello di Terre des Hommes

 

-         Francesca Sabatinelli

 

Il Covid-19 ha trascinato il mondo in un baratro di morte, di malattia, di povertà, ha messo, e tuttora mette, a dura prova l’equilibrio mentale delle persone, colpite dallo stress, dall’isolamento sociale, dall’incertezza in generale. E mentre si entra nel secondo anno di pandemia, i conti si fanno anche con la chiusura totale o parziale delle scuole. L’Unesco ha, sin dall’inizio, espresso i timori per il rischio di un aumento delle diseguaglianze, tanto da istituire una “Coalizione mondiale per l’educazione”, il "Global Compact on Education", che ha visto coinvolti molti partner importanti, da organismi internazionali, a imprese del settore privato, a organizzazioni no profit e filantropiche, con l’intento di aiutare i Paesi a potenziare l’apprendimento a distanza e consentire loro di raggiungere tutti i ragazzi e ragazze che corrono il maggior rischio a causa della chiusura delle scuole. Un patto rilanciato anche da Papa Francesco, in un videomessaggio dell'ottobre scorso, quando chiese un nuovo impegno educativo per un mondo dove "non ci sia posto per questa cattiva pandemia della cultura dello scarto". A distanza di un anno, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, ha convocato un evento ministeriale ad alto livello per fare il punto, i cui risultati saranno poi posti all’attenzione dei vari Paesi, con all’ordine del giorno: l’apertura delle scuole, il recupero degli apprendimenti, la trasformazione digitale.

Le gravi conseguenze su bambine e ragazze

Ad oggi, secondo anno di convivenza con il coronavirus, si stima che due terzi della popolazione studentesca mondiale sia ancora colpita dalla chiusura totale o parziale delle scuole. Una chiusura che non tutti i bambini, ragazzi e ragazze, hanno vissuto nello stesso modo. “Nei Paesi occidentali, del cosiddetto Nord del mondo – spiega Paolo Ferrara, direttore generale di Terre des Hommes, uno dei più grandi movimenti al mondo per la difesa dei diritti dei bambini – circa il 90% dei bambini e delle bambine, sono riusciti ad approfittare di una qualche forma didattica a distanza, questa percentuale, però scende in maniera esponenziale nei Paesi del Sud del mondo, dove si stima che soltanto un 35- 40% al massimo di bambini ne abbia potuto usufruire”. Per molti studenti la scuola è chiusa completamente, in molti Paesi del Sud del modo, come spiega Terre des Hommes, la forbice tra i ceti medi e più agiati e quelli più poveri e più vulnerabili si è ancora più divaricata. Ma non è questo il solo drammatico dato, perché è ormai conclamato che il sesso femminile, le bambine e le ragazze sono le più colpite. “Già oggi – continua Ferrara – si stima che 11 milioni di bambine non torneranno a scuola”. Il direttore di Tdh spiega come il livello di abbandono scolastico stia facendo fare un balzo indietro di circa 30 anni, allontanando sempre di più la popolazione mondiale dagli obiettivi del millennio. Questi numeri avranno conseguenze gravissime, sulle competenze naturalmente, ma ci sono aspetti che vanno al di là di questo dato, come ad esempio quello della malnutrizione. “A scuola – continua Ferrara – normalmente si consuma, nei Paesi più poveri, soprattutto un pasto, il pasto sano, almeno uno, a volte anche due.  Uno degli indicatori che abbiamo ci dice che il numero di bambini malnutriti aumenterà di circa 80 milioni nel corso di questo anno, soprattutto a causa del mancato accesso a scuola”.

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