Dal
Vangelo secondo Matteo - Mt 21, 28-32
In
quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve
ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio,
oggi va' a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Non ne ho
voglia". Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo
stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. Chi dei due
ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E
Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano
avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della
giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli
hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete
nemmeno pentiti così da credergli».
Il commento al Vangelo di domenica 27 dicembre 2020 – Anno B, a cura di Paolo Curtaz.
Datti pace: sei amato
Pace in terra agli uomini che Dio ama! Dio ama gli uomini, e porta loro la pace. Questo è il messaggio ricevuto dai pastori, i senza-dimora,
i senza-speranza, i senza-dignità.
Datti pace, sei amato. Questo il messaggio forte e chiaro che mi giunge in questo
Natale così atipico, stanco, claudicante. Ma autentico come non mai. Così
drammaticamente simile a quello che deve avere vissuto il Signore Gesù in quel
suo primo, intenso, stordente Natale. Niente cenone per lui, o parenti a vegliare e sostenere la
sposa-adolescente, o fratelli a guardare le spalle alla coppia. Niente del
genere.
E la prospettiva di un futuro incerto, di un Imperatore che
obbliga a spostarsi, di un re-vassallo folle e infanticida. All’orizzonte già
si staglia l’Egitto, la madre di tutte le disgrazie di Israele, il luogo in cui
Dio dovrà rifugiarsi per fuggire dalla furia di Erode.
No dai, nemmeno quel Natale è stato granché, diciamolo
chiaramente. Eppure questo è un giorno straordinario. Dio è entrato nella Storia, non l’ha solo ispirata,
indirizzata, assistita. Vi entra. Si fa uomo, cioè accessibile, incontrabile. È il
Dio con noi. Questo celebriamo in questi otto giorni.
Datti pace: sei amato. Da
sempre.
E quel Dio consegnato alla nostra indifferenza, quel Dio
intirizzito che si lascia avvolgere dal caldo abbraccio della madre è la misura
di quel amore donato, disarmato.
Santa famiglia
Ma ci vuole una buona dose di follia, nel proporre in questa
domenica fra Natale e Capodanno, la festa della Santa famiglia, indicandoci
come modello da seguire la famiglia di Nazareth!
Che modello può mai essere una famiglia composta da un padre
che non è il vero padre, da una madre vergine e da un bambino che è il figlio
di Dio? E, invece, se abbiamo il coraggio di lasciar parlare gli
eventi, qualcosa si smuove in noi.
Perché, come ci dice Luca nel Vangelo che abbiamo appena
proclamato, questa è una famiglia concreta, reale, che deve fare i conti con la
fatica e la sofferenza, con gli imprevisti e i momenti di stanchezza delle
relazioni. Non è una coppia di semidei. Non ci sono gli angeli a stirare
e a fare bucato, a Nazareth.
Non ci sono prodigi che accompagnano la crescita del piccolo
Gesù. O miracoli che evitano a Giuseppe di lavorare e di guadagnarsi il pane
con fatica.
Questa famiglia è esemplare proprio nella sua vicinanza alle
nostre fatiche e stanchezze, alle nostre crisi e ai nostri litigi, alle
difficoltà che devono e dovranno affrontare come profetizza il vecchio Simeone. Nessuna corsia privilegiata, la loro, nessuna eccezione.
Dio nasce e cresce nell’ambiente fecondo e precario delle
relazioni famigliari, della quotidianità, degli imprevisti. Come stiamo facendo
noi, cercando di mantenere un equilibrio nelle nostre relazioni messe a
durissima prova da questa pandemia, con i nostri ragazzi rinchiusi in gabbia e
il nostro futuro lavorativo avvolto nella nebbia. Quanto ci mancano gli amici! E la comunità! E gli abbracci!
E questa strana famiglia ci richiama, più che alla dimensione
orizzontale delle relazioni, a quella verticale, a quel Dio da cui nasce e di
cui si nutre ogni amore.
Abramo
Abramo è stanco, scoraggiato. Lui, primo cercatore di Dio della storia, ha avuto il
coraggio di lasciare ogni certezza, ogni sicurezza, in età avanzata. Non ha
avuto paura ad andare a se stesso, a seguire la voce interiore di quel Dio
senza nome e senza volto che lo sfida a mettersi in gioco, che gli promette una
discendenza, una progenie infinita.
Ma gli anni sono passati e non c’è nessun erede a rallegrare
la sua vecchiaia. Ha preso con sé l’orfano Eleazar di Damasco e, su insistenza
di Sara, avrà un figlio da Agar, la loro schiava. Ma la promessa non si è
veramente realizzata. Arriverà un figlio, dopo molto tempo, molte traversie, molte
incertezze: Isacco. Abramo ancora non lo sa ma non è Isacco il destinatario della
promessa, ma noi. Siamo noi, cercatori di Dio, che come Abramo seguiamo la
nostra chiamata interiore, ad essere sua discendenza.
Per fede
L’autore della lettera agli Ebrei, anch’egli cercatore, tesse
le lodi della fede di Abramo. Una fede messa a dura prova, che ha superato
mille scogli, partendo senza sapere dove andava e offrendo suo figlio a quel
Dio che glielo aveva donato (salvo poi litigare con Dio per l’assurda prova).
Ha creduto Abramo, si è fidato anche quando il futuro era
incerto, anche quando il presente era apparentemente illogico. Come sta accadendo anche a noi. No, non sappiamo dove veramente stiamo andando. Siamo confusi e stanchi da quanto sta accadendo. Non abbiamo
certezze, checché ci dicano. Ma sappiamo che non siamo soli. Che siamo amati.
Datti pace: sei amato. Anche se parti sulla fiducia, come Abramo. Anche se, come lui, devi scegliere se avere fede nel Dio
compassionevole o quello sadico che ti chiede il sacrificio di un figlio. Anche se la realizzazione della promessa non è come ti
saresti aspettato.
Datti pace: sei amato. Anche se, come Maria e Giuseppe, ti trovi la vita ribaltata
come un guanto. Anche se ti trovi davanti a imprevisti che minano
profondamente la tua serenità. Anche se la banalità di Nazareth ti obbliga a ripensare
radicalmente la tua idea di santità e di presenza di Dio.
Noi
Allora questa è davvero una festa. La festa di quello che
siamo nella concretezza. Festa delle nostre famiglia, così come sono. E delle
persone che amiamo, chiunque esse siano (perché l’amore proviene sempre da
Dio), fuori dagli stereotipi. Esiste forse una famiglia meno convenzionale di quella di
Nazareth? Celebriamo la Santa famiglia per rendere sante le nostre
famiglie. Sante, cioè abitate da Dio. Che gattona per casa, che fa i capricci, che si addormenta
ascoltando i racconti delle imprese degli eroi di Israele.
Datti pace: sei amato!
Cerco
il tuo volto