Pagine

giovedì 31 dicembre 2020

ANNO NUOVO. BUON CAMMINO

 

                   "La strada vi venga sempre dinanzi

e il vento vi soffi alle spalle

e la rugiada bagni sempre l'erba

cui cui poggiate i passi.

E il sorriso brilli sempre

sul vostro volto.

E il pianto che spunta

sui vostri occhi

sia solo pianto di felicità.

E qualora dovesse trattarsi

di lacrime di amarezza e di dolore,

ci sia sempre qualcuno

pronto ad asciugarvele.

Il sole entri a brillare

prepotentemente nella vostra casa,

a portare tanta luce,

tanta speranza e tanto calore."

 

+ don Tonino Bello

LA CORSA AL VACCINO, PER SOPRAVVIVERE



-         di Giuseppe Savagnone

-          

Le cronache degli ultimi giorni di questo drammatico 2020 sono state piene delle notizie sui vaccini, a cui sembrano appigliarsi tutte le speranze del nostro pianeta. Ed è perfettamente comprensibile che, in un contesto in cui ancora nel mondo i contagi, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi si contano a migliaia, il problema della sopravvivenza fisica sia in primo piano.

Qualcosa di analogo vale sul piano dell’economia. Anche qui il vaccino viene visto come una possibilità di salvezza per un sistema profondamente scosso dalla pandemia, che ha dovuto realisticamente sostituire alle rosee previsioni di crescita, ancora credibili nel gennaio scorso, con l’amaro bilancio delle perdite degli ultimi mesi e si aggrappa disperatamente ad ogni promessa di ritorno alla normalità per poter contare su un recupero.

Ritornare alla normalità

Al di là del problema sanitario e di quello economico, alla base di questa ansiosa attesa della vaccinazione di massa ce n’è anche uno più ampiamente umano che riguarda le condizioni di vita imposte dal coronavirus. Soprattutto per quanto riguarda la sfera delle relazioni umane, siamo stati tutti pesantemente penalizzati e non vediamo l’ora, dopo aver fatto una vera e propria scorpacciata di rapporti puramente virtuali sul web, di poter riprendere dei rapporti “in presenza”. Anche questo ritorno alla normalità in fondo è una questione di sopravvivenza. Non ce la facciamo più.

Benvenuti, allora i vaccini, pur con tutti i problemi e le polemiche che stanno segnando l’inizio della loro distribuzione. Augurandoci che i tempi – già abbastanza lunghi – previsti per la loro somministrazione alle diverse fasce della popolazione, non si dilatino per disfunzioni organizzative e cattiva gestione.

Vivere e sopravvivere

Detto ciò, non possiamo fare a meno di constatare che il 2021 si apre all’insegna della rinunzia a qualsiasi cosa vada oltre la mera sopravvivenza. E questo, come già notava Aristotele, può andare bene per le altre specie animali, ma non per gli esseri umani. Perché noi non possiamo accontentarci di sopravvivere, vogliamo vivere. E questo è molto di più.

Dobbiamo chiederci onestamente, però, se sia stato il covid ad aver ridimensionato così drammaticamente le nostre legittime aspirazioni a una vita piena, o se, in fondo, la “normalità” a cui eravamo abituati, e che la pandemia ha improvvisamente scardinato, non fosse già segnata da questa rassegnazione. In altri termini, se, a prescindere dal coronavirus, gli uomini e le donne del progredito Occidente non si trovassero già da tempo nella condizione di sopravvivere, piuttosto che di vivere.

«L’uomo a una dimensione»

Ritorna alla mente un libro che fu quasi un manifesto per i movimenti studenteschi del Sessantotto, «L’uomo a una dimensione», di Herbert Marcuse. Vi si denunciava l’appiattimento delle persone sull’esistente – e la loro conseguente incapacità di immaginare alternative radicali ad esso – determinati da un sistema neocapitalistico che il progresso tecnologico ha reso sempre più capace di controllare le coscienze e di orientare le scelte, nascondendo questo sostanziale asservimento degli individui dietro un’apparente libertà.

Sappiamo tutti delle intemperanze di questa stagione, del suo fallimento, del “riflusso” che esso, per contraccolpo, determinò. Eppure non ci si può non chiedere se il libro di Marcuse, oggi totalmente dimenticato, non contenesse un’anima di verità, forse troppo inquietante per non essere rimossa dalla coscienza collettiva.

Davvero sono morte tutte le ideologie?

Qualcuno obietterà che quello era ancora il tempo delle ideologie e che esse sono morte per sempre. Ma siamo così sicuri che il nostro attuale modo di pensare e di vivere – fondato sul primato assoluto dell’individuo e dei suoi diritti, sulla logica del possesso, sulla corsa alla soddisfazione di bisogni creati in buona parte dalla pubblicità – non sia ideologico?

Immaginiamo, per un momento, che tutte le ideologie siano state sconfitte da una tra loro, la più potente, e che questa sia stata e continui ad essere così potente da far credere di non essere un’ideologia, ma semplicemente la verità delle cose, il loro inevitabile corso, a cui sarebbe vano opporsi.

E se questo clima culturale ci soffocasse?

Immaginiamo – sempre per ipotesi – che le certezze di cui sopra si diceva e che oggi sono dominanti tra gli intellettuali, siano “di destra” o “di sinistra” – tanto che chi osa metterle in dubbio appare come un reazionario oscurantista, da commiserare –, non siano così indiscutibili come (quasi) tutti credono, ma si reggano su un conformismo di massa che esonera dalle domande.

Immaginiamo che crescere nel clima di questo individualismo narcisistico e possessivo, che rende i rapporti umani, anche i più significativi (penso al matrimonio) inevitabilmente provvisori, che sostituisce la ricerca sempre insoddisfatta del benessere a quella della felicità (perché benessere e felicità non sono la stessa cosa!), che impedisce di cooperare insieme in vista di un bene comune anteposto agli interessi dei singoli, spenga l’aspirazione a dare alla propria vita un senso più pieno, la capacità di desiderare e di sperare qualcosa di più grande che l’appagamento immediato.

Immaginiamo – solo per un momento – che questa sia la “normalità” a cui ci eravamo abituati prima del coronavirus. Non sarebbe quello che chiamavamo “sopravvivere” e che contrapponevamo a un più pienamente umano “vivere?

«L’attimo fuggente»

Se tutto questo fosse vero, se non si trattasse solo di ipotesi immaginarie, si capirebbe perché in questo tempo – a differenza che nelle epoche precedenti – i sogni più audaci dei giovani non vadano oltre le tappe della loro realizzazione individuale, sul modello di quel film, bello quanto fuorviante, che è «L’attimo fuggente», non erano mai nemmeno menzionati i poveri, le ingiustizie sociali, la discriminazione razziale, perché ciò che contava era «succhiare il midollo della vita», ognuno per conto suo. In passato i ragazzi avevano degli ideali – anche sbagliati – per cui vivere e morire. Ogni è difficile trovarne uno che sia disposto a donarsi a una causa più grande di lui e del suo successo nella vita.

Auguri di Capodanno

Dobbiamo sperare, certamente, che il nuovo anno ci porti, col vaccino, la vittoria sul coronavirus. Ma questo ci basterebbe solo per tornare a sopravvivere, come facevamo prima. Forse non è troppo che coltiviamo una speranza più grande e più ambiziosa. E che, in questo capodanno, ci auguriamo di riscoprire, nel 2021, orizzonti più vasti, che ci permettano di assaporare di nuovo, sfidando il conformismo, la pienezza della vita.

www.tuttavia.eu

 

 

mercoledì 30 dicembre 2020

AIMC. FESTA PER I 75 ANNI - MUSICHE E RICORDI

L'AIMC, in occasione dei festeggiamenti per i 75 anni di vita ha offerto ai soci e agli amici un concerto di musiche  e canti, non solo natalizi, nel corso del quale si è illustrato il cammino dell'Associazione.

Il Segretario di Stato, cardinale Parolin, nel suo messaggio di apprezzamento e incoraggiamento, ha portato il saluto del Santo Padre.

Protagonisti dell'affascinante serata vari musicisti, cantanti e corali  di varie parti d'Italia e anche delle scuole di Oradea (la citta rumena gemellata con l'AIMC).

Si è volutamente dare spazio ad insegnanti-artisti e agli alunni che hanno dato prova della loro competenza e professionalità

Il video: https://youtu.be/mS5g990ZyLo



AIMC. TESTIMONE DI IMPEGNO E DI SPERANZA

    Parolin ai maestri cattolici: 

testimoni di speranza in un momento di smarrimento

In un videomessaggio per il 75.mo di fondazione dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici, il segretario di Stato esorta a essere elementi di coesione in un tempo precario segnato dalla pandemia

Debora Donnini – Città del Vaticano

Vivo apprezzamento per l’impegno svolto dai maestri cattolici è quello che esprime il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, inviando un videomessaggio a quanti sono collegati on-line in occasione del 75.mo anniversario dalla nascita dell’associazione, avvenuta al termine della seconda guerra mondiale. In un “tempo precario ma carico di speranze per la ripresa dell’Italia”, nota il porporato, “la vostra presenza fu espressione di matura coscienza cristiana e di forte esperienza ecclesiale, come pure luogo d’incontro tra le diverse e legittime istanze della Nazione”. “Anche oggi il Paese, segnatamente la scuola, si trovano in un momento di smarrimento a causa della pandemia”, sottolinea il cardinale Parolin esortando i membri dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici,  oggi come all’inizio della loro storia, a essere “elemento di coesione”. “Testimoniate - li esorta -  la volontà di dedicarvi con generosità al bene degli alunni, che hanno bisogno di vedere in voi dei testimoni di verità, di speranza e di carità”.

Un’identità solida è garanzia per efficacia azione

Nel videomessaggio il cardinale Parolin li incoraggia anche a avere sempre chiara la consapevolezza delle loro tradizioni. “Un’identità antica e solida, come quella che attingete alle motivazioni iniziali dell’Associazione medesima - afferma - è la garanzia più convincente per l’efficacia dell’azione che dovete svolgere nei nuovi e ardui contesti in cui siete chiamati ad operare”. L’opera educativa, poi, invita a cogliere la presenza decisiva di un altro maestro, “anzi dell’unico maestro, il Cristo”. A lui li affida il cardinale Parolin in modo che il loro insegnare possa acquistare “la forza simbolica del gesto, da Lui più volte compiuto, di porre al centro il bambino”.

 Vatican News

VIDEO: https://youtu.be/nsCrUNDf26Q




 

VACCINO ANTI COVID: GIUSTIZIA, SOLIDARIETA', INCLUSIONE

 La Santa Sede: 

garantire i vaccini a tutti, 

è una questione di giustizia

Il documento congiunto della Commissione Vaticana Covid-19 e della Pontificia Accademia per la Vita: è una responsabilità morale accettare il vaccino non solo per la salute individuale ma anche per quella pubblica

 -         Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

 I vaccini sono stati sviluppati come un bene pubblico e devono essere forniti a tutti in modo giusto ed equo, dando priorità a coloro che ne hanno più bisogno. È quanto ricordano la Commissione Vaticana Covid-19 e la Pontificia Accademia per la Vita sottolineando, in un documento congiunto, l’essenziale ruolo dei vaccini per sconfiggere la pandemia.

Facendo eco al recente messaggio di Natale del Papa, si esortano i leader mondiali a resistere alla tentazione di aderire ad un “nazionalismo vaccinale” e gli Stati nazionali e le imprese a cooperare - e a non competere - tra di loro. I vaccini, affinché "possano illuminare e portare speranza al mondo intero - ha detto il Pontefice lo scorso 25 dicembre - devono stare a disposizione di tutti". 

Principi

Giustizia, solidarietà e inclusione sono i principali criteri da seguire per affrontare le sfide poste da questa emergenza planetaria. Le aziende che possano essere valutate in modo positivo, aveva detto il Santo Padre all’udienza generale dello scorso 19 agosto, sono quelle che “contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune e alla cura del creato”. La bussola imprescindibile è quindi l’ampio orizzonte che si lega ai principi della Dottrina sociale della Chiesa, “come la dignità umana e l’opzione preferenziale per i poveri, la solidarietà e la sussidiarietà, il bene comune e la custodia della casa comune, la giustizia e la destinazione universale dei beni”.

Ricerca, produzione e materiali biologici

Non è solo il momento finale della somministrazione del vaccino a dover essere preso in considerazione. Va considerato tutto il suo “ciclo di vita”. Le prime tappe di questo percorso riguardano la ricerca e la produzione. Una questione, che viene spesso sollevata, riguarda i materiali biologici impiegati per lo sviluppo dei vaccini. “Dalle informazioni disponibili - si legge nel documento - risulta che solo alcuni dei vaccini ormai prossimi all’approvazione impieghino in più fasi del processo linee cellulari provenienti da feti abortiti volontariamente alcuni decenni fa, mentre altri ne fanno un uso limitato solo a fasi puntuali di test di laboratorio”. La Pontificia Accademia per la Vita è tornata sul tema in due note, rispettivamente del 2005 e del 2017. Nella seconda si escludeva che "vi sia una cooperazione moralmente rilevante tra coloro che oggi utilizzano questi vaccini e la pratica dell’aborto volontario". Pertanto, si legge nel documento, si ritiene che si possano applicare “tutte le vaccinazioni clinicamente consigliate con coscienza sicura che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione all’aborto volontario. Pur nell’impegno comune a far sì che ogni vaccino non abbia alcun riferimento per la sua preparazione ad eventuale materiale di origine abortivo, si ribadisce la responsabilità morale alla vaccinazione per non far correre dei gravi rischi di salute ai bambini e alla popolazione in generale".

Brevetti

Al tema della produzione si collega anche la questione della brevettazione del vaccino, non una risorsa naturale ma “una invenzione prodotta dall’ingegno umano”. Data la sua funzione, si sottolinea nel documento, è molto opportuno interpretare il vaccino “come un bene a cui tutti abbiano accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni, menzionato anche da Papa Francesco”. Come ha detto il Pontefice nel messaggio di Natale, "non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle … mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità". "Il solo obiettivo dello sfruttamento commerciale - si ricorda nel documento della Commissione Vaticana Covid-19 e della Pontificia Accademia per la Vita - non è eticamente accettabile nel campo della medicina e della cura della salute. Gli investimenti in campo medico dovrebbero trovare il loro più profondo significato nella solidarietà umana”. Occorre individuare “opportuni sistemi che favoriscano la trasparenza e la collaborazione, invece che l’antagonismo e la competizione”. E si deve superare ogni forma di “nazionalismo vaccinale” connessa al tentativo dei diversi Stati “di avere il proprio vaccino in tempi più rapidi". La produzione industriale del vaccino potrebbe diventare “una operazione collaborativa tra Stati, imprese farmaceutiche e altre organizzazioni”.

Approvazione e somministrazione

Dopo le fasi sperimentali, un altro cruciale passo riguarda l’approvazione, in condizioni di emergenza, del vaccino da parte delle Autorità deputate “che consentono di metterlo sul mercato e di impiegarlo nei diversi Paesi”. “È necessario coordinare le procedure necessarie a ottenere tale obiettivo e promuovere la collaborazione tra le autorità regolatorie”. Per quanto riguarda la somministrazione, la Commissione Vaticana Covid-19 e la Pontificia Accademia per la Vita sostengono le posizioni convergenti sulle priorità “da riservare alle categorie professionali impegnate nei servizi di comune interesse, in particolare il personale sanitario, ma anche in altre attività che richiedono un contatto con il pubblico per i servizi essenziali (come la scuola, la pubblica sicurezza), ai gruppi di soggetti più vulnerabili (come anziani e malati con particolari patologie”. Tale criterio, si ricorda nel documento, non risolve tutte le situazioni. “Rimane per esempio la zona grigia di eventuali priorità da stabilire all’interno di uno stesso gruppo a rischio”. La distribuzione del vaccino richiede anche una serie di strumenti che consentano “una accessibilità universale”. Occorre sviluppare un programma di distribuzione “che tenga conto della collaborazione necessaria per far fronte a ostacoli di carattere logistico-organizzativo in zone poco accessibili (catena del freddo, trasporto, operatori sanitari, uso di nuove tecnologie, ecc.)”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità rimane “un punto di riferimento importante da potenziare e da migliorare per gli aspetti che si stanno rivelando insufficienti e problematici”.

Vaccinazione e questioni etiche

Sulla responsabilità morale di sottoporsi alla vaccinazione, la Commissione Vaticana Covid-19 e la Pontificia Accademia per la Vita ribadiscono che questa tematica implica “un rapporto tra salute personale e salute pubblica, mostrandone la stretta interdipendenza”. Il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri. "Ciò vale anche qualora, in assenza di alternativa, la motivazione fosse di evitare di trarre benefici dagli esiti di un aborto volontario". Si ricorda tra l'altro che "l’ammalarsi determina un aumento dei ricoveri con conseguente sovraccarico per i sistemi sanitari, fino a un possibile collasso, come sta accadendo in diversi Paesi durante questa pandemia, ostacolando l'accesso all'assistenza sanitaria, ancora una volta a spese di chi ha meno risorse".

Piano d’azione

Un vaccino sicuro, efficace e disponibile per tutti, in particolare per i più vulnerabili, e con un prezzo che consenta un’equa distribuzione. Sono queste le priorità per assicurare una cura globale che “tenga conto e valorizzi” anche le situazioni locali: “si intendono sviluppare - si legge nel documento - risorse per assistere le Chiese locali nella preparazione di questa iniziativa e di protocolli di trattamento per le comunità particolari”. La Chiesa si mette al servizio della “guarigione del mondo” utilizzando le sue voci, sparse in tutto il pianeta, “per parlare, esortare e contribuire ad assicurare che i vaccini e le cure di qualità siano disponibili per la nostra famiglia globale, specialmente per le persone vulnerabili”.

Costruire un mondo post-Covid

Il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, cardinale Peter Turkson, esprime gratitudine “alla comunità scientifica per aver sviluppato il vaccino in tempi record”. “Ora sta a noi - aggiunge - garantire che sia disponibile per tutti, specialmente per i più vulnerabili. È una questione di giustizia”. “Dobbiamo dimostrare, una volta per tutte, che siamo un'unica famiglia umana”. L'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sottolinea che la pandemia ha messo in evidenza la condizione di “interconnessione che lega l’umanità”. "Insieme alla Commissione, stiamo lavorando con molti partner per rivelare le lezioni che la famiglia umana può imparare e per sviluppare un'etica del rischio e della solidarietà per proteggere i più vulnerabili della società". Quella appena avviata è una fase cruciale, spiega monsignor Bruno Marie Duffé, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. "Siamo a un punto di svolta nella pandemia Covid-19 e abbiamo l'opportunità di iniziare a definire il mondo che vogliamo vedere dopo la pandemia". "Il modo in cui i vaccini sono distribuiti - sottolinea infine padre Augusto Zampini, segretario aggiunto dello stesso Dicastero - è il primo passo che i leader globali devono compiere nell'impegno per l'equità e la giustizia come principi per costruire un mondo post-Covid migliore".

 Vatican News

 

 

VALUTARE. PERCHE'? COME? - Webinar

 


VALUTARE. PERCHE’? COME?

WEBINAR

Venerdì 15 gennaio 2021, ore 17

 

“La valutazione ha una funzione formativa fondamentale: è parte integrante della professionalità del docente, si configura come strumento insostituibile di costruzione delle strategie didattiche e del processo di insegnamento e apprendimento ed è lo strumento essenziale per attribuire valore alla progressiva costruzione di conoscenze realizzata dagli alunni, per sollecitare il dispiego delle potenzialità di ciascuno partendo dagli effettivi livelli di apprendimento raggiunti, per sostenere e potenziare la motivazione al continuo miglioramento a garanzia del successo formativo e scolastico…. L’ottica è quella della valutazione per l’apprendimento, che ha carattere formativo poiché le informazioni rilevate sono utilizzate anche per adattare l’insegnamento ai bisogni educativi concreti degli alunni e ai loro stili di apprendimento, modificando le attività in funzione di ciò che è stato osservato e a partire da ciò che può essere valorizzato”.

È una complessa sfida per tutti coloro che operano nella scuola. Siamo, infatti, chiamati a rivedere stili e modi di valutazione, a governare l’incertezza e l’imprevedibile, ad affinare l’arte del prendersi cura, ad essere intraprendenti e lungimiranti, a testimoniare impegno, competenza e speranza….

Il webinar ci aiuterà a porci domande, a riflettere sulla nostra professionalità, a intravedere percorsi, a tessere relazioni ….

Alcuni esperti (che ringraziamo di cuore) ci aiuteranno:

-         Francesca De Giosa, vicepresidente nazionale AIMC

-         Cinzia Vetrano, insegnante

 Il webinar sarà riservato a cento persone. È opportuno iscriversi sollecitamente. Il link di partecipazione sarà comunicato prima dell’inizio del webinar.

Nel caso di sopravvenuta impossibilità a partecipare, vi preghiamo di comunicarlo rapidamente a  sezione.palermo@aimc.it 

 Link Scheda iscrizione: https://forms.gle/Q8cKEK7fm9yv31By9



lunedì 28 dicembre 2020

PANDEMIA. I RAGAZZI E LA LORO FRAGILITA'

Medicina solidale, pandemia: molti i ragazzi lasciati soli con le loro fragilità

Capire quali sono i disagi e i timori nati a causa della pandemia e dal lungo isolamento in casa con cui si sono trovati a fare i conti tanti bambini e adolescenti. Questo il filo conduttore del webinar “I Minori e le tutele ai tempi del Covid. Ansie, paure, violenze e devianze del mondo giovanile recluso in casa”

                            -         Marina Tomarro -


I lunghi lockdown imposti dall’emergenza sanitaria del Covid, hanno cambiato la vita di tutti. Soprattutto per i bambini e i ragazzi, sono mutate radicalmente le abitudini quotidiane. La scuola è diventata on line, i compagni di classe, i professori e le maestre visti quasi sempre solo attraverso uno schermo, le attività extrascolastiche, le attività fisiche, la palestra, la danza, la musica e il teatro sono state interrotte, portando spesso i piccoli e i più grandi ad un pericoloso isolamento. Il webinar “I Minori e le tutele ai tempi del Covid. Ansie, paure, violenze e devianze del mondo giovanile recluso in casa” promosso dalle associazioni Medicina Solidale e Dorean Dote e dall’osservatorio sui minori “Fonte d’Ismaele”, vuole fare un punto proprio su queste problematiche nate con l’arrivo della pandemia. L’incontro potrà essere seguito attraverso la pagina Fb dell’associazione Medicina Solidale.

La scuola: un luogo sicuro per i piccoli

“Venendo meno la scuola – spiega Lucia Ercoli, Responsabile Sanitaria dell'Istituto di Medicina Solidale Onlus – è mancato uno dei pilastri più importanti per l'accoglienza e l'accompagnamento delle nuove generazioni. La scuola infatti, spesso si ritrova anche a supplire la funzione educativa della famiglia, che in questi anni è stata oggetto di una serie di trasformazioni sociali e culturali che ne ha estremamente indebolito l'assetto costitutivo. La scuola spesso si è trovata a svolgere anche la funzione educativa per i bambini più vulnerabili, per quelli che non hanno alternativa e a volte non hanno neanche una casa. Questo, naturalmente, ha creato un vuoto. E per i bambini, ogni giorno può essere decisivo per quello che sarà il loro futuro. Ogni giorno sottratto è un pezzo di vita che viene a meno”.

La fragilità della famiglia oggi

Eppure, proprio la famiglia avrebbe dovuto rappresentare il supporto principale per questi bambini e adolescenti. Anche Papa Francesco, ha spesso invitato le famiglie a riscoprire questi momenti in cui si deve stare di più in casa, come un tempo prezioso per conoscersi meglio. “Oggi - aveva sottolineato il Pontefice nell’omelia della messa del mattino a Santa Marta lo scorso 21 marzo -  vorrei ricordare le famiglie che non possono uscire di casa. Forse l’unico orizzonte che hanno è il balcone. E lì dentro, la famiglia, con i bambini, i ragazzi, i genitori… Perché sappiano trovare il modo di comunicare bene tra loro, di costruire rapporti di amore nella famiglia, e sappiano vincere le angosce di questo tempo insieme, in famiglia. Preghiamo per la pace delle famiglie oggi, in questa crisi, e per la creatività”. Ma non sempre purtroppo è andata così. “La famiglia - continua Lucia Ercoli -  è un istituto che è stato fortemente minacciato e compromesso e non solo sul piano delle risorse. Anche sul piano culturale e antropologico, è stato tutto sovvertito e sui ragazzi ha avuto un’influenza molto negativa”. 

Saper ascoltare senza giudicare

È quindi necessario un cambiamento che parta dai più grandi, in modo che diventino guide sicure per sostenere le nuove generazioni a superare i traumi lasciati da questo lungo periodo di cambiamenti. “Per aiutare i ragazzi – sottolinea la responsabile sanitaria – gli adulti devono cominciare a ritornare con la memoria a quando avevano quell'età, ricordare che cosa è stata la loro infanzia, cosa è stata l'adolescenza, recuperarne le emozioni, le paure, i sentimenti, e con occhi nuovi guardare i figli, o gli alunni facendo un passo indietro e dando loro lo spazio per potersi raccontare e rivelare per quello che sono, ascoltandoli senza pregiudizi”.

 

Vatican News

 

 


AUTONOMIA SCOLASTICA E QUALITA' SOSTENIBILE

 

LOCANDINA E PROGRAMMA


MODALITA’ DI ISCRIZIONE:

EVENTO GRATUITO con iscrizione obbligatoria, fino ad esaurimento posti disponibili n.150, al link:

https://forms.gle/iyyN6RhAs9vCwbwa9


SEGRETERIA ORGANIZZATIVA AICQ NAZIONALE Via Cornalia 19 - 20124 Milano (MI)

 PER INFORMAZIONI Carmelo Diana carmelodiana57@gmail.com;  

 Il webinar è rivolto ai Dirigenti scolastici, ai Docenti interessati all’innovazione


LA TRAPPOLA PER TOPI


- Ernest Hemingway

Un topo stava guardando attraverso un buco nella parete, spiando quello che il contadino e sua moglie stavano facendo. Avevano appena ricevuto un pacco e lo stavano scartando tutti contenti. "Sicuramente conterrà del cibo" pensò il topo.

Ma quando il pacco fu aperto il piccolo roditore rimase senza fiato. Quella che il contadino teneva in mano non era roba da mangiare, era una trappola per topi! Spaventato, il topo cominciò a correre per la fattoria gridando: "State attenti! C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!".

La gallina, che stava scavando per terra alla ricerca di semi e vermetti, alzò la testa e disse: "Mi scusi, signor Topo, capisco che questo può costituire per lei un grande problema, ma una trappola per topi non mi riguarda assolutamente. Sinceramente non mi sento coinvolta nella sua paura". E, detto questo, si rimise al lavoro per procurarsi il pranzo.

Il topo continuò a correre gridando: "State tutti attenti! C'è una trappola per topi in casa! C'è una trappola per topi in casa!". Casualmente incontrò il maiale che gli disse con aria accattivante: "Sono veramente dispiaciuto per lei, signor Topo, veramente dispiaciuto, mi creda. ma non c'è assolutamente nulla che io possa fare".

Ma il topo aveva già ripreso a correre verso la stalla dove una placida mucca ruminava, sonnecchiando, il suo fieno. "Una trappola per topi? - gli disse - E lei crede che costituisca per me un grave pericolo?". Fece una risata e riprese a mangiare tranquillamente.  Il topo, triste e sconsolato, ritornò alla sua tana preparandosi a dover affrontare la trappola tutto da solo. 

Proprio quella notte, in tutta la casa si sentì un fortissimo rumore, proprio il suono della trappola che aveva catturato la sua preda. La moglie del contadino schizzò fuori dal letto per vedere cosa c'era nella trappola ma, a causa dell'oscurità, non si accorse che nella trappola era stato preso un grosso serpente velenoso. Il serpente la morse.

Subito il contadino, svegliato dalle urla di lei, la caricò sulla macchina e la portò all'ospedale dove venne sottoposta alle prime cure. Quando ritornò a casa, qualche giorno dopo, stava meglio ma aveva la febbre alta. Ora tutti sanno che quando uno ha la febbre non c'è niente di meglio che un buon brodo di gallina. E così il contadino andò nel pollaio e uccise la gallina trasformandola nell'ingrediente principale del suo brodo. La donna non si ristabiliva e la notizia del suo stato si diffuse presso i parenti che la vennero a trovare e a farle compagnia. Allora il contadino pensò che, per dare da mangiare a tutti, avrebbe fatto meglio a macellare il suo maiale. E così fece.

Finalmente la donna guarì e il marito, pieno di gioia, organizzò una grande festa a base di vino novello e bistecche cotte sul barbecue. Inutile dire quale animale fornì la materia prima.

Morale: la prossima volta che voi sentirete qualcuno che si trova davanti ad un problema e penserete che in fin dei conti la cosa non vi riguarda, ricordatevi che quando c'è una trappola per topi in casa tutta la fattoria è in pericolo.

"Quando senti suonare la campana non chiederti per chi suona. Essa suona anche per te"  

 

sabato 26 dicembre 2020

DATTI PACE:SEI AMATO!

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 21, 28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

 Il commento al Vangelo di domenica 27 dicembre 2020 – Anno B, a cura di Paolo Curtaz.

Datti pace: sei amato

Pace in terra agli uomini che Dio ama! Dio ama gli uomini, e porta loro la pace. Questo è il messaggio ricevuto dai pastori, i senza-dimora, i senza-speranza, i senza-dignità

Datti pace, sei amato. Questo il messaggio forte e chiaro che mi giunge in questo Natale così atipico, stanco, claudicante. Ma autentico come non mai. Così drammaticamente simile a quello che deve avere vissuto il Signore Gesù in quel suo primo, intenso, stordente Natale. Niente cenone per lui, o parenti a vegliare e sostenere la sposa-adolescente, o fratelli a guardare le spalle alla coppia. Niente del genere.

E la prospettiva di un futuro incerto, di un Imperatore che obbliga a spostarsi, di un re-vassallo folle e infanticida. All’orizzonte già si staglia l’Egitto, la madre di tutte le disgrazie di Israele, il luogo in cui Dio dovrà rifugiarsi per fuggire dalla furia di Erode.

No dai, nemmeno quel Natale è stato granché, diciamolo chiaramente. Eppure questo è un giorno straordinario.  Dio è entrato nella Storia, non l’ha solo ispirata, indirizzata, assistita. Vi entra. Si fa uomo, cioè accessibile, incontrabile. È il Dio con noi. Questo celebriamo in questi otto giorni.

Datti pace: sei amato. Da sempre.

E quel Dio consegnato alla nostra indifferenza, quel Dio intirizzito che si lascia avvolgere dal caldo abbraccio della madre è la misura di quel amore donato, disarmato. 

Santa famiglia

Ma ci vuole una buona dose di follia, nel proporre in questa domenica fra Natale e Capodanno, la festa della Santa famiglia, indicandoci come modello da seguire la famiglia di Nazareth!

Che modello può mai essere una famiglia composta da un padre che non è il vero padre, da una madre vergine e da un bambino che è il figlio di Dio? E, invece, se abbiamo il coraggio di lasciar parlare gli eventi, qualcosa si smuove in noi.

Perché, come ci dice Luca nel Vangelo che abbiamo appena proclamato, questa è una famiglia concreta, reale, che deve fare i conti con la fatica e la sofferenza, con gli imprevisti e i momenti di stanchezza delle relazioni. Non è una coppia di semidei. Non ci sono gli angeli a stirare e a fare bucato, a Nazareth.

Non ci sono prodigi che accompagnano la crescita del piccolo Gesù. O miracoli che evitano a Giuseppe di lavorare e di guadagnarsi il pane con fatica.

Questa famiglia è esemplare proprio nella sua vicinanza alle nostre fatiche e stanchezze, alle nostre crisi e ai nostri litigi, alle difficoltà che devono e dovranno affrontare come profetizza il vecchio Simeone. Nessuna corsia privilegiata, la loro, nessuna eccezione.

Dio nasce e cresce nell’ambiente fecondo e precario delle relazioni famigliari, della quotidianità, degli imprevisti. Come stiamo facendo noi, cercando di mantenere un equilibrio nelle nostre relazioni messe a durissima prova da questa pandemia, con i nostri ragazzi rinchiusi in gabbia e il nostro futuro lavorativo avvolto nella nebbia. Quanto ci mancano gli amici! E la comunità! E gli abbracci!

E questa strana famiglia ci richiama, più che alla dimensione orizzontale delle relazioni, a quella verticale, a quel Dio da cui nasce e di cui si nutre ogni amore.

Abramo

Abramo è stanco, scoraggiato. Lui, primo cercatore di Dio della storia, ha avuto il coraggio di lasciare ogni certezza, ogni sicurezza, in età avanzata. Non ha avuto paura ad andare a se stesso, a seguire la voce interiore di quel Dio senza nome e senza volto che lo sfida a mettersi in gioco, che gli promette una discendenza, una progenie infinita.

Ma gli anni sono passati e non c’è nessun erede a rallegrare la sua vecchiaia. Ha preso con sé l’orfano Eleazar di Damasco e, su insistenza di Sara, avrà un figlio da Agar, la loro schiava. Ma la promessa non si è veramente realizzata. Arriverà un figlio, dopo molto tempo, molte traversie, molte incertezze: Isacco. Abramo ancora non lo sa ma non è Isacco il destinatario della promessa, ma noi. Siamo noi, cercatori di Dio, che come Abramo seguiamo la nostra chiamata interiore, ad essere sua discendenza.

Per fede

L’autore della lettera agli Ebrei, anch’egli cercatore, tesse le lodi della fede di Abramo. Una fede messa a dura prova, che ha superato mille scogli, partendo senza sapere dove andava e offrendo suo figlio a quel Dio che glielo aveva donato (salvo poi litigare con Dio per l’assurda prova).

Ha creduto Abramo, si è fidato anche quando il futuro era incerto, anche quando il presente era apparentemente illogico. Come sta accadendo anche a noi. No, non sappiamo dove veramente stiamo andando. Siamo confusi e stanchi da quanto sta accadendo. Non abbiamo certezze, checché ci dicano. Ma sappiamo che non siamo soli. Che siamo amati.

Datti pace: sei amato. Anche se parti sulla fiducia, come Abramo. Anche se, come lui, devi scegliere se avere fede nel Dio compassionevole o quello sadico che ti chiede il sacrificio di un figlio. Anche se la realizzazione della promessa non è come ti saresti aspettato.

 Datti pace: sei amato. Anche se, come Maria e Giuseppe, ti trovi la vita ribaltata come un guanto. Anche se ti trovi davanti a imprevisti che minano profondamente la tua serenità. Anche se la banalità di Nazareth ti obbliga a ripensare radicalmente la tua idea di santità e di presenza di Dio.

 Noi

Allora questa è davvero una festa. La festa di quello che siamo nella concretezza. Festa delle nostre famiglia, così come sono. E delle persone che amiamo, chiunque esse siano (perché l’amore proviene sempre da Dio), fuori dagli stereotipi. Esiste forse una famiglia meno convenzionale di quella di Nazareth? Celebriamo la Santa famiglia per rendere sante le nostre famiglie. Sante, cioè abitate da Dio. Che gattona per casa, che fa i capricci, che si addormenta ascoltando i racconti delle imprese degli eroi di Israele.

Datti pace: sei amato!

 

Cerco il tuo volto