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venerdì 20 novembre 2020

LA POVERTA' EDUCATIVA? UNA QUESTIONE DI COMUNITA!

 
Oltre due italiani su tre pensano che durante il lockdown siano aumentate le disuguaglianze.  

«Ora la responsabilità per recuperare il 'gap' educativo non ricada solo sulla scuola»

 

-         Paolo Ferrario

      

Non può essere caricata esclusivamente sulle spalle della scuola, la responsabilità di «crescere» le nuove generazioni, ma questo deve essere un impegno, un imperativo di tutta la comunità. Ne è convinto il 67% degli italiani, secondo un’indagine di Demopolis per l’impresa sociale “Con i bambini”, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, realizzata in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebra domani. «La povertà educativa deve interessare tutti, non solo la scuola e non solo la famiglia, ma l’intera comunità educante», sottolinea il presidente di “Con i bambini”, Carlo Borgomeo. Un lavoro tanto più importante in presenza di un’emergenza sanitaria che, per due italiani su tre, avrà gli effetti più pesanti proprio sui più piccoli, che ne pagheranno il prezzo più alto, soprattutto a lungo termine.

A peggiorare la situazione ci pensa anche una distribuzione diseguale delle opportunità dell’istruzione tra i territori: soltanto il 9% degli intervistati ritiene che la scuola italiana garantisca uguali opportunità per tutti. Il 65% è convinto che le opportunità non siano equamente distribuite e il 23% ritiene che sia garantita solo ad alcuni. Un dato peggiorato dai lunghi mesi di sospensione della didattica in presenza, con il ricorso massiccio alla Dad: la mancanza di dispositivi informatici adeguati e di connessioni idonee si è rivelata un problema nel 14% dei casi, dato che cresce al 22% al Sud e nelle Isole. Ma nell’esperienza degli intervistati, le difficoltà di bambini e ragazzi nel seguire la didattica a distanza sono state, in prevalenza, d’altra natura: principale problema, indicato dal 45%, la scarsa capacità di attenzione nell’apprendimento a distanza, realizzato integralmente nell’ambiente casalingo. Inoltre, i genitori testimoniano i servizi che più sono mancati ai figli, e che - presumibilmente - continueranno a lungo a mancare. Sette su 10 citano le attività ludiche e ricreative, quella dimensione fertilissima del gioco compromessa dalle apprensioni per la necessaria sicurezza sanitaria. Il 65% ricorda la rinuncia a palestre, centri sportivi ed all’attività motoria necessaria nelle fasi di crescita. Inoltre, il 42% dei genitori intervistati ricorda quanto sia mancata ai figli la partecipazione a laboratori e ad altre attività educative extrascolastiche. «Una delle questioni più gravi che riguardano bambini e ragazzi di oggi è la mancanza di pari opportunità di accesso ai servizi, e sappiamo come questa emergenza non ha fatto che accrescere alcune povertà e diseguaglianze», conferma Claudia Fiaschi portavoce del Forum del Terzo Settore.

A preoccupare è la crescita esponenziale della povertà educativa, tanto che il 90% degli italiani ritiene importanti, per lo sviluppo del Paese, efficaci azioni di contrasto. Interventi che per il 53% degli intervistati è oggi più importante di un anno fa. In questa situazione di emergenza pandemica, per sostenere bambini e ragazzi in Italia, servirebbe innanzi tutto rimuovere gli ostacoli per l’accesso alla didattica a distanza (63%), ma anche un rinnovato impegno degli insegnanti (59%). Il 46% ricorda l’urgenza di intervenire anche rispetto alla povertà materiale delle famiglie. Sostegno, anche a distanza, da parte di educatori ed una maggiore attenzione alle esigenze dei ragazzi, anche nell’informazione e sui media, sono interventi richiesti da 1 intervistato su 3. Il 30% ricorda inoltre come serva l’impegno di tutti per restituire importanza ai diritti di ragazzi e bambini ed il 26% sollecita un accesso esteso alle attività extrascolastiche.

 

www.avvenire.it

 

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