Christophe Clave *
La graduale
scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro,
participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato
al momento: incapace di proiezioni nel tempo. La semplificazione dei tutorial,
la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di «colpi
mortali» alla precisione e alla varietà dell'espressione. Solo un esempio:
eliminare la parola «signorina» (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare
all'estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l'idea che
tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.
Meno parole
e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno
possibilità di elaborare un pensiero. Gli studi hanno dimostrato come parte
della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente
dall'incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole. Senza
parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile.
Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare. La storia è ricca di
esempi e molti libri (Georges Orwell - 1984; Ray Bradbury - Fahrenheit 451)
hanno raccontato come tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il
pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole. Se non
esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza
parole.
Come si può
costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale? Come si può
prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro? Come è
possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo,
siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che
distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò
che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è
realmente accaduto?
Cari
genitori e insegnanti: facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i
nostri studenti. Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse.
Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata. Perché in questo
sforzo c'è la libertà. Coloro che affermano la necessità di semplificare
l'ortografia, scontare la lingua dei suoi «difetti», abolire i generi, i tempi,
le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici
dell'impoverimento della mente umana.
Non c'è
libertà senza necessità. Non c'è bellezza senza il pensiero della bellezza.
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