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martedì 20 ottobre 2020

LA FORZA DELLA GENTILEZZA

In tempi di conflittualità estrema e populismi, ecco la pratica rivoluzionaria che trasforma le relazioni umane:

 la strada tracciata dal papa nell’enciclica “Fratelli tutti”.

 La riflessione di Carofiglio nel suo “breviario” e la lezione di Quartapelle e Pisapia ai bambini

 

GIUSEPPE MATARAZZO

 

Per papa Francesco è una «rivoluzione». Di più, un «miracolo». «La gentilezza – scrive il Santo Padre nell’enciclica Fratelli tutti – è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici». Una «pratica» – aggiunge il Pontefice – che «trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee. Facilita la ricerca di consensi e apre strade là dove l’esasperazione distrugge tutti i ponti». Vale per tutto, dalla cultura alla politica. Quest’ultima in particolare viene invece utilizzata spesso e «in molti Paesi» per «esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. La politica così non è più sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace». La «rivoluzione» della gentilezza, dunque per costruire una società migliore. Per essere «Fratelli tutti», secondo lo stile e la testimonianza di san Francesco.

Nel tempo dei populismi e della politica gridata, di partiti senza storia e memoria, poveri di leader, senza testimoni veramente autentici e animati da ideali forti, con posizioni che durano lo spazio e il tempo di un tweet, ecco che la sfida diventa ancora più alta. Non è più questione di destra o di sinistra o di centro. Ma riguarda tutti. Si gioca su terreni diffusi e con alternative diverse. Si può scegliere la via dello scontro perenne, dei toni esasperati, della piazza reale o mediatica che sia, delle strumentalizzazioni e dell’opportunismo più sfacciato. Oppure si può scegliere la strada del dialogo e della dialettica costruttiva. Della gentilezza e del coraggio. Su questi temi riflette Gianrico Carofiglio, scrittore, ex magistrato ed ex senatore del Pd, che, mettendo da parte gli avvincenti thriller legali con le vicende dell’avvocato Guido Guerrieri (l’ultimo romanzo, La misura del tempo, è entrato nella sestina del Premio Strega quest’anno), nel suo “Breviario di politica e altre cose”, intitolato Della gentilezza e del coraggio (Feltrinelli, pagine 120, euro 14,00) solca proprio questa strada. Lo fa in maniera laica e in una declinazione che nasce dallo studio e la pratica delle arti marziali, dal jujutsu («il segreto del combattimento è nella non–resistenza, nella cedevolezza»). Ma l’obiettivo e il senso sono tuttavia gli stessi: «La gentilezza come metodo per affrontare e risolvere i conflitti e strumento chiave per produrre senso nelle relazioni umane», scrive l’autore. La gentilezza, sostenuta dal coraggio: «Essenziale virtù civile e veicolo di cambiamento. La capacità di porre e di porsi domande – la capacità di dubitare – come nucleo del pensiero critico e dunque della cittadinanza». Dote fondamentale per distinguere i cittadini dai sudditi.

«La pratica della gentilezza non significa sottrarsi al conflitto. Al contrario – spiega Carofiglio –, significa accettarlo, ridurlo a regole, renderlo un mezzo di possibile progresso e non un evento di distruzione». La gentilezza di cui parla lo scrittore barese non corrisponde alla «buona educazione, al garbo, alle buone maniere». Tutte doti «gradevoli» ma che «non definiscono il senso profondo, il significato etico e politico» del termine: «La gentilezza è il più potente strumento per disinnescare le semplificazioni che portano all’autoritarismo e alla violenza», uno «dei possibili antidoti al dominio della tecnica, grave malattia della modernità». Come la sostituzione degli esseri umani con gli algoritmi, togliendo loro la possibilità e la capacità di «scegliere e decidere». Anche la gentilezza è una scelta. Una scelta coraggiosa. Perché per praticarla «dobbiamo superare la paura, vincere la rabbia, a volte superare la disperazione. Dare senso. Essere umani».


La gentilezza per ridare senso alla politica. Un’arte nobile, antica, fondamentale per la costruzione sociale che purtroppo viene esercitata spesso in maniera sporca, corrotta e cattiva. E allora fanno bene l’ex sindaco di Milano e ora europarlamentare Giuliano Pisapia e la deputata Lia Quartapelle, entrambi Pd, a puntare sui più piccoli per avviare il «cambiamento». Nel loro saggio La politica raccontata ai ragazzi (DeAgostini, pagine 192, euro 12,90) spiegano «perché può essere bella, perché puoi farla anche tu!». Perché la politica riguarda tutto e tutti, e tutti possono diventare politici e fare politica, nei modi più diversi. Non solo e non necessariamente ricoprendo una carica pubblica. Pisapia e Quartapelle citano per esempio l’impegno e la storia della giovane attivista pachistana e premio Nobel per la Pace, Malala Yousafzai: «Il suo impegno ha cambiato la vita di molte persone». «Ci sono azioni che facciamo tutti i giorni, ma che a un certo punto, per una persona, in un certo momento possono fare la differenza, in alcuni casi persino cambiare la Storia: fare una passeggiata in giardino, salire sull’autobus e sedersi vicino al finestrino, preoccuparsi del costo dei libri di scuola», scrivono riprendendo le storie di Tom Moore, di Rosa Parks o di Golda Meir. «Ogni momento è unico, ogni momento è giusto per darti da fare per un cambiamento. Dipende solo da te».

Con gentilezza e coraggio, possiamo senz’altro aggiungere. Come insegna il giovane August Pullman, detto Auggie, lo straordinario protagonista del best– seller di R. J. Palacio Wonder (Giunti) divenuto anche un emozionante film diretto da Stephen Chbosky. Nato con una tremenda deformazione facciale, la sindrome di Treacher–Collins, Auggie si trova ad affrontare con coraggio il mondo della scuola e la sfida dell’accettazione e dell’amicizia: dopo le difficoltà iniziali, la sua gentilezza e il suo grande cuore alla fine trascineranno tutti, cambieranno i compagni e le relazioni. Sarà sua la medaglia Henry Ward Beecher e la standing ovation della scuola: «Siate gentili, perché tutti combattono una battaglia dura. E se vuoi davvero vedere come sono le persone, non devi fare altro che… guardare». La gentilezza, ecco come si può cambiare la politica. E il mondo.

 www.avvenire.it





 

 

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