Monito
del neuropsichiatra infantile, Ernesto Caffo: ascoltare bambini e ragazzi che
tornano sui banchi di scuola, resi più fragili dall’isolamento vissuto nella
pandemia. Fare rete per aiutarli. Gli Stati investono nell’educazione per
tutelare l’infanzia
Roberta
Gisotti – Città del Vaticano
Quarto seminario on
line del ciclo per “Una Chiesa più sicura”, dedicato alla tutela dei minori e
delle persone vulnerabili. Ad animare l’incontro è stato Ernesto Caffo, neuropsichiatra
infantile, fondatore e presidente di Telefono Azzurro, l’associazione che ha
sostenuto i webinar promossi dall’Unione internazionale delle Superiore
generali (Uisg), insieme con la Pontificia Commissione per la tutela dei
minori, il Centro per la tutela dei minori della Pontificia Università
Gregoriana.
I danni della
pandemia sui minori
Un’iniziativa voluta
per allargare la conoscenza, nelle comunità ecclesiali e nelle società tutte,
di problematiche ancora erroneamente ritenute marginali per una responsabile
presa in carico dell’infanzia e di ogni altra persona resa debole dalle
circostanze della vita. A chiudere il percorso la relazione di Caffo, collegato
all’attualità del Covid-19, intitolata “Tutelare i bambini in seguito
all’isolamento. In che modo la pandemia ha alterato le nostre relazioni?”.
La vita di ogni
bambino è unica
Tante le suggestioni
offerte dall’esperto di fama internazionale, che si è confrontato con le
molte domande poste dai partecipanti in vari Paesi del mondo al webinar, a
partire dalla premessa che “La vita di ogni bambino è unica, importante e
preziosa” e che “ogni bambino ha diritto alla dignità e alla sicurezza”,
come ribadito da Papa Francesco (Dichiarazione di Roma, 6 ottobre 2017). Da qui
il monito di Caffo a ricordare - come sancito nella Convenzione dell’Onu sui
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e in altre Carte internazionali - che
il minore è sempre soggetto di diritto e mai oggetto di diritto o sfruttamento
da parte di altri. Diritto primario alla cura e alla tutela, che purtroppo sono
grandemente venuti meno durante la pandemia, che ha quasi ‘occultato’ bambini e
adolescenti, chiusi in casa, allontanati dalle scuole e da ogni altro spazio,
ambiente educativo, ricreativo e sportivo, privati della compagnia dei pari,
dei parenti e soprattutto dei nonni, figure di grande rilievo nella formazione
dei più piccoli, che spesso non hanno capito a fondo il motivo di questo
isolamento.
Scuole chiuse e
abbandono
Tutto ciò ha
comportato, secondo dati dell’Unesco, danni al 90 per cento dei minori,
imputabili soprattutto alla chiusura delle scuole, dove il ricorso
all’insegnamento a distanza ha mostrato tutti i suoi limiti a sostituire
l’educazione in presenza, oltre che rivelarsi del tutto fallimentare in
situazioni familiari già socialmente svantaggiate. La chiusura forzata di
bambini e ragazzi in ambienti di precarietà e promiscuità, materiale e morale,
ha accresciuto i rischi di stress, disagi e violenze dirette o assistite e
l’impossibilità di intervenire attraverso servizi sociali, che erano sospesi;
particolarmente grave l’abbandono subito dai minori con disabilità fisica e
mentale.
Disagi e stress
nell’infanzia
In tutto il mondo sono
aumentati – ha riferito Caffo – i disturbi del sonno, dell’alimentazione,
dell’ansia e della depressione, dell’aggressività, della paura della morte non
elaborata. Da qui l’urgenza di capire che il ritorno alla normalità, con la
riapertura delle scuole e degli altri centri dedicati all’infanzia, non potrà
non tenere conto di quando accaduto nei mesi del lockdown nel corpo e nella
mente dei bambini e dei ragazzi, specie dei più piccoli da 0 a 6 anni, che non
hanno avuto neanche il supporto delle attività a distanza e potrebbero avere
introiettato esperienze negative senza possibilità di esprimerle in alcun modo
se non a distanza magari di anni.
Il dovere primario
dell’ascolto
Da qui l’appello
accorato di Caffo rivolto agli adulti, ai genitori, ai familiari, agli
educatori e a tutti gli operatori e alle agenzie, comprese le istituzioni cattoliche
come parrocchie e oratori, che vengono in contatto con bambini e ragazzi, di
porsi in loro ascolto, attentamente, cercando di cogliere i segnali di rischio
e di stimolare in loro la resilienza, ovvero la capacità di volgere le
negatività in positività, facendo perno sulle loro energie e su quelle delle
comunità in cui vivono. Un ascolto responsabile e competente, ha insistito
Caffo, che abbisogna di formazione specifica, su cui investire da parte degli
Stati, specie sul personale scolastico e sui servizi sociali di risposta ai
bisogni emergenti dell’infanzia, soprattutto dopo la denuncia da parte dei
minori stessi e degli adulti di casi di sofferenze o di abusi e violenze.
Minori dimenticati
e predati on line
La pandemia ha inoltre
aumentato, come risulta da studi internazionali sulla rete, gli episodi
predatori di pedofilia ai danni di minori, sovraesposti anche ai rischi di
cyber bullismo e di altre forme di abusi, alla permanenza prolungata sulle
piattaforme di giochi on line e ad intrattenere rapporti inconsapevoli con
adulti.
Fare rete, creare
sinergie, investire
La strada da
intraprendere dopo la pandemia è dunque quella – ha sottolineato Caffo – di una
maggiore consapevolezza dei diritti dei minori da parte degli adulti, che
riguardo il mondo digitale, entrato ancor più nel nostro quotidiano ordinario,
debbono imparare loro stessi a conoscere bene la rete, a saperla gestire e a
capire come tutelare bambini e ragazzi, che vi accedono liberamente fin dai
primi anni di età. Sono obblighi di cura dell’infanzia non più rinviabili, che
interpellano le famiglie, le aziende e gli Stati. Non è più pensabile che sia
la scuola da sola a pensarci, come ci si è illusi in passato. Occorre fare
rete, creare sinergie e affinare competenze nella stessa Chiesa e nella
società.
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