Ricordo di don Carlo Nanni
di Luciano
Corradini
Don Carlo Nanni ha chiuso a 75 anni la sua
giornata terrena, il 19 luglio senza che noi sapessimo, se non negli ultimi
giorni dal suo amico e confratello don Guglielmo Malizia, del tumore che
l’aveva colpito. Nell’accavallarsi dei ricordi, mi è venuto il desiderio di
rileggere il sereno e impegnativo messaggio di saluto programmatico da lui rivolto
all’UCIIM, dopo la sua nomina a Consulente centrale. Lo propongo a tutti, come
se fosse stato scritto ieri mattina.
“Cari soci, come già sapete, dal 22
gennaio 1998 la Commissione Permanente della CEI e il presidente di essa, il
card. Ruini, mi hanno nominato Consulente centrale. Io ho ringraziato della
fiducia e ho assicurato impegno e fedeltà (….) Mi auguro di poter essere vicino
e di collaborare con voi nella realizzazione di quel ‘bene che ci accomuna’, di
quel ‘fine supremo’ che dice la ragione profonda del nostro essere UCIIM:
aiutare i ragazzi e le ragazze, i giovani e le giovani a trovare in quel
‘grembo vitale’ che è la scuola media, inferiore e superiore - per quanto
disastrata essa possa essere – gli stimoli e gli strumenti adeguati per la loro
crescita personale e la formazione umana, civile, culturale e religiosa
dell’esistenza individuale e comunitaria.
Sono salesiano, e quindi comprenderete che
ho visto in questo incarico un modo concreto di realizzare la mia vocazione
cristiana, religiosa, presbiterale. Ma, come tutti voi, sento che in esso
potrò, con voi, dare il mio apporto alla vita del Paese, collaborare allo
sviluppo culturale di esso, partecipare a realizzare una società democratica, aprirmi
all’Europa, essere solidale con tutti i popoli che ricercano la prosperità e la
pace.::: Potremo riferirci alla ‘radicale vocazione’ con la quale Dio ci ha
chiamati ad essere uomini e donne fatti a Sua immagine e somiglianza e invitati
a dare senso a ‘quanto ci fa passare innanzi.’ (…)
In secondo luogo potremo chiedere allo
Spirito Santo di sentire più vivo e più forte il nostro essere membri del
Popolo di Dio, che ha in Gesù il Capo e che permette ad ogni membro di avere un
‘dono carismatico specifico’, dato ‘a ciascuno in modo diverso, ma sempre per
il bene comune’ (ICor:12,7) (…) Noi tutti, in quanto comunità civile, dovremo
impegnarci per offrire le condizioni di possibilità per una vita relazionale
buona, capace di infondere fiducia e sicurezza in chi intraprende i primi passi
nella vita adulta ‘a tutto campo’ (oltre lo spazio- oggi purtroppo non
protetto- della famiglia).
(…) Nel prossimo futuro mi sentirò con i
Consulenti regionali e locali, per vedere insieme come esservi compagni di
viaggio, in questa bella avventura di essere persone, cittadini, professionisti
e credenti, che ‘aprono le porte alla speranza’ (Giovanni Paolo II) , nel sopravvenire
del terzo millennio dell’era cristiana. (…)
Spero di incontrarvi uno per uno, sezione
per sezione, in occasione di convegni e di iniziative di aggiornamento o in
altro modo, come Dio vorrà: e così imparare a volervi bene concretamente,
‘faccia a faccia’. Lo desidero tanto! Con affetto e stima. Don Carlo (La Scuola
e l’Uomo, 3, 1998, pp.51-52).
Il
comune accorato rimpianto manifestato per via telefonica e telematica, alla
notizia che di colpo erano venute meno tutte le occasioni di incontrarlo e di
vederlo faccia a faccia su questa terra, ci consente da un lato di esprimere a
lui e al Padre la gratitudine per il dono che abbiamo ricevuto, nell’ultimo
ventennio della sua attiva e animatrice presenza fra noi, UCIIM e poi AIDU;
dall’altro di aspettare, con fede e con speranza, quell’altro modo d’incontro, “come
Dio vorrà”.
L’ho conosciuto in occasione di un
convegno nazionale promosso dall’AIMC, a Fano, su invito di Carlo Buzzi, ai
primi di aprile del 1990. Ne conservo gli Atti, sul tema ‘La convivenza
democratica come proposta educativa’.
In una passeggiata serale lungo il mare,
abbiamo fraternizzato, scavando nelle nostre vite e trovando consonanze che
hanno posto le basi della nostra amicizia e della nostra collaborazione
associativa. Poi ci siamo incontrati nei convegni settembrini di Scholè, a
Brescia, promossi dall’editrice La Scuola per affrontare fra docenti cattolici
i problemi pedagogici e scolastici più attuali. E ricordo i suoi contributi ai
convegni estivi del SIESC-FEEC, in cui ha svolto anche, in sede europea, il ruolo
di animatore religioso e celebrante. Ricordo i suoi interventi brillanti, talora
appassionati e accolti da tutti con attenzione e simpatia. La stessa cosa
avveniva negli incontri istituzionali e nei gruppi di lavoro delle università pubbliche.
Non era un uomo in carriera, ma un
educatore culturalmente e scientificamente attrezzato, che si sentiva a
disposizione di chi potesse ricevere un contributo utile, studente o docente,
credente o non credente che fosse. Quando toccò a me, all’inizio della mia
presidenza, nel 1997, presentare alla CEI la rituale terna di nomi per la
nomina del Consulente nazionale dell’UCIIM, fu Bona a farmi pensare a don
Carlo, per il quale ebbe sempre una garbata simpatia. Nelle pochissime mail a
suo nome, presenti nella memoria del mio computer, ho trovato questa nota del 4 sett. 2019: “Proverò a recensirlo al più presto. Un saluto dolcissimo
alla “sacrestana” che anche io desidererei ! d. Carlo”.
Pur essendo incline al sorriso e all’informalità, non utilizzava
il suo prestigio intellettuale e il suo carisma per condizionare le scelte
degli organi democratici dell’UCIIM. Non negava qualche contributo volto a
chiarificare o a risolvere qualche problema, ma voleva sentirsi “un socio”, che
non si schierava con gli uni o con gli altri.
Le radici di questo atteggiamento
traspaiono dal saggio intitolato ‘La spiritualità nella vita e nel pensiero di
Gesualdo Nosengo’, che si trova nelle pp.147-159 degli atti del convegno a lui
dedicato ad Asti nel 2006. (Laicato
cattolico educazione e scuola in Gesualdo Nosengo, la formazione, l’opera e il
messaggio del fondatore dell’UCIIM, Elledici, Torino 2008). “Non è
difficile per chi è salesiano, come lo scrivente, nota don Carlo, ricordare il
‘laetare, bene facere e lasciar cantare le passere’ di don Bosco”.
Alcune altre citazioni tratte dal Diario
di Nosengo lasciano intendere la profonda consonanza che don Carlo ha trovato
nella spiritualità del Grande Capo, come lo chiamavano i suoi scolari.
“Talvolta mi domando se non dovrei dare il mio aiuto alle cose così come sono,
senza proporre novità. Ma poi non ci ripenso e mi pare di tradire i fatti, la
coscienza, la storia. Andiamo verso la morte
o verso la liberazione, che permetterà la rinascita? (1959). Continua don Carlo,
citando il diario del 22.2.67, un anno prima della morte di Gesualdo: “Mio Dio,
perché per fare qualcosa che crediamo del Tuo Regno si deve tanto straziarci
tra noi? Perché il lavorare per te non ci fa tutti migliori? Forse è un errore
affannarsi e impegnarsi tanto? Lotto fra il resistere sul posto, anche con
sofferenza, e lasciare tutto, perché tanto non faccio nulla”. Conclude su
questo punto don Carlo: “La ‘via crucis’ interiore sembra essere per Nosengo il
passaggio obbligato a quella sapienzialità che nonostante tutto riuscì a
manifestare nelle sue relazioni e ad attuare nella sua azione degli ultimi anni
della sua vita, pur sempre ardimentosa e attivissima”.
La spiritualità di Nosengo pare a don
Carlo necessaria per l’essere stesso dell’UCIIM. “Senza di essa l’Unione non
sarebbe che un’associazione tra le tante, più o meno apprezzabile, più o meno
viva, più o meno degna di essere continuata. E’ la spiritualità che fa la
differenza (…) E’ certo infatti che senza questo robusto fortino interiore non
si andrà molto più in là dei luoghi comuni sulla formazione docente o sulla
qualità della scuola: riforma o no. In tal senso una profonda spiritualità
cattolica resta il ‘testimone’ che Nosengo insegna a tutti coloro che intendono
operare, - nella scuola e nella formazione professionale - quella rigenerazione
civile attraverso l’educazione, iniziata agli albori di una Repubblica che oggi
si vuole da più parti profondamente rinnovare nell’orizzonte ispirativo di una
democrazia all’altezza del XXI secolo, cui
faticosamente ormai apparteniamo”.
Heri
dicebmus, cari Gesualdo e Cesarina e ora caro don Carlo. Non avete perduto
tempo, avete tracciato a fondo il solco dell’UCIIM e di tante altre istituzioni
e associazioni, avete saputo dare e chiedere, nel tempo che vi è stato
concesso. Grandi pensieri, iniziative coraggiose, fedeltà ai segni dei tempi e
dialoghi personali anche sulle minute cose, perché queste possono contribuire
alla composizione dell’enorme mosaico della creazione, di cui voi ora vedete,
nella sua pienezza, quello che noi vediamo solo “come un riflesso e come un
enigma”.
Voi,
che vedete “il Signore faccia a faccia”, aiutateci a capire il nostro tempo, e
a utilizzarlo per preparare “cieli nuovi e terre nuove”, dove voi siete già
arrivati come Chiesa trionfante, e dove regnate come cittadini sovrani della
Città eterna, “nelle forme e nei limiti di quella Costituzione” che è il
Vangelo.
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